Salvini, Di Maio, il popolo e la Costituzione Italiana

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Il diniego del Senato dell’autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini rappresenta un enorme vulnus al processo storico che ha portato i Paesi civili a adottare e approvare sistemi costituzionali per i quali la legge è uguale per tutti. Le teorie illuministiche, le rivoluzioni del Risorgimento, l’elaborazione di studiosi della filosofia del diritto, i principi dettati dal Montesquieu non sono stati solo disattesi, ma travolti e modificati da nuove teorie che solo i politici, in particolare i politici italiani, avrebbero potuto partorire. E il parto non è stato indolore. Anzi, molti cittadini hanno visto nella decisione del Senato e nel disprezzo della Costituzione dei capi partiti della maggioranza l’inizio del prevalere di una feroce barbarie. Barbarie giuridica e politica, s’intende. Barbarie pericolosa, in quanto si accredita il principio che i ministri del Governo italiano possono, in nome di un non meglio precisato interesse superiore, violare il codice penale. Con conseguente nuova messa all’indice dello  De l’esprit des lois).

Nella specie Salvini, Ministro dell’Interno, secondo il Tribunale dei Ministri, avrebbe commesso il reato di sequestro di persone che, a suo avviso, costituivano pericolo per lo Stato. E’ bene ricordare che si trattava di circa 170 persone, debilitate sia per i trattamenti adottati nei loro confronti dalla Libia sia dallo stress della navigazione nei noti barconi e anche dal trattamento loro riservato nella Diciotti che i magistrati ritenevano concretatosi nel tenerli a bordo della nave in contrasto con i diritti riconosciuti dalla nostra Costituzione e nel disprezzo della pietas che gli ordinamenti nazionali e internazionali riconoscono alle persone indipendentemente dal colore della loro pelle.

Ma se Salvini è stato coerente con le sue predicazioni (anche nel significato religioso, in quanto lo stesso mostra spesso la corona del rosario e il crocifisso), che esaltano la razza bianca (leggasi il comizio di Attilio Fontana all’inizio della campagna elettorale per l’elezione del Presidente della Lombardia) e individuano il prossimo nostro in maniera strettamente lessicale (a noi vicinissimo) nel solo popolo italiano (il ministro Lorenzo Fontana), non altrettanto può dirsi di Di Maio (and company) che nell’occasione si è preoccupato solamente del suo status di ministro e, quindi, della necessità di salvare la sua poltrona. Tradendo, così, tutti i principi che erano a base delle 5Stelle.

Quindi, non facciamoci illusioni. I politici (meglio sarebbe dire i politicanti) da ora in poi hanno più diritti di noi comuni cittadini. In barba alla Costituzione!

di Raffaele Vario

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