Il 1° settembre 2004 i terroristi hanno sequestrato la scuola n. 1 a Beslan. Degli uomini armati hanno preso migliaia di ostaggi, compresi dei piccoli bambini che si trovavano nella palestra della scuola. Per tre giorni gli ostaggi sono stati tenuti forzatamente nell’edificio senza cibo e acqua. I servizi di sicurezza russi hanno assalito la scuola per liberare gli ostaggi.
Alla fine dell’attacco terroristico sono state contate 334 persone uccise, di cui 186 bambini. Altri 126 ostaggi sono rimasti paralizzati. Durante l’assalto, la FSB ha ucciso 28 terroristi. L’unico terrorista preso vivo, Nurpashi Kalayev, è stato arrestato. Un tribunale lo ha poi condannato al carcere.

Sulla tragedia di Beslan sono stati scritti molti articoli, relazioni investigative e progetti speciali e sono stati rilasciati diversi film, documentari e libri. Vorrei con questo lavoro ricordare le prime testimonianze degli eventi avvenuti nella scuola n. 1.
Novaya Gazeta
Il giornalista di Novaya Gazeta, Elena Milashina, durante l’attacco si trovava a Beslan. Il primo articolo che ha presentato sulla tragedia, “L’aggressione eseguita da terroristi provocati”, è stato pubblicatao sul giornale del 6 settembre 2004.
”Secondo gli agenti di polizia e le forze speciali, con cui abbiamo parlato, ci hanno riferito d’aver attuato vigorosi preparativi per l’assalto. Che le autorità si stessero preparando per una tale opzione è sostenuto da un altro fatto: in realtà, non hanno negoziato con i terroristi. Nessuno ha voluto soddisfare anche le loro richieste formali. La polizia ci ha spiegato che “Non è chiaro cosa volessero”.
Nel 2014, nel decimo anniversario della tragedia, Milashina ha ricordato come gli avvenimenti si fossero svolti prima e dopo l’attacco terroristico.
”L’attacco terroristico di Beslan si ricorderà nella storia russa come l’esempio di quando il popolo viene disinformato su un fatto ben preciso. Fino al momento in cui non è stata assalita la scuola, i funzionari hanno tenuto nascosto la gravità della tragedia (il numero degli ostaggi); hanno anche tenuto nascosto i negoziati che hanno tentato di fare con il leader separatista ceceno, Aslan Maskhadov, pronto a parlare con i terroristi per far mettere giù loro le armi. Akhmed Zakayev, l’emissario di Maskhadov, era pronto a volare direttamente a Beslan e partecipare ai negoziati con i terroristi”.

Nel 2006, Novaya Gazeta ha pubblicato un numero speciale sull’esito di una sua indagine, contenente prove forensi, mappe annotate, relazioni ufficiali e testimonianze di testimoni oculari. Il giornale è arrivato a diverse conclusioni. Informazioni affidabili sull’attacco terroristico, erano note alle autorità almeno tre ore prima che venisse assalita e bombardata la scuola, e Alexander Dzasokhov, il presidente dell’Ossezia del Nord, ha offerto di sostituire i bambini con 800 funzionari e deputati locali, ma Mosca lo ha impedito per paura che “saltassero i suoi negoziati”. La più grande protesta pubblica è derivata dal fatto che, in base alle rivendicazioni del giornale, la scuola fosse stata più volte assalita con lanciagranate, lanciafiamme, carri armati ed elicotteri, mentre gli ostaggi erano ancora nell’edificio. Secondo il quotidiano, l’inchiesta ufficiale, che era in pieno possesso di questi fatti, non ha rilevato nulla di strano nelle azioni dei responsabili dell’operazione atta a liberare gli ostaggi.

Dodici anni dopo, il corrispondente speciale di Novaya Gazeta, Elena Kostyuchenko ha riportato i sogni degli ostaggi sopravvissuti.
“Sogno Vladimir: “voglio prendermi una prugna”. “Mi passi la scala per arrivare e raccogliere la prugna”. Una giovane ragazza sotto di me afferma: “io non sono la tua bambina”. Io rispondo: “E, dove è la mia bambina?”. Soggiunge : “Non è qui. Io sono un’altra ragazza”. Dopo tutto, stava mentendo con mia moglie nella tomba. “Non sono tua figlia – sostiene – non prendermi le prugne non le voglio”. Dico: “Dov’è la mia piccola bambina?”. Cosa vuoi: “non lo so. Cercatela”.

