Nessuno parla della corruzione di chi gestisce il grande affare dei migranti?

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Angelo Forgia

Eppure il giro di affari che sta dietro il ‘commercio’ di esseri umani tra l’Africa e l’Europa è spaventoso. Basti pensare che ogni essere umano, prima di mettere piede su un gommone, paga da 4 a 5 mila euro. Siamo sicuri che non ci sia alcun legame tra l’informazione ‘buonista’ e le ingenti risorse accumulate da un’organizzazione criminale della quale, ancora oggi, si sa poco o nulla?

Si può parlare delle ONG pacatamente, senza attirarsi gli strali dei filantropi, dei salvatori di vite in mare, dei sindaci, degli Arcivescovi con e senza magliette rosse? Non partiamo dai dubbi sollevati dalla Procura della Repubblica di Catania (che pure sono dubbi legittimi), né dagli articoli di Marco Travaglio (che pure sono molto documentati). Noi proveremo a ragionare su un articolo che abbiamo letto su ‘Il Primato Nazionale’. E’ un approfondimento che ci ha molto colpiti e riguarda un’ONG molto nota: la Open Arms.
E’ la Organizzazione Non Governativa (ONG) spagnola che ha sollevato un mezzo pandemonio, lanciando accuse molto pesanti al Governo italiano. Ebbene, vediamo cosa scrive Il Primato Nazionale:
“Siamo andati a verificare lo storico dei movimenti della nave ONG spagnola Open Arms, che la mattina del 17 luglio aveva recuperato le salme di una donna e un bambino morti e una donna superstite nel relitto di un gommone. Da questo era nata una ‘bufera mediatica’ contro il ministro degli Interni Matteo Salvini e l’Italia, accusati di pagare degli ‘assassini’ (la Guardia Costiera libica) che avevano ‘lasciato affogare’ una madre col bambino che avevano rifiutato di tornare in Libia. Già… avevamo potuto evidenziare, e proprio dalle immagini del recupero diffuse da Open Arms, che le due vittime non erano affatto affogate ma erano già morte quando erano entrate in acqua”.
La parte più interessante dell’articolo comincia qui di seguito:
“Come alcuni lettori già sanno il traffico mercantile navale è verificabile attraverso i dati AIS trasmessi dalle navi per motivi di sicurezza, ripresi da stazioni AIS di terra che li rilanciano via radio, e quindi ripresi in tempo reale e archiviati da molti siti web specializzati in controllo del traffico navale. Si crea quindi una rete planetaria simile a internet, e quanto andrete a leggere può essere tratto indifferentemente su un sito web specializzato sia esso americano, cinese, australiano o altro, noi abbiamo usato marinetraffic che è il più conosciuto e che già in passato abbiamo usato per monitorare i movimenti delle navi Ong”.
Da questo articolo apprendiamo che il traffico navale è monitorato e può essere visionato: basta sapere utilizzare quanto oggi offre la tecnologia.
“La prima evidenza è che la Open Arms, partita dalla Spagna imbarcando ‘testimoni’ e telecamere – fra cui un onorevole di LeU (si tratta del parlamentare nazionale eletto in Sicilia, Erasmo Palazzotto ndr) non si dirigeva affatto verso la costa libica dove solitamente si trovano i gommoni, ma direttamente sul punto di recupero a 78 miglia nautiche dalla costa, in mare aperto al limite fra la zona SAR libica e quella maltese. E quindi sapeva in anticipo che in quel punto avrebbe trovato i ‘naufraghi’”.
Nell’articolo (che potete leggere qui: Il Primato Nazionale c’è una foto che illustra Open Arms che si sta dirigendo verso il gommone: ma alle 03.38 UTC vira verso Est, allontanandosi dal gommone fino alle 04.41 UTC (circa 8/9 miglia), quando inverte la rotta e si dirige nuovamente sul gommone, dove arriva poco prima delle 07.00 UTC.
“Le operazioni di recupero (Open Arms ferma, 0,1 KTS) – leggiamo nell’articolo – sono delle ore 07.10 UTC. A questo punto dirige verso Nord-Est sulla via del ritorno”.
“Dai dati AIS – leggiamo sempre nell’articolo – è evidente che Open Arms:
– conosceva in anticipo il punto in cui si trovava il gommone;
– mentre dirige sul gommone poi, alle 03.38 UTC, vira per allontanarsene, per poi raggiungerlo alle ore 07.00 UTC e quindi perdendo volutamente circa 3 ore e mezza;
– da quello che si è letto sui media, che riportano le dichiarazioni di una giornalista tedesca, la Guardia Costiera libica termina le operazioni di soccorso circa alle 23.00 UTC e si allontana, quindi è ancora più inspiegabile questa manovra di ‘allontanamento e ritorno’ (magari per fare bei filmati con la luce del mattino)”.
Quindi, le conclusioni:
“Gli indizi per sostenere che quella di Open Arms sia stata una messinscena ormai ci sono:
– i morti affogati che galleggiano;
– le macchie ipostatiche sulle spalle della donna morta al momento del ritrovamento, segno che da morta è stata poggiata sulla schiena per 8/12 ore;
– il dirigere, proveniendo dalla Spagna, direttamente sul relitto del gommone a 78 miglia nautiche dalla costa, in mare aperto;
– l’interruzione dell’avvicinamento al gommone per ritardare il contatto di 3 ore e mezza e arrivare a giorno fatto;
– il rifiuto di sbarcare in Sicilia che li sottrae agli interrogatori della magistratura italiana e all’identificazione di chi era imbarcato”.
