Quanto costa all’ora un lavoratore italiano rispetto ai colleghi europei

Economia & Finanza

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I Paesi dove il lavoro ha un costo maggiore sono Danimarca e Belgio, rispettivamente con 42 e 39,2 euro all’ora. Da noi il costo medio orario è di 27,50 euro 

Quanto costa il lavoro in Italia? E in Europa?
Per anni le aziende hanno spostato la loro produzione all’estero penalizzando i lavoratori italiani. I numeri dimostrano che le tendenze stanno cambiando e potrebbero cambiare. Il costo del lavoro ne è il motivo.

È risaputo che la manodopera non costa ovunque allo stesso modo, altrimenti non si spiegherebbe perché per anni le aziende abbiano spostato la loro produzione all’estero penalizzando i lavoratori italiani. I numeri però dimostrano che le tendenze stanno (lentamente) cambiando.

In Europa, il costo orario del lavoro varia dagli appena 4,4 euro in Bulgaria ai 42 euro l’ora in Danimarca, passando per i 39,2 in Belgio, i 38 euro della Svezia e i 36 euro e 60 centesimi del Lussemburgo. E in Italia? Da noi il costo medio orario nel 2016 è stato di 27,50 euro. Un costo elevato, ma ancora al di sotto della media continentale, che per anni è stato il motivo della fuga delle aziende verso i paesi dell’Est.

La tendenza sta cambiando e forse delocalizzare le aziende all’estero non conviene più. Tra il 2015 e il 2016, il costo di un’ora di lavoro in Europa è aumentato in media dell’1,6%. L’unica eccezione in tutta Europa siamo stati noi italiani. In Italia infatti si è osservata una lieve diminuzione dei costi orari del lavoro: -0,8%. Poco, ma intanto è successo solo da noi.

È vero che un operaio o un impiegato dell’Est costano di meno alle rispettive aziende. Un’azienda bulgara qualunque, fra stipendi, contributi e imposte, paga i dipendenti appena 4,4 euro. Le imprese rumene in media invece per un’ora di lavoro offrono 5,5 euro. In Lituania si sale fino 7,3 euro e in Lettonia si arriva fino a 7,5 euro. L’Ungheria e la Polonia hanno superato anche gli 8 euro l’ora.

Per il momento conviene ancora produrre nell’est Europa ma il calo registrato in Italia e gli aumenti segnati dai paesi dell’Est lasciano immaginare un cambiamento di rotta. Che in parte c’è già stato: dal 2015 al 2016, per esempio, il costo del lavoro è lievitato moltissimo in Romania (+ 12,7%) e in Bulgaria (+ 7,8%).

Ma cosa contribuisce a far salire il costo del lavoro? Il costo orario del lavoro è costituito principalmente dal salario, a questo devono essere poi sommati i costi non salariali come i contributi sociali a carico dei datori di lavoro: le assicurazioni obbligatorie da versare a carico dell’imprenditore, la quota per la tredicesima mensilità ed altre mensilità aggiuntive, il Tfr, le ferie e permessi maturati ed ogni altro importo attinente alla prestazione lavorativa.

La quota dei contributi non legati allo stipendio è stato in media del 23,9% nell’Ue e del 26% nella zona euro. Si va dal minimo di Malta, dove i contributi e le imposte a carico dell’azienda hanno pesato solo il 6,6% dello stipendio, al 33,2% della Francia.

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