Rai Storia entra nel bunker dell’Ucciardone

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Era il 10 febbraio del 1986 quando si aprirono le porte dell’aula bunker dell’Ucciardone di Palermo per la prima udienza del maxiprocesso a Cosa Nostra. Alla sbarra c’erano 475 imputati, poi scesi a 460 nel corso del processo, chiamati a rispondere di decine di reati. Gli artefici della guerra di mafia, che sconvolgeva il capoluogo siciliano dalla fine degli anni Settanta, lasciando per le strade della città centinaia di morti, entrarono nelle gabbie, scortati dai agenti di sicurezza. E seguiti dalle telecamere della Rai che, passo dopo passo, ripresero la scena documentando tutto. Oltre 1.200 ore di girato che ora le Teche Rai hanno restaurato e digitalizzato, per la serie tv ‘Maxi. Il grande processo alla mafia’, in onda da martedì 23 ottobre alle 21,10 su Rai Storia e in anteprima su Rai Play da oggi.

Ad essere presentato è un lungo racconto in cui si alternano le immagini delle udienze in aula alle ricostruzioni con scene di fiction. Una narrazione ‘doppia’ che viene intrecciata per descrivere gli aspetti e i momenti salienti del maxiprocesso palermitano che si concluse con 19 ergastoli e 2.665 anni di carcere, condanne quasi tutte confermate dalla Cassazione.

La serie scritta da Cosimo Calamini, Alessandro Chiappetta, Marta La Licata e Davide Savelli, con la regia di Graziano Conversano, “è un lavoro straordinario, sono sei puntate più una in cui raccontiamo il più grande processo contro le mafie. La Rai di allora – spiega Silvia Calandrelli, direttore di Rai Cultura nel corso della presentazione in viale Mazzini – era l’unica autorizzata a filmare, decise di esserci con un gruppo di giornalisti, tecnici, montatori e registi che, con ben 1.200 ore di girato, lasciarono una testimonianza importante della lotta alla mafia e del lavoro del pool dei giudici Falcone e Borsellino”.

“La televisione di oggi – continua Calandrelli, che ha letto un telegramma d’apprezzamento inviato dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella – riprende quel lavoro. Con rigore scientifico Rai Storia accompagna il telespettatore contestualizzandolo con un progetto seriale”. Nel racconto vengono utilizzati “attori e vengono creati snodi narrativi affinché sia comprensibile a tutti, anche alle nuove generazioni, cosa è stato quel processo”. A completare il progetto ci sarà poi una settima puntata in cui si potranno rivedere tutti i protagonisti del maxiprocesso. “Rai Cultura – ricorda il regista Graziano Conversano – aveva già affrontato il maxiprocesso raccontandolo in due puntate in modo più tradizionale alternando materiale d’archivio alle interviste di togati e non. Questa volta il compito era più stimolante perché avevamo 1.200 ore d’archivio che abbiamo visionato integralmente: è un materiale vastissimo in cui si alternavano momenti di stasi a momenti di drammaturgia pura che sembrano usciti da un film di Martin Scorsese o usciti da Hollywood”.

“Abbiamo intrapreso – afferma Conversano – un’altra strada rispetto a quella dei racconti precedenti, cioè quella della meta-televisione: abbiamo raccontato il maxiprocesso in televisione raccontato, filmato e prodotto da chi faceva televisione in quegli anni. Abbiamo scelto tre figure fondamentali: un giornalista, un operatore e una montatrice Rai”, ha detto il regista che ha sottolineato: “i luoghi usati sono quelli palermitani dall’aula bunker dove abbiamo girato per circa tre settimane al bunkerino, dove Falcone e Borsellino hanno istruito il maxiprocesso”. Arricchito dalla colonna sonora originale di Giorgio Spada, il racconto si sviluppa con la voce narrante di Franco, un giornalista Rai interpretato da Giovanni Guardiano in sei puntate principali: ‘L’astronave verde’, ‘Il boss dei due mondi’, ‘Faccia a faccia’, ‘Saluti da Corleone’, ‘Palermo e i suoi figli’, ‘In nome del popolo italiano’.

“Comprendere che si possa processare la mafia e la si possa contrastare con gli strumenti legislativi e le forze di cui si dispone è un esempio enorme che non vale solo all’interno del nostro territorio nazionale”, osserva il procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo, Federico Cafiero De Raho, che aggiunge: “in Sicilia la mafia non è stata distrutta, ma un grande cambiamento c’è stato: la società civile ha preso coraggio, in tanti hanno cominciato a parlare di mafia laddove una volta c’era il silenzio assoluto. Le mafie non sono scomparse, ma in Italia c’è un livello di contrasto che non esiste in nessuna altra parte del mondo e gli strumenti legislativi e operativi sono di una specializzazione e professionalità senza pari”. 

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