C’è anche un video di Report, che non può certo essere accusato di andare contro le ONG (QUI IL VIDEO DI REPORT: ).
In questo video si documentano fatti incredibili, che la dicono lunga su quello che succede nel Mediterraneo, con riferimento alle motovedette libiche e di alcune ONG. C’è anche il ruolo dei ‘Facilitatori’.
I protagonisti di questo video si salutano: ‘Facilitatori’, militari delle motovedette libiche, equipaggio delle ONG: che aggiungere di altro?
Alla luce di quanto avete letto adesso ci sembra quanto opportuno leggere cosa scriveva Marco Travaglio lo scorso 11 luglio su Il Fatto quotidiano. Travaglio scrive di “consegne sincronizzate grazie a comunicazioni dirette o indirette (tramite mediatori e favoreggiatori) con gli scafisti, ai quali veniva poi consentito di smontare e riprendersi i motori dai gommoni (che per legge andrebbero distrutti) e infine venivano graziosamente restituiti tre barconi, subito riutilizzati nei giorni seguenti per altri traffici di esseri umani. Sulla prua della Iuventa campeggiava il cartello ‘Fuck Imrcc’, simpatico messaggio al Centro di coordinamento Sar italiano. È lo stesso scenario descritto mesi prima dal procuratore di Catania Carmelo Zuccaro nelle audizioni in Parlamento, a proposito di altre ONG, e poi immortalato da altre indagini di varie Procure siciliane. Se poi alcune indagini (diversamente da quella di Trapani, che s’è vista confermare il sequestro della Iuventa fino in Cassazione) non hanno finora accertato reati, non significa che non abbiano acclarato fatti oggettivi”.
“Che sono l’uno il replay dell’altro e, anche quando non sono penalmente rilevanti, vanno comunque valutati per ricostruire quel che accade nel Mediterraneo. Tra l’altro, è ciò che spesso rilevavano i satelliti militari puntati sul Mediterraneo: navi di ONG salpavano all’improvviso dai porti europei (soprattutto italiani) e facevano rotta verso un punto X del mare, in simultanea o addirittura in anticipo sulla partenza di un barcone carico di migranti dalla costa libica che, guarda caso, puntava dritto verso X. Il che, salvo immaginare sistematici casi di telepatia o continue apparizioni dell’arcangelo Gabriele, dimostra un coordinamento fra scafisti (o loro complici) e ONG, sempre nel posto giusto al momento giusto per rilevare il carico umano, spesso al confine delle acque territoriali libiche, o financo oltre. In molti casi, il trafficante ‘vendeva’ a prezzo maggiorato quei viaggi ‘sicuri’, incrementando i guadagni, riducendo le spese (perché investe molto meno sui natanti e sul carburante) e azzerando il rischio che, avvicinandosi troppo alla costa italiana, qualcuno lo arrestasse. Questo modus operandi è stato più volte rivendicato dalle ONG coinvolte (sorvolando ovviamente sui contatti telefonici: ammetterli sarebbe confessare il favoreggiamento)”.
“L’argomento è – scrive sempre Travaglio -: ‘Così si salvano più vite’. Ma non è vero: le consegne sincronizzate avvengono senza pericoli di vita, dunque non sono salvataggi, ma incentivi al traffico di migranti, che infatti fino a un anno fa prosperava indisturbato, mettendo a rischio più vite ancora”.
Ora ci chiediamo e chiediamo: gli autori di questi servizi giornalistici sono tutti ‘visionari’, o hanno descritto – e, nel caso di Report, documentato con immagini – fatti accaduti che continuano ad accadere?
Infine, una riflessione sui ‘numeri’. Ogni migrante, per mettere piede su un gommone, deve pagare da 4 a 5 mila euro. Nel conto vanno messi non soltanto quelli che riescono a raggiungere l’Europa, ma anche quelli che non ce la fanno e annegano. Anche chi è annegato ha pagato 4-5 mila euro.
A chi? Questa è la vera domanda. Dell’organizzazione criminale che sta dietro a questo grande affare si sa poco o nulla. Ma non è difficile intuire l’entità del giro di soldi che sta dietro a questo sistema. Soldi ne girano parecchi: quanto basta per alimentare il sistema in mare e, soprattutto, in terra.
Perché si possono avere a disposizione tutte le navi del mondo, ma il sistema funziona solo se un Paese – guarda caso l’Italia ai tempi di Renzi – mette a disposizione i porti per tutti gli sbarchi.
Fino ad oggi nessuno ha pensato che cosa ci possa essere stato – visto che oggi non è più così, con il Ministro degli Interni Matteo Salvini messo di traverso – dietro il sì del Governo Renzi a far attraccare, in Italia (in realtà, per lo più nei porti siciliani), tutte le ONG del mondo.
Emma Bonino ci ha detto che il Governo Renzi ha fatto questo in cambio della ‘flessibilità’ concessa dall’Unione Europea. Chissà perché nessuno ha mai pensato ad ‘altro’. Quando vuole, in barba al celebre detto di andreottiana memoria, in Italia si riesce anche a non pensar male…
Così come nessuno ha pensato a un legame tra l’informazione ‘buonista’ sulle ONG – tutt’ora molto attiva – su giornali e Tv europee, e la potenzialità di corruzione di cui è capace, finanziariamente, l’organizzazione che gestisce il ‘commercio’ di esseri umani tra l’Africa e l’Europa. Guarda caso, tutto questo avviene nel pieno di una crisi economica che non sembra mai finire, con gli introiti pubblicitari in calo…

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