BIOETICA, UOMO ED AMBIENTE
Se consideriamo le modifiche che l’uomo apporta all’ambiente al fine di migliorare le proprie condizioni di vita e le equipariamo ai cambiamenti naturali notiamo, senza ombra di dubbio, come il binomio uomo/natura ha creato fin dagli albori dell’epoca preindustriale, orientamenti di pensiero diversi e talvolta opposti che ancora oggi generano perplessità e discussioni circa questo difficile rapporto.
Il dato di fatto inconfutabile ed incontestabile è che questo rapporto estremamente complesso inerente il “problema ambiente/uomo” riguarda ad oggi, solo ed esclusivamente, il modo con cui la società umana amministra i processi produttivi, le risorse rinnovabili e non, i beni culturali ed i meccanismi di regolazione e previsione dei fenomeni naturali.
La crisi ambientale, che è ormai sotto gli occhi di tutti, rappresenta in effetti la sfida più grave che oggi la società occidentale si trovi ad affrontare.
La domanda che sorge spontanea è: ”come ottenere una riconciliazione tra la natura e l’uomo partendo proprio dall’uomo, e perché la bioetica può rendersi utile nella realizzazione di tale processo”?
L’etica ambientale è per certi aspetti una “cenerentola” della filosofia morale, almeno in ambito europeo, poiché è guardata con sufficienza da molti ed ha solo con fatica conquistato un posto all’interno della bioetica, intesa come la riflessione sulle questioni morali suscitate dagli sviluppi delle scienze e delle tecnologie.
È quindi un settore della bioetica che prende atto degli squilibri generati dall’azione dell’umanità sull’ecosistema e pone in discussione gli ideali dell’espansione illimitata e del controllo sulla natura.
Grazie ad essa si afferma un’idea “comunitaria” della vita sul pianeta, poiché ciò che gli esseri umani sono dipende dal ruolo che ricoprono entro la “comunità biotica”.
La necessità di un mutamento nel rapporto con la natura e nella gestione delle risorse è ormai riconosciuta, ma è utile riflettere sulle ragioni morali che sono alla base delle politiche ambientali, poiché da esse dipende la passibilità della trasformazione e dell’armonizzazione degli obiettivi.
Ma chi, se non la natura, è più direttamente coinvolto e colpito dalle conseguenze degli avanzamenti tecnologici e… siamo proprio certi che in gioco sia soltanto la nostra sopravvivenza materiale e non un quadro di valori molto più complesso?
Come coniugare le preoccupazioni ecologiche con la cultura umanistica, la quale, dal canto suo, ipotizza la centralità dell’uomo?
Come salvaguardare la natura senza penalizzare lo sviluppo dell’attività umana?
Riprendendo il pensiero del filosofo tedesco Hans Jonas l’uomo deve considerare la natura come un bene da tutelare e da proteggere, e deve agire in modo che le conseguenze delle sue azioni siano compatibili con il mantenimento della vita umana sulla terra.
Lo stesso Papa Francesco enfatizza ancora di più la correlazione tra queste dimensioni e la reciproca influenza.
Il problema ecologico non può essere separato dal tema dell’educazione, della povertà e delle strutture socioeconomiche disfunzionali; nello stesso modo, l’enciclica include riflessioni su temi che riguardano la bioetica.
Il Papa, per esempio, denuncia la distruzione degli embrioni umani o l’abbandono dei disabili che, se andiamo alla radice, sono dovuti alla stessa “cultura usa e getta” che provoca l’abbandono e lo sfruttamento dell’ambiente (LS, 117, 120, 136).
La bioetica, come ambito di riflessione interdisciplinare, attraverso l’integrazione di differenti approcci: da quello biologico a quello economico, industriale, giuridico ed etico può offrire riflessioni significative che si trasformino in comportamenti attuabili al fine di assicurare le condizioni per uno sviluppo “sostenibile” delle attività umane che, nel contempo, permetta all’uomo di continuare a vivere nel suo mondo, ambiente non di distruzione e di morte, ma di vita
Di Andrea Casarini