La parola ai lettori sull’Unione Europea

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L’UNIONE EUROPEA

di David Rossi 

Anche questa settimana abbiamo ricevuto molti commenti interessanti sullo stato e dei limiti dell’Unione europea, il tema suggerito ai lettori una settimana fa. Lasciamo la parola a chi ci segue con tanto affetto.

L’Italia come vittima dell’Europa da Maastricht in poi. È una tesi che persino alcuni esponenti della maggioranza gialloverde sostengono. Se i trattati ci fossero stati imposti, forse sarebbe anche realistica: purtroppo, li abbiamo sottoscritti senza che i nostri deputati nemmeno si degnassero di leggerli…

(Lettore che ha chiesto l’anonimato) La crisi attuale dell’Europa è la crisi di un modello politico creato nel 1990, all’indomani della riunificazione della Germania. Voluto da Mitterand e Kohl, aveva come scopi da perseguire la riduzione dell’Italia a più miti consigli (ricordo che all’epoca era davanti a Francia e Regno Unito come ricchezza), il preparare l’allargamento ai Paesi ex socialisti e soprattutto il mettere la Germania di nuovo unita e la Francia sullo stesso piano. Adesso, con l’uscita di Londra senza un accordo e col governo del cambiamento in Italia che rifiuta di accordarsi per il budget con Bruxelles, l’Unione ha due strade: o cede alle pressioni nazional-identitarie e fa un passo indietro, indebolendo parecchio l’Euro, o continua dura e pura, a costo di una rottura netta con Londra e Roma, con quest’ultima che esce dall’Eurozona (e forse dalla UE) entro un anno. Nel primo scenario, le cose potrebbero andare avanti così per anni, con l’Unione “grande malato d’Europa”, come un tempo si diceva dell’Impero ottomano. Nel secondo scenario, Italia e forse Grecia saranno in guerra con Bruxelles. Una guerra finanziaria e politica, da cui potranno uscire liberate o occupate. Ehm, intendevo dire commissariate.

Il lettore Parolin guarda al futuro dell’Europa attraverso uno scenario breve ma dettagliato, che a chi scrive pare fin troppo realistico.

Anno 2029. Dopo dieci anni di crisi nerissima, durante i quali alcuni Paesi erano usciti (Regno Unito, Italia, Ungheria e Polonia) e altri avevano aderito (la Norvegia dopo aver esaurito il petrolio nel Mare del Nord, la Turchia dopo la rivoluzione dei garofani del dopo Erdogan), alle elezioni europee si è affermato il partito della rifondazione europea, il cui il programma include la costituzione di una repubblica federale europea sul modello degli Stati uniti d’America, con un presidente eletto dal popolo e un’unica politica estera. Resteranno a livello locale sanità, istruzione e previdenza. Le tasse saranno decise e incassate a Bruxelles. Dopo il secondo default in pochi anni, i leader europei discutono circa la possibilità di trasformare l’Italia in un protettorato e di commissariarne il governo.

Il lettore Sergio Pession si concentra sui limiti culturali del processo di integrazione: d’altronde, la lingua più parlata come idioma nativo è il tedesco (90 milioni di locutori), che per motivi storici non ha chance di essere accettato come lingua unica o prevalente, mentre l’inglese (70 milioni di locutori madrelingua e alcune centinaia di milioni come seconda lingua) sta per perdere il Paese d’origine, con la Brexit. È folle a pensarci, ma l’Unione spende l’1% del proprio bilancio in interpretariato e traduzioni!

