La giornata dell’Indipendenza dell’Ucraina non ha visto i tradizionali sontuosi festeggiamenti russi, come non ci sono stati i fuochi d’artificio; ma la festa ucraina ha confermato ancora una volta la tossicodipendenza dello Stato e dei media pro-governativi russi dalle sostanze, per loro stupefacenti, ucraine.

Come tradizione, sotto il concetto di “siamo un’unica nazione”, i media russi si sono adoperati per indire un concorso su chi fosse in grado di esprimere le maggiori negatività e impurità del paese “a loro sottomesso” e dei suoi cittadini. Ai commenti dei giornalisti, hanno fatto da eco quasi tutti i fuggitivi che avevano passaporti ucraini. Questa folla è stata ritratta come “gli ucraini genuini”, quelli di cui lo zar ha bisogno, chiarendo che coloro che lo combattono e vivono per la nazione – con la “n” minuscola – sono al contrario dei veri nazisti, fascisti e beceri.

I post delle riviste e le televisioni hanno speso molto inchiostro e tempo per denigrare la dipendenza di Kyiv dall’assistenza finanziaria dell’FMI, dalla erronea associazione con l’UE e dalla “terribile” esenzione del visto per Schengen. Le descrizioni sono state disegnate con una base colorata di relazioni perse in modo irrecuperabile con la Russia – nel campo della produzione congiunta di aerei, veicoli spaziali e simili. Naturalmente, nessuno si è preoccupato di spiegare i motivi per i quali, la “nazione sorella” ha deciso di prendere un’altra strada, visto che la “Nazione” la stava cuocendo per poi mangiarsela.

Il discorso del capo dello stato ucraino ha suscitato qualche seria emozione e non è certo stato elogiato dagli “esperti” russi. I media di Mosca si sono presi la briga di contare quanto volte Poroshenko ha menzionato la parola “Russia” e l’espressione “impero del male” – 19 nell’assieme – ma la maggior indignazione è derivata da: “I cani possono abbaiare, il vento soffiare, mentre la nostra carovana ucraina continua ad andare avanti… abbiamo un percorso, l’autostrada euro-atlantica, che ci porta all’adesione all’Unione europea e alla NATO”. L’affermazione è andata a ruba su tutti gli spezzoni di notizie del giorno; ma vicino, la propaganda ci ha appiccicato la “fame” che esiste in Ucraina.

In una loro analisi, gli esperti del Cremlino hanno focalizzato l’attenzione sulla crescita del fatturato commerciale tra l’Ucraina e la Russia, rendendola una “evidente prova” che la Russia non sta invadendo il Donbas e che non ci sono guerre tra le due “nazioni sorelle”. La relazione analitica non ha minimamente tenuto conto della crescita degli indicatori economici ucraini, come nemmeno dell’aumento dei fatturati di Kyiv con Pechino e Bruxelles, di contro ha esaltato in lungo e largo la fornitura russa all’Ucraina di fertilizzanti minerali e prodotti per l’industria chimica.

Le prime pagine dei media del Cremlino però, si sono sbizzarrite con gli ospiti stranieri presenti alla parata di Kyiv. I titoli di testa dei due maggiori quotidiani pro-Cremlino con: “La parata in Ucraina è stata diretta dal capo del Pentagono”, “I soldati della NATO hanno marciato su Kresciatik”, hanno fatto assumere agli ultra cinquantenni pillole a base di nitroderivati, betabloccanti e antiaritmici. Ma l’effetto maggiore è derivato dalla televisione pro Cremlino, Lifenews che, senza accorgersene, ha ricordato che Putin aveva sostenuto, impressionando tutti, che avrebbe conquistato “Kyiv in due ore”. Alcuni attenti spettatori russi si sono indignati: “come poteva il nostro presidente sostenere che avrebbe preso Kyiv in due ore, se ora in Kresciatik marciano le truppe NATO? Come mai a Kyiv c’è il nostro “amico turco”, İsmet Yılmaz – il ministro della difesa – che sorride soddisfatto?”. Sempre in linea con la tradizione, la Tv Lifenews, ha dedicato molto tempo alla partecipazione alla parata del segretario della difesa americano, James Mattis – un cronista da Kyiv lo ha affettuosamente chiamato “il maestro americano” o “Mag Dog Mattis”.

Non rimane molto chiara perché la possibilità di Kyiv di ricevere armi difensive letali americane, possa aver creato nei flussi di notizie russi tanta apprensione e preoccupazione, quando i russi nel Donbas non ci sono e si adoperano solo per la pace; in ogni caso, ed ognuno dei media in modo diverso, hanno tutti cercato di dimostrare che l’esercito russo è migliore e in grado di sconfiggere gli ucraini anche se usano armi della NATO.

Hanno elencato una serie di difetti delle forze armate ucraine: povere, senza soldi, usano armi e carri armati obsoleti e che non sono paragonabili a quelle russe. È divertente però, sottolineare che tutte queste relazioni e analisi sono state articolate dalle stesse figure che da diversi anni invitano i russi ad andare in Ucraina a passare “delle vacanze particolari” – far la guerra – e che sostengono che nel Donbas non ci sono russi che combattono, e che quando l’Ucraina ne becca uno, si tratta solamente di un “volontario ex soldato” il cui nome è stato tolto dalla lista dei soldati un anno prima, stessa storia per quelli che vengono uccisi. Che tristezza!

I vicini aggressivi potrebbero non amare l’esercito ucraino, ma stanno perdendo la testa per operazioni apparentemente prive di senso, almeno da un punto di vista razionale. Però, rispetto alla propaganda sovietica qualcosa è cambiato. La Mosca di Stalin e di Brezhnev nascondeva i fatti, e li negava risolutamente. La Mosca di Putin non si prende nemmeno la briga di costruire una “verità” alternativa, come dimostrano le numerose versioni, che si escludono a vicenda, offerte dai commentatori russi sulla vicenda del Boeing abbattuto due anni fa sopra il Donbass. È sintomatico, che nella storia del doping olimpico, i russi non hanno mai negato esplicitamente di aver riempito i loro atleti di farmaci, si sono limitati a ricordare che “così fan tutti” e che gli occidentali prendono di mira i russi solo per motivi politici, e non perché il ministro dello Sport in persona dirige le attività del laboratorio antidoping.

«Putin non ha bisogno di raccontare storie convincenti, gli basta dire che tutti mentono, distruggere la credibilità e la superiorità morale dei suoi avversari e convincere il suo popolo che non c’è alternativa a lui», scrive Peter Pomerantsev, esperto britannico di propaganda russa. Chi insegue la fabbrica delle bugie con il “debunking”, opponendo fatti alle bufale, ha perso l’iniziativa in partenza, e gli Antonov russi (con insegne ucraine) continueranno ad atterrare sulle pagine di Facebook.

Gabrielis Bedris