Cgia, in 20 paesi su 28 rischio poverta’ per minori piu’ alto che per anziani

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 Il rischio povertà nell’Unione Europea è particolarmente forte per i più giovani: infatti in 20 Paesi europei su 28, il rischio povertà tra gli under 16 è nettamente superiore a quello riferito agli over 65. Lo denuncia l’Ufficio Studi della Cgia che sottolinea come “la situazione in Italia è ancor più drammatica”.

La percentuale di minori che si trova in una situazione di deprivazione economica è addirittura al 31,5 per cento, contro una media tra gli ultra sessantacinquenni del 22 per cento. Nell’Unione Europea a 28 solo in Grecia, in Romania e in Bulgaria la quota di minori a rischio povertà è superiore al dato riferito al nostro Paese. Ma il gap fra anziani e giovani a rischio è molto forte anche in un paese come la Francia dove il problema tocca solo il 9,5% degli anziani e il 21,7% dei minori. Per l’Italia si tratta comunque di una elevata percentuale di adolescenti con problemi di esclusione sociale, che – secondo la Cgia – “rischia di pregiudicare a un minore su 3 il conseguimento del diploma di scuola secondaria di secondo grado” con “implicazioni molto preoccupanti nel momento in cui dovranno cercare un lavoro”. In questi ultimi anni, infatti, osserva l’organizzazione “i flussi di ingresso nel mercato del lavoro italiano si sono decisamente polarizzati. Le imprese, infatti, da un lato cercano sempre più addetti con bassi livelli di competenze e di specializzazione, dall’altro, maestranze che presentano una elevata professionalità. In forte calo, invece, la richiesta di figure caratterizzate da mansioni routinarie”.

In Italia, la popolazione a rischio povertà o esclusione sociale con meno di 18 anni ha un’incidenza più elevata nel Mezzogiorno. In Sicilia, ad esempio, i minori in difficoltà sono il 56,8 per cento (ben 488 mila su 859 mila under 18), in Calabria il 49,5 e in Campania il 47,1. In termini assoluti, a livello nazionale la popolazione giovanile con disagio economico ammonta a 3,1 milioni di unità. La Cgia ricorda i dati Istat che mostrano livelli di povertà elevati per le famiglie con 5 o più componenti e con persona di riferimento giovane avente un basso livello di istruzione. Al Nord le famiglie che vivono nelle grandi città presentano l’incidenza della povertà relativa superiore a quella presente nei Comuni di minori dimensioni. Nel Centro Sud, invece, la situazione si capovolge. Sono i Comuni minori a registrare il numero più alto di famiglie in povertà, rispetto alle realtà urbane con un numero di abitanti superiore. Infine, l’incidenza di povertà relativa è decisamente superiore nelle famiglie dove sono presenti degli stranieri. Commentando questi dati il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo osserva come “l’elevato livello di povertà giovanile, riconducibile anche alle caratteristiche della spesa per la protezione sociale che in tutta Europa è fortemente sbilanciata sulle pensioni, spesso si traduce anche in povertà educativa. Molti di questi ragazzi, infatti, sono destinati ad abbandonare presto gli studi, pregiudicando la carriera lavorativa futura, che quasi sicuramente riserverà a questi soggetti delle enormi difficoltà a trovare un’occupazione stabile e di qualità”. ”Questa situazione – aggiunge il segretario Renato Mason – spiega in particolar modo il disallineamento sempre più marcato tra domanda e offerta di lavoro. Infatti, molti imprenditori denunciano la difficoltà di reperire tecnici altamente specializzati, nonostante la disoccupazione giovanile in Italia superi il 30 per cento. Oppure, segnalano di non trovare personale per lavori a bassa professionalità e molto impegnativi da un punto di vista fisico. Fenomeno, quest’ultimo, che è stato mitigato grazie al massiccio ricorso di personale straniero”. 

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