Il gaslighting e la manipolazione mentale

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Il bollettino di guerra continua, senza concedersi soste. Il crimine non si ferma, soprattutto quello più vile e infido, il male sottile che si nasconde ovunque, anche nelle nostre case e che riguarda la violenza di genere. Cambiano i tempi, i luoghi, le modalità e tanti sono i volti con cui si evidenzia, manifesti o subdoli e striscianti, inestirpabile da millenni.

L’incapacità di risolvere le inevitabili problematiche quotidiane della coppia, sceglie la strada più breve. Liberarsi di una compagna – forse scomoda, noiosa, o difficile da gestire a proprio piacimento – in maniera violenta, appare essere la soluzione prescelta per il “maschio” il cui processo evolutivo sembra essersi arrestato.

Indipendentemente dal modus operandi, l’arma prescelta è la clava, l’unica a disposizione, visto il livello primordiale nel quale l’uomo continua a scivolare.

Ma va sottolineato che la violenza fisica non è quasi mai un’esplosione improvvisa ma spesso è la risultante del fallimento di violenze psicologiche perpetrate e dosate continuamente a discapito delle malcapitate, concausa di uno stato di inadeguatezza a relazionarsi nel quotidiano; è lo stadio finale di un martellamento ai fianchi della vittima, che, inconsapevole o consapevole è stata l’oggetto delle varie fasi del dramma.

Vigilare sui segnali, sulle avvisaglie che mirano a minare la dignità, che cercano di sgretolare le sicurezze e le certezze della persona, che privano del rispetto dovuto a ogni essere umano (e non), è il primo passo da fare in un rapporto a due.

La violenza psicologica è una forma di violazione coercitiva della psiche; dal latino “violo” = oltraggiare, far male, maltrattare; è un’aggressione alla mente, con lo scopo di destabilizzarla, di creare un conflitto interiore, di frantumare l’identità del soggetto, in maniera da renderlo insicuro e dipendente. La possibilità che si subiscano comportamenti coercitivi e umilianti spesso implica una condizione di inferiorità che può essere scaturita da atti di continui soprusi o è legata a determinate condizioni soggettive. L’inferiorità fisica è quella immediatamente visibile (più basso, più magro, gracile ecc) e nella donna inoltre, diventa evidente in situazioni particolari, quali la gravidanza, l’allattamento, in cui, lo insegna il corso evolutivo della storia, è più dipendente dall’uomo perché impegnata psico/biologicamente nel ciclo riproduttivo, sia per il bisogno di avere un compagno con cui proteggere in seguito la prole e per allevare e difendere la stessa.

Quindi sicuramente bersaglio più facile ad assoggettamento psicologico in quanto le sue energie sono dirottate nella difesa della specie e non dell’individuo.

La manipolazione emotiva si sviluppa essenzialmente all’interno di un rapporto di coppia e per questo è stata definita come “un passo a due” in cui l’uno dirige e l’altro deve seguire, adattarsi.

Il manipolatore – un narcisista, sociopatico o comunque un individuo disturbato –  vuole sempre affermarsi, avere ragione, imporre i suoi punti di vista, cercando di boicottare l’altro, che nel corso del tempo, a causa di una maggiore fragilità interiore e sfinimento mentale, diventa sempre più accondiscendente. Ci si avvia in un baratro senza fondo, in cui l’aggressività comportamentale dell’uno è direttamente proporzionale al disagio e all’ansia dell’altro, con conseguente perdita di autostima di quest’ultimo.

L’insieme di questi comportamenti subdoli è stato sintetizzato con il nome di “gaslighting”, prendendo spunto dalla produzione cinematografica di Alfred Hitchcock del 1944 “Gaslight” (Angoscia, vinse 2 Oscar), con Ingrid Bergman protagonista.

Il film narra di un marito che cerca di destabilizzare mentalmente la moglie, a causa di un’eredità in gioco. Con lo scopo di portarla alla pazzia, tra le varie tecniche usate, ogni giorno abbassava e aumentava continuamente il gas, per provocare cali di luce che lui negava di notare. La poverina si stava convincendo della sua pazzia e più se ne convinceva, più, paradossalmente cadeva in balia del marito, al quale si appoggiava, nella convinzione di poterne ricevere aiuto.

Uno dei motivi principali per cui è difficile riconoscere “manipolatore” deriva proprio dal ribaltamento dei ruoli in cui la vittima crede – ed ha necessità –  di poter ricevere sostegno proprio da chi è causa del suo stato di malessere.

Per associazione di idee mi torna in mente un altro giallo dal risvolto psicologico simile, di Agatha Christie, “Dieci piccoli indiani”, in cui la mente machiavellica del criminale usava le stesse tecniche per generare panico e confusione tra le sue vittime, destabilizzandole mentalmente.

Da ciò si evince quanto la violenza psicologica sia pericolosa e insidiosa e possa generare insicurezza nelle proprie capacità percettive; difficile da riconoscere in tempo e quindi da arginare prima di trovarsi completamente invischiati nella trama intessuta dall’artefice, da cui sarà difficile se non impossibile districarsi in seguito.

Molti sono i casi limite che spingono le vittime al suicidio, completamente incapaci di riconoscersi nella dignità di persone, risucchiate delle loro energie e delle spinte motivazionali a cui aggrapparsi. Condizione indispensabile è avere sostegni; fondamentale in questa lotta millenaria contro la violenza è non lasciare le vittime sole con se stesse e il proprio dramma.

Spesso il nemico principale è proprio la solitudine in cui la donna viene abbandonata perché le sue richieste di aiuto non vengono riconosciute o accolte. Mai sottovalutare i primi sintomi di comportamenti anomali all’interno della coppia che mirano alla denigrazione dell’altro.

Il rispetto è l’anticamera di ogni rapporto umano.

Maria Teresa Infante

3 Replies to “Il gaslighting e la manipolazione mentale”

  1. Vittoria Salati ha detto:

    Molto interessante e veritiero, a volte la donna vuole convincersi che ciò che le accade sia la norma e non da il giusto valore alla situazione che degenera e finisce in tragedia.
    Molto brava Maria Teresa Infante a spiegare ogni possibilità vissuta da chi sottovaluta quale sarà l’epilogo.
    Grazie Maria Teresa

    Con profonda stima
    Vittoria Salati

  2. Antonella La Frazia ha detto:

    Ritratto vivo e preciso dell’uomo narcisista patologico. Purtroppo viviamo ancora in una società in cui il maschilismo di fondo è talmente radicato che si cerca sempre di giustificare l’uomo, anche in casi di femminicidio spesso serpeggia la domanda “Ma chissà lei cosa gli aveva fatto?” ribaltando i ruoli vittima carnefice. Lo stato intanto ci propina il solito “Bisogna denunciare” non tenendo conto dell’alto numero di donne uccise dopo aver denunciato. Non vedo ancora massicci interventi scolastici per la rieducazione mentale.Sarebbe bello dire “Non sono femminista sono una persona.”

  3. Maria Teresa Infante ha detto:

    Grazie di cuore Vittoria salati, Antonella La Frazia per la vostra attenzione, e soprattutto per la partecipazione emotiva verso un dramma sociale che dovrebbe solo farci sentire individui e non uomini e donne. Il rispetto, l’amore, non hanno sesso. Condivido pienamente il vostro pensiero. Speriamo davvero nella rieducazione delle future generazioni, ma questo dipenderà solo dal nostro operato

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