Il pensiero identitario

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Il pensiero identitario è di destra o di sinistra?

Solo la forza dell’identità può superare la crisi sistemica che stiamo vivendo.. nell’interesse di tutti

Il pensiero meridionalista identitario è di destra o di sinistra? In un momento in cui tutti riconoscono come avvenuta la fine delle ideologie, sembra una questione di retroguardia; e le ideologie non esistono più non solo perché i giovani non si affrontano per strada uccidendosi come accadeva negli anni 70 del secolo scorso o nel secondo dopoguerra e anche tra le due guerre, ma anche perchè esiste una fenomenologia economica e politica di gran lunga meno semplice di come la contrapposizione destra sinistra suggerirebbe.

Quando lo stato era super partes e quindi non entrava nel fenomeno economico (e quindi costava poco sia all’impresa che al lavoratore) la contrapposizione non poteva non essere tra i due grandi attori dell’economia cioè capitale (che includerebbe in se rendite e profitti) e lavoro. Nel 1914 lo stato britannico (e quindi il mantenimento dell’Impero più vasto della storia nel momento del suo maggior fulgore) costava al contribuente il 9% del suo reddito mentre non costava nulla alla maggior parte della popolazione che godeva solo di redditi di sussistenza. Né tanto meno nessuno si sognava di chiedere al cittadino di compilare folli dichiarazioni dei redditi, né ci si immaginava i guadagni di ognuno potessero essere di pubblico dominio. Ma se lo stato entra prepotentemente nell’economia e la condiziona in ogni suo aspetto le cose cambiano e si delinea una nuova contrapposizione tra “percettori di tasse” e “pagatori di tasse” e cioè creatori di ricchezza e sviluppo. I primi condizionano e asserviscono i secondi reintroducendo la servitù della gleba in ogni aspetto dell’economia; i secondi resistono a tali angherie con evasioni di ogni tipo o semplicemente rinunziando a lavorare (“non ne vale la pena se si devono pagare così tante tasse” si dice); tra questi ultimi troviamo i lavoratori strettamente intesi e le piccole imprese, cioè coloro sui quali si scarica la forza contrattuale dello stato e parastato senza che i deboli abbiano la capacità di traslare questi pesi economici su altri; in questo contesto la grande impresa si comporta come lo stato che ad essa è alleato: anch’essa utilizza il proprio potere contrattuale per traslare i propri costi fiscali o semplicemente inefficienze sulle categorie dette cioè quelle prive di forza contrattuale.

Quindi siamo ormai in una fase totalmente nuova nella quale la grande impresa alleata alla burocrazia pubblica (cioè la politica)governa in modo feudale l’economia. La gran massa dei creatori di valore avvertono la propria debolezza e l’assenza di futuro e speranze, subiscono una disperata precarietà e quindi si aiutano vicendevolmente forti di comuni esperienze, comuni culture, comuni sentimenti. Quindi si forma una via nuova che ritrova nella identità il proprio comune denominatore, la propria forza, il proprio futuro, la propria fede unitiva. Nel sud d’Italia si sono formati delle organizzazioni produttive “orizzontali” dette distretti che realizzano concretamente questo modello di produzione. Il loro successo è di gran lunga maggiore di quello delle grandi corporations e non si fondano sulla discrezionalità di un capo ma sulla socialità di un modello di produrre condiviso, inclusivo, collaborativo, forte di un diritto, quello civile, che non ha in se nulla di autoritario.

La forza incontenibile di questo fenomeno è ulteriormente rafforzata dal crollo della credibilità della normativa emanata dalla politica protempore al potere che si rivela emanazione delle forze che hanno usurpato il ruolo che dice di essere super partes e notarile ma è di contenimento e condizionamento della gente comune ; ruolo svolto con grande zelo da politici di professione e grandi imprese lobbiste (cioè la tecnocrazia). Al contrario le regole che tengono assieme collaborativamente il blocco delle piccole imprese e dei lavoratori sono radicate nello jus naturalis pattizio o consuetudinario e quindi condiviso. Questa ultima è la forza incontenibile della identità!! Che è contrapposta alla omologazione planetaria delle imprese multinazionali e dei loro modelli di consumo e culturali e alla omologazione planetaria delle regole calate dall’alto della politica uguale in ogni parte del mondo (in ogni parte del mondo la politica è affamata di soldi e in ogni parte introduce nuovi balzelli…riscossi con la forza delle nuove tecnologie). Regole sempre più lontane dalla gente e quindi sempre più espressioni di dispotismo e sempre meno condivise. La tecnologia fa il resto rendendo più efficiente ed efficace il controllo asfissiante e più diffuse le angherie e i controlli. Solo la disinformazione e la divisione dei cittadini posticipa la rivolta e la distruzione di quello che resta dello stato novecentesco che ritenendo di potere tutto spostava e vuole spostare nel prossimo e meno prossimo futuro ricchezze faraoniche dai produttori veri di ricchezza ai detentori di titoli pubblici o dipendenti pubblici appunto i famigerati percettori di tasse pagati per controllare i pagatori di tasse.

V’è moltissimo da dire ancora ma certo è che siamo alla vigilia di una lotta titanica tra gli omologanti planetari (che posseggono tutto: danari, tecniche, informazione, potere politico,…) e i veri creatori di valore senza i quali i primi non hanno ragione di esistere. Questi ultimi fino ad ora hanno fatto alcuni passi indietro intimiditi ed annichiliti dalla forza delle multinazionali (come quelle della energia o della distribuzione) e dallo strapotere della finanza sostenuto dal suo braccio politico attivissimo in ogni parte del mondo.

Ma la sostenibilità del sistema grandindustriale alleato alla politica è legata alla solvibilità di coloro che non hanno forza contrattuale; serve che questi ultimi abbiano disponibilità economiche, certezze sulla loro stabilità nel tempo, serenità e spensieratezza; se no non spendono e tutto il sistema va in crisi. Come già accaduto e come riaccadrà.

Solo la forza delle identità può superare questa dicotomia … nell’interesse di tutti.

Canio Trione

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