Macerata, un razzismo “giustificato”? Video

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Luca Traini è stato accusato di strage, aggravata dalle finalità di razzismo. L’episodio risale a sabato 3 febbraio a Macerata, quando il giovane ha sparato nelle strade della città una serie di colpi di pistola. I bersagli? Le persone di colore, chiunque esse fossero. Nella sua abitazione sono stati trovati una copia del Mein Kampf e altre pubblicazioni di estrema destra. Quando è stato bloccato si è congedato con il saluto fascista.

Traini non sembra nascondere le sue idee estremiste e razziste dato il tatuaggio del simbolo di Terza Posizione (movimento neofascista fondato nel 1978 ma anche della panzer division delle Waffen SS di Hitler) sulla tempia.

Al di là della inciviltà del fatto, probabilmente collegato alla scoperta degli inquirenti del colpevole della morte di Pamela Mastropiero (un nigeriano), stupisce la reazione del mondo del web e della politica. Primo tra tutti il commento di Giorgia Meloni che scrive su Facebook: “[…] Oggi una sparatoria, un gesto folle da criminali squilibrati, senza alcuna possibile giustificazione. Così si è ridotta l’Italia in mano alla sinistra […]”. Il problema viene imputato alla politica, in particolare alla sinistra, come se avesse fomentato l’insofferenza di Traini. Un uomo che del razzismo verso gli stranieri ne fa una bandiera, ideologia condivisa sia da Fratelli d’Italia che dalla Lega Nord, tanto che è stato candidato proprio da quest’ultima alle comunali di Corridonia nel 2017.

Anche Matteo Salvini ha affermato che “la responsabilità morale è di quelli che hanno riempito l’Italia di clandestini”, dichiarazione a cui ha reagito Roberto Saviano sostenendo che egli sia “il mandante morale di quello che è accaduto”.

Dunque, tirando le somme: l’immigrazione è colpa della sinistra e il gesto di Traini è comunque colpa della sinistra.

Questo tipo di reazioni non fanno che legittimare coloro che credono sia meglio farsi giustizia da soli. Il problema è che prendersela contro un bersaglio polemico ha storicamente dimostrato la capacità dell’uomo di far uscire il mostro che è in sé. Prima gli immigrati, poi gli ebrei, i gay, e ora di nuovo gli immigrati, come se la storia si stesse davvero ripetendo, dimostrando che l’umanità non ha imparato nulla dai propri errori.

La necessità di trovare necessariamente un colpevole spesso si traduce in una rapida demonizzazione dell’elemento più debole della società, senza per forza provare la sua responsabilità. Basta dare al pubblico un nemico contro cui scagliarsi. Questo fa sentire più sicuri e protetti a scapito dell’incolumità di chi è stato designato come ostile. Un’esigenza che spiega la forte diffusione delle ideologie di estrema destra, fomentate e istituzionalizzate dai partiti, che promettono sicurezza e forza rassicurando così un popolo ormai timoroso.

Le “teste calde” come Traini vengono giustificate, perdonate poiché la sua era una giusta causa: uno sfogo lecito di un cittadino indignato che ha visto una propria conterranea massacrata e stuprata da uno spacciatore nigeriano. Un’azione talmente giusta da venire discolpata da due figure rappresentative dello scenario politico italiano, in corsa alle elezioni del 4 marzo.

Può un gesto così efferato e insensato essere scusabile? È possibile che due personaggi come Salvini e la Meloni, celebrino questo tipo di azioni indirizzando il problema verso un’accusa strategicamente elettorale? Può un atto del genere essere utilizzato a scopi politici e in questo modo depotenziato dal suo vero significato, ossia di razzismo, ma non verso un individuo in particolare, bensì contro chiunque sia “colpevole” di avere la pelle di un diverso colore?

Sara Carullo

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