Kommersant
Il giornalista di Kommersant, Olga Allenova, stava tornando da Grozny quando i suoi redattori l’hanno chiamata e le hanno raccontato dell’attacco terroristico a Beslan. Era arrivata in Ossezia del Nord per descrivere un altro fatto.
“Non lasciare sulle spine i parenti degli ostaggi. Non citare alcun numero di ostaggi, tranne i numeri ufficiali. Non usare la parola “tempesta”. I terroristi non devono essere definiti uomini armati, ma solo criminali, perché i terroristi sono persone con cui si può negoziare”. “E’ questo ciò che molti giornalisti del canale televisivo nazionale, situati a Beslan, hanno ricevuto da subito come ordine. Eravamo tutti uno fianco all’altro, e ho visto quanto è stato difficile per quei ragazzi eseguire gli ordini. Alla sera, dopo che la scuola era stata attaccata, ho visto più di uno di loro piangere, ma non solo lacrime, piangere a dirotto”.

Il 17 ottobre 2004 il giornale pubblicò un articolo “Come li abbiamo aiutati?”. La storia si è soffermata sul quarantesimo giorno dopo l’attacco terroristico. [Nella cultura ortodossa, il giorno quarantesimo dopo la morte di una persona è di solito ricordato e segnato da un rituale].
”A Mosca, sosteniamo che sono trascorsi quaranta giorni dall’assalto alla scuola di Beslan. Questi giorni non sono esistiti. Al loro posto c’è un buco nero, come un foro fatto da una granata nel pavimento della sala delle riunioni. Ogni giorno è un giorno di lutto”.
”Tutta la città di Beslan è vestita di nero. Ci sono case in cui non c’è più nessun bambino, e sono stati portati al loro interno tre cofanetti bianchi”.

Esquire
Nel 2006, l’edizione russa di Esquire, ha pubblicato un articolo [in russo] del giornalista CJ Chivers, del New York Times, in cui ha ripercorso gli eventi della Scuola n. 1 di Beslan: dall’inizio della cerimonia dell’apertura della scuola, alle nove del mattino del 1° settembre, fino alle cure mediche somministrate alle vittime nell’ospedale di Vladikavkaz il 4 settembre.
”Come molte persone che sono state a Beslan, ho successivamente pensato molto su quello che era successo. Come la gente di Beslan, sono infuriato dalle inflessibili dichiarazioni contraddittorie, dalla mancanza di informazioni su molti episodi importanti della crisi degli ostaggi e per le azioni delle autorità russe”.

Radio Svoboda
Dieci anni dopo la tragedia, Tom Balmforth e Diana Markosian hanno pubblicato una storia sul sito web di Radio Svoboda sulla vita degli scolari sopravvissuti. Gli ex ostaggi parlano dei loro ricordi, delle caratteristiche, dei loro pensieri e del futuro.
”I bambini si sono comportati eroicamente. Tutti siamo cresciuti immediatamente. Ci siamo veramente sostenuti. Infatti ci siamo riuniti come una famiglia. Molti degli adulti non si sono comportati con la stessa dignità dei bambini. A quanto pare, gli adulti comprendono tutto in termini di crescita e saggezza, mentre noi bambini abbiamo visto tutto attraverso i bicchieri di rose. So per certo che dopo quei tre giorni, siamo tutti diventati persone completamente diverse”, ricorda Zarina Tsirikhova. Aveva quattordici anni quando si è verificato l’attacco terroristico.

Newsru

Newsru ha pubblicato la storia di Diana Khachatrian quando, nel settembre 2016, gli eventi commemorativi di Beslan si sono conclusi con arresti. Durante le manifestazioni nella scuola n. 1, cinque donne hanno organizzato una protesta. Si sono tolte le giacche, sotto le quali indossavano un t-shirt che portava accuse dirette contro il regime.
Gli attivisti di “La voce di Beslan” nella palestra della scuola n. 1, hanno impreziosito la loro presenza con lo slogan “Putin è il carnefice di Beslan”. “Gli attivisti femminili di Beslan si sono distese in palestra. Le cinque donne hanno indossato magliette fatte a mano su cui è stata scritta con la penna “Putin è il carnefice di Beslan”. Questo non è uno slogan isterico. Sulla base delle impressioni e prove derivanti dalle indagini, le donne sostengono che il 3 settembre 2004 Vladimir Putin o un membro del suo entourage hanno dato ordini di “tempestare” la scuola per accelerare gli eventi ed impedire i negoziati con Aslan Maskhadov. Le donne hanno sostenuto che gli ostaggi avrebbero potuto essere salvati “.

Film documentari

Nel 2005, alcuni dei parenti di coloro che sono stati uccisi durante l’attacco terroristico hanno istituito l’organizzazione “Madri di Beslan”. Nello stesso anno, per degli attriti interni, alcuni membri del comitato hanno lasciato il gruppo e hanno fondato un’altra organizzazione: “La voce di Beslan”.
Il Comitato di Rodion Chepel, nel decimo anniversario della tragedia ha rilasciato un film che si concentra sugli attivisti femminili di Beslan.
Chepel ha spiegato come il film fosse basato su un’intervista.
”Non abbiamo mai incontrato persone simili. Sono persone così incomprensibilmente oneste, come se qualcuno le avesse minacciate se avessero mentito. Da lontano sembra che Beslan sia, Dio sa cosa, parte della guerra di Mosca contro il terrorismo; ma quando sei lì, capisci che ciò che li ha resi così duri e onesti, è solo tanto dolore umano. Non è una questione di politica. Sono in contatto con la loro umanità. Parli con loro e ti rendi conto che semplicemente non hai mai conosciuto in vita tua persone simili. Questo è quello che ho voluto far apparire nel film: ciò che questi dieci anni hanno fatto con queste persone ha dell’incredibile. Vogliono solo che qualcuno spieghi loro cosa è successo, che qualcuno dica loro: “perdonami. È stata colpa mia”. Invece, sono stati minacciati e calunniati. Li hanno messi uno contro l’altro, e vengono presentati come dei folli”. Il regista Vadim Tsalikov, ha fatto quattro film documentari sull’attacco terroristico a Beslan. Uno di loro è “Beslan: ricordo”.

Diario personale
Nel 2012, uno degli ostaggi, Agunda Vatayeva, ha deciso di pubblicare un suo memo dell’attacco terroristico. La giovane donna ha lanciato un diario su LiveJournal e ha scritto tre post in cui ha raccontato dall’inizio alla fine la storia dei tre giorni che ha trascorso in cattività.
”Se deliberatamente hai voluto leggere il mio diario, probabilmente ti interessano le mie memorie dell’attacco terroristico a Beslan: il primo giorno, il secondo giorno e il terzo giorno. È improbabile che tu possa trovare emozionante la lettura e nemmeno che tu la reputi positiva. È stata scritta per scopi completamente diversi: per me è stata una sorta di psicoterapia”.


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Nell’aprile del 2017, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha assegnato tre milioni di euro ai familiari delle vittime. Nel caso c’erano coinvolti oltre 400 persone. Il giudice ha stabilito che le autorità russe non avessero adottato misure sufficienti per prevenire l’attacco terroristico e avessero violato l’articolo 2 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali: il diritto alla vita. Inoltre, la Russia non ha impedito la minaccia alla vita delle persone e non ha pianificato “correttamente l’assalto alla scuola”. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto altresì che le autorità russe non avessero esaminato correttamente tutte le circostanze dell’attacco terroristico e le cause dei decessi dei detenuti.

Il Cremlino ha reagito alla sentenza dell’ECTHR sottolineando che fosse “una valutazione emotiva e non alquanto appropriata”.
“Certo, non possiamo essere d’accordo con questa formulazione. In un paese che è stato ripetutamente aggredito dai terroristi e l’elenco di tali paesi è in crescita, purtroppo, queste formulazioni e argomenti puramente ipotetici non sono accettabili. Una valutazione emotiva non è adeguata”.
”Saranno prese tutte le azioni legali necessarie contro questa decisione”, ha dichiarato Dmitry Peskov, il portavoce del presidente.

Gabrielis Bedris