Questa notte è stata inviata a Bruxelles la lettera del governo italiano in risposta alla preoccupazione dell’Ue sull’aumento del debito pubblico italiano. Nel documento inviato, rispetto alla bozza che era circolata ufficiosamente, è scomparso il riferimento ai tagli al welfare inizialmente previsti che Luigi Di Maio aveva pesantemente criticato parlando di una “scelta inspiegabile”, poi continuando “ Ringrazio il ministro Tria per aver provveduto a correggere. Del resto non potevamo accettare altre sforbiciate lacrime e sangue”. Bruxelles è infatti preoccupata per i conti pubblici italiani che, nel prossimo triennio 2020-2022, saranno fortemente appesantiti dalle misure fortemente volute dal governo giallo-verde: reddito di cittadinanza e quota cento. La nuova missiva conferma i principali argomenti che l’Italia sta utilizzando per convincere l’Ue della sua credibilità come lo scongiuro del peggioramento del saldo strutturale rispetto agli obiettivi, deficit sotto al 2,4% e riduzione di debito e disavanzo.
La lettera sottolineava come: “Alla luce dei dati economici definitivi, è confermato che l’Italia non ha fatto progressi sufficienti per rispettare la regola del debito nel 2018”, dunque violando le norme dell’Unione Europea. Bisognerà aspettare il prossimo mercoledì 4 giugno quando verrà fornita da Bruxelles l’analisi complessiva del debito insieme alle raccomandazioni economiche. Così replica Matteo Salvini: “La settimana prossima userò il consenso che voi mi avete dato per dire a Bruxelles: lasciateci lavorare come gli italiani ci chiedono, meno tasse e più lavoro. E se ci diranno no vedremo chi avrà la testa più dura”.
Di fatto la lettera ha gettato il governo in una situazione di tensione poiché, predisporre misure economiche senza tener conto di essere inseriti all’interno di un contesto europeo, è un errore di cui prima o poi si pagheranno le conseguenze. Queste manovre hanno bisogno di coperture finanziare, e continuare a fare investimenti in deficit non è la soluzione al rilancio dei consumi e al sostegno economico poiché i conti dovranno essere pagati (prima o poi). Di ciò l’Unione Europea ne è ben consapevole, ma forse non il governo italiano.