Vivace e bellicosa penisola asiatica, nonché continente geopolitico è da sempre l’Europa. Sorta da aquila, libratasi alla luce della croce e tramontata nella svastica, ora ne (ri)vediamo le stelle di un cielo notturno. Dove ogni impero mirò a unificare popoli con moneta e lingua unici, la mezza dozzina di paesi stremati da secolari guerre, ha fatto del Marco Tedesco unica moneta, ma del multilinguismo orgoglioso cardine. Concepita per opporsi alle superpotenze e proiettare interessi economici su paesi vicini e lontani, l’Europa punta più a valori monetari che identitari. Meno unione di paesi e più società economica, l’Europa Spa, ha spazzato frettolosamente vecchi trascorsi sotto al tappeto stellato, fagocitando/attirando disinvolta stati confinanti, così scadendo forse in una babilonia di lingue e culture. Sarebbero una ricchezza, se le basi fossero solide, ma non è così. La crescita troppo veloce é l’errore delle grandi imprese, come la perdita d’identità lo è per gli imperi. Unione o impero, tutto si sopporta con utili da spartire, ma con crisi economiche, umanitarie, demografiche eccetera, tornano ad acuirsi antichi attriti interni. Europa SpA con portafoglio, ma senza cuore, né identità. Forse il multilinguismo fu un errore. Con una lingua europea per giovani generazioni parimenti ad una reale coscienza, ora avremmo una cosina in più ad unirci, piuttosto che una in meno. Ironicamente adagiati proprio con la lingua dell’unico paese mai del tutto europeo oltre che primo in uscita, credo sia tardi; senza lingua e identità, le sole corde a tener unito il tutto sembrerebbero quelle della moneta unica. Corde da rocciatore sotto la tormenta, uno scomodo cappio al collo o ad esser viziosi uno strumento BDSM? Grazie per questa nuova sfida da Voi proposta.

Abbiamo dovuto un po’ ridurre il testo proposto da Marco, che dipinge tre scenari da brivido. Comunque, interessanti, anche per l’attenzione per i flussi dall’Africa e l’aspetto demografico.

Il futuro della UE è legato agli impatti del Climate Change sull’Europa, così come al letale binomio Climate Change + sovrappopolazione in Africa che causerà la detonazione nel Mediterraneo di nuove Guerre Puniche entro il 2050, a partire dal Nord-Est dell’Africa. È possibile applicando criteri di scenario planning ed Ooda loop, definendo lo stato potenziale del Mediterraneo in 3 superposizioni, per inferirne a ritroso, la freccia del destino europeo:

Universo Ottimista: le Guerre Puniche II non detonano, le cause endemiche sono state abortite dalla UE. Se esplodono, le nuove Guerre Puniche è solo per diversione strategica di WWIII, ma le cause di detonazione sono state mitigate. Non si ha nessun conflitto nel Mediterraneo, esistono solo scontri ed insurrezioni, sotto la fascia sub-sahariana, con una risposta unitaria di EU-Roma a tale minaccia.

Universo Pessimista: le Guerre Puniche II detonano sia per cause endemiche sia per diversione strategica di WWIII; nessuna delle due cause è stata mitigata per inesistente o tardiva risposta della UE (la quale è menomata di alcuni membri). I teatri italici e greci sono teste di ponte cartaginesi. La penisola italiana è in shock finanziario sia per il default quanto per l’uscita dall’Euro, dilaniata da processi dissolutivi e disgregativi.

Universo Atteso: Le Guerre Puniche II detonano per cause endemiche OPPURE per diversione strategica di WWIII. Il teatro italico e bizantino sono sotto invasione cartaginese: guerra asimmetrica e scontri urbani. Risposta unitaria dell’Unione alla crisi Mediterranea, risposta non coesa nella Repubblica Italiana.

Ad oggi, i segnali di “Early Warning” esistono eccome:

-L’inesistenza di USE Army, USE Navy, USE Airforce + un’unica politica estera europea,

-L’assenza di una politica europea atta a finanziare il controllo delle nascite in Africa,

-La Brexit, insieme alla probabile ITALExit dopo l’1.11.2019 e ai timori continui per la Grecia,

-L’arrivo del nuovo governatore BCE teutonico/filoteutonico dopo Draghi,

-La chiusura del consorzio DESERTECH,

-L’anomala posizione italiana sui “sans papier” in contrasto con con tutti i membri UE tale da causare la sospensione di Schengen con Francia, Svizzera, Austria.

