La Sea Watch 3 si rivolge a Strasburgo

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La Sea Watch 3 è ancora in mare. Da circa 13 giorni, la nave dell’ong tedesca è bloccata a 15 miglia da Lampedusa con a bordo 43 migranti. La situazione continua ad essere in una fase di stallo a causa della politica dei “porti chiusi” messa in opera dal Ministro dell’Interno Matteo Salvini. Tuttavia, per sbloccare la situazione, alcuni migranti a bordo hanno deciso di rivolgersi alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo allo scopo di ottenere misure provvisorie che “servono ad impedire serie e irrimediabili violazioni dei diritti umani” per il governo italiano e, dunque, consentire lo sbarco. La portavoce della Sea Watch Giorgia Linardi ha precisato che il ricorso è stato presentato in riferimento all’articolo 3 poiché il trattamento a bordo è descritto come ”inumano e degradante”.

L’impasse ha generato la mobilitazione anche della Commissione europea che dichiara: “Chiediamo agli stati membri di tenere a mente l’imperativo umanitario per i migranti a bordo della Sea Watch 3”; tuttavia così replica Salvini alla dichiarazione della portavoce della Commissione Natasha Bertaud: “L’Ue vuole risolvere il problema della Sea Watch? Facile. Nave olandese, Ong tedesca: metà migranti ad Amsterdam, l’altra metà a Berlino. E sequestro della nave pirata. Punto”. Se la situazione di stallo non verrà sbloccata, per la nave non rimarrà altro che dichiarare lo stato d’emergenza e sbarcare al porto di Lampedusa con la conseguenza, per il capitano della nave Carola Rackete, di incorrere in una multa (fino a 50mila euro) e al sequestro della nave, così come previsto dal decreto-sicurezza da poco approvato.

La diocesi di Torino, nella persona del monsignor Cesare Nosiglia, ha fatto sapere di essere disponibile ad accogliere i migranti a bordo della nave senza oneri per lo Stato ma senza trovare appoggio da parte del Ministro Salvini che così risponde: “Caro Vescovo, penso che Lei potrà destinare i soldi della Diocesi per aiutare 43 italiani in difficoltà. Per chi non rispetta la legge, i nostri porti sono chiusi”. Il braccio di ferro tra il governo italiano e le istituzioni, sia europee che nazionali, continua senza accennare a placarsi; ma a rimