“Così abbiamo beccato Battisti”

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Mail e telefonate, così è stato beccato Cesare Battisti, dopo la sua fuga in Bolivia, dagli uomini della polizia di Milano che erano sulle sue tracce con l’Interpol e l’intelligence. “A incastrarlo diciamo che sono state le indagini tecniche – spiegano fonti della polizia milanese all’Adnkronos – D’altra parte, Battisti non lo abbiamo mai mollato. Lo teniamo sotto controllo da sempre, lui e il suo entourage” e, anche se cambiava telefonini in continuazione, il monitoraggio della sua rete di protezione ha aiutato a non perderne le tracce.

“Camuffato” con pizzetto e occhiali neri, Battisti “si guardava sempre intorno” mentre camminava per le strade di Santa Cruz de la Sierra, riferiscono le fonti. L’ex terrorista si nascondeva in casa di alcuni conoscenti boliviani. Gli investigatori italiani non hanno “mai perso” le sue tracce, ma solo ora “la congiuntura politica favorevole” ha consentito la cattura.

L’ex leader dei Pac gode di una rete di protezione che si estende “dalla Francia al Brasile fino alla Bolivia”, paese dove è stato catturato ma anche dove l’ex terrorista “ha da sempre relazioni”. Questa rete, spiegano, è stata anche in qualche modo la sua condanna, perché polizia e intelligence italiana la monitorano e la tengono sotto controllo da sempre. Un entourage, quello che ha garantito protezione a Battisti, che, evidenziano le stesse fonti, non è formato da ex terroristi ma da personaggi della sua area politica di riferimento e da altri soggetti con cui è entrato e rimasto in relazione negli anni della latitanza. Le fonti aggiungono: “Sapevamo da mesi che Cesare Battisti pianificava la fuga”.

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