-L’assenza di respingimenti assistiti ed espulsioni dei migranti economici rifiutati in Europa,

-La volontà italiana di fare debito pubblico (italiano od europeo) per finanziare spese correnti in Italia per una falsa emergenza migratoria che niente ha a che vedere con una politica di controllo delle nascite in Africa.

-L’assenza di una riforma costituzionale di tipo semi-presidenzialistico in Italia,

-La mancata soppressione di Regioni, Grandi Aree Metropolitane, Province in Italia,

-La possibile comparsa del Senato Federale delle Regioni,

-La crescita incontrollata del debito pubblico italiano da tempo insostenibile,

-La volontà politica italiana di non ripagare parte dell’enorme debito pubblico italiano (ossia l’impossibilità futura di fare leverage per mitigare i danni da climate change),

-L’emersione dell’interesse per un ritorno alla Lira,

-L’allargamento in Italia della differenza tra costituzione materiale e formale

IMHO indicano da tempo che non sia più raggiungibile l’Universo Ottimista. La detonazione di Guerre Puniche II è ineluttabile, la penisola italica si sta approssimando alle condizioni iniziali al contesto del Mediterraneo nell’Universo Pessimista nel XXI secolo.

Chi scrive si chiede, in conclusione, se la visione italiana dello stato e del futuro dell’Europa sia la stessa degli altri europei: più libertà di spesa e più indipendenza politico-decisionale. L’Austria e i Paesi di Visegrad da tempo sollevano questioni di ordine più identitario-culturale che economico: come anche l’Irlanda e la Spagna, gli ex sudditi asburgici hanno tratto solo profitto dalla partecipazione all’Unione e non chiedono che di essere lasciati crescere in un ambiente sicuro (rispetto alla minaccia russa) e finanziariamente sostenibile. I Paesi core, a parte l’Italia, assistono a cambiamenti politici che riguardano, di nuovo, la posizione dei cittadini e del Paese rispetto al multiculturalismo, un tempo trionfante e oggi rimesso in discussione (dai così detti sovranisti) o reclamato come ancora attuale (si pensi all’avanzata dei Verdi in Austria e Germania).

Nessuno contesta le regole del gioco, a parte l’Italia. Già, perché un po’ ovunque in Europa negli ultimi vent’anni si sono fatte, più o meno con successo, riforme di stampo liberal-liberista e si è tentato di mettere sotto controllo l’indebitamento pubblico, come da noi. Ma solo in Italia nel 2018 si continua, nei bar come nei corridoi dei palazzi, a paventare l’austerity e a litigare per lo spread, come se fossimo tornati al 2011.

Ciò detto, per lo scrivente, il futuro dell’Europa pare legato ormai alle scelte dell’asse franco-tedesco, non essendoci più Londra con cui rinegoziare ogni decisione e essendosi l’Italia posta volontariamente al margine: quindi, assisteremo solo a modesti rafforzamenti di una confederazione che garantisce il mercato unico e aiuta le due potenze-guida nella proiezione globale dei loro interessi.

Per quello che riguarda Sicurezza e Geopolitica, l’UE è del tutto incapace di affrontare sfide di portata regionale o globale e deve affidarsi di volta in volta alla buona volontà di Parigi e Berlino. E in questo, a meno di non fare un salto di qualità nel processo di integrazione, non c’è soluzione. In caso di grave crisi sistemica, probabilmente qualcuno tirerà fuori dal cilindro l’antico progetto Framania, l’unificazione franco-tedesca, evocato già dai Francesi nel proporre l’estensione del loro ombrello nucleare alla Germania. Di più, nessuno lo propone al momento, né è dato immaginarlo. 

www.difesaonline

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