Sempre attuale, purtroppo, il giudizio di Tremaglia

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BUENOS AIRES – “Domenica scorsa le collettività italiana e spagnola hanno dato una grande dimostrazione di unione e di organizzazione, con la “Grande Riunione”, evento pensato per mettere in risalto il contributo basilare dato alla costruzione dell’Argentina dalle due grandi correnti migratorie – appunto, l’italiana e la spagnola – che popolarono il paese tra la fine del XIX secolo e la prima metà del ‘900. L’incontro è stato anche un segnale, un’immagine di unione, in una società argentina che, purtroppo, vive ancora divisioni profonde, specialmente di tipo politico. La Grande Riunione è stata un successo e certamente sarà il punto di partenza di altre iniziative di collaborazione tra le due collettività”. Alla manifestazione è dedicato l’editoriale con cui Marco Basti apre il nuovo numero della Tribuna italiana, quindicinale che dirige a Buenos Aires.

“Due collettività che hanno in comune anche un rapporto a dir poco “complicato” con i rispettivi governi, per via delle carenze dei servizi consolari. Pochi giorni fa, infatti, abbiamo letto la notizia di uno sciopero a tempo indeterminato del personale non diplomatico nelle sedi consolari spagnole in Argentina, ragion per cui da tempo i servizi consolari spagnoli sono stati ridotti al minimo nella sede di Buenos Aires. Oggi invece, leggiamo un comunicato del Coordinamento estero della Confsal Unsa coordinamento Esteri, raggruppamento sindacale autonomo degli impiegati della rete consolare italiana che, dopo mettere a nudo le carenze della citata rete e l’inutilità dei tagli portati avanti negli ultimi anni, che solo hanno arrecato un peggioramento notevole ai servizi consolari, e lamentando la mancanza di risposte, sostiene che “non resta altro che passare ai fatti, con tutto lo strumentario delle azioni sindacali a disposizione”. Il che in parole povere significa dalla possibilità di togliere la collaborazione a scioperare.

Naturalmente ci auguriamo che per quanto riguarda il personale non diplomatico della rete consolare si possa trovare una soluzione onde a evitare ulteriori problemi anche agli utenti del servizio, oltre che ad assicurare migliori condizioni di lavoro ai lavoratori.
Ma non si può fare a meno di constatare che, nonostante l’introduzione di soluzioni informatiche come i turni online, sportelli informatici vari, autocertificazioni e così via, le carenze a causa della chiusura di sedi e della mancanza di personale in molti consolati, stanno creando una “bolla” di pratiche inevase, specialmente di quelle relative al riconoscimento della cittadinanza, ma non solo, che rischia di scoppiare nel modo peggiore.
In Brasile, per citare un dato concreto dato l’anno scorso dal viceministro Giro, ci sono oltre 110mila domande in attesa di un turno. Nella sede di San Paolo, tra agosto e dicembre di quest’anno, sono stati convocato i circa 2500 richiedenti un turno che avevano presentato la domanda nell’ormai lontano 2005, cioè dodici anni fa.

Pochi giorni fa il deputato Ricardo Merlo lanciava l’allarme da Bahía Blanca, la sede consolare italiana più a sud dell’Argentina. “Da non credere – ha affermato il Presidente del MAIE – in un territorio di milioni di km quadrati, dove risiedono quasi 70.000 italiani in Consolato c’è solo un impiegato di ruolo. Il lavoro del nostro Console Generale e dell’unico impiegato in Consolato è encomiabile.”
Infatti, al di là dell’impegno e professionalità profusi da diplomatici e impiegati, gli organici dei consolati non sono sufficienti per dare un servizio consolare (specificamente per le pratiche consolari, senza contare altre mansioni assegnate ai consolati) adeguato al numero di cittadini italiani che risiedono all’estero e delle comunità di origine italiana legate all’Italia.

Di fronte a dichiarazioni trionfalistiche di esponenti del Pd che assicurano che dopo anni di sacrifici la situazione cambierà grazie al 30 per cento dei fondi provenienti dalla tassa di 300 euro per ogni nuova cittadinanza, stabilita tre anni fa, la realtà è che tali fondi ancora non sono arrivati e che se mai arriveranno, non saranno neanche minimamente sufficienti per offrire agli italiani all’estero un servizio degno di tale nome. E continuerà ad essere così, nonostante le dichiarazioni concilianti dei deputati governativi di turno, finché l’Italia non capirà l’importanza della presenza italiana all’estero e non si deciderà a investire sul serio e non semplicemente a rattoppare.

Purtroppo la situazione attuale ci riporta in mente il giudizio fatto dall’allora ministro per gli italiani nel Mondo, Mirko Tremaglia, quando disse che lo stato della rete consolare italiana non era degno di un paese civile. Lo disse quasi vent’anni fa e purtroppo è un giudizio che rimane attuale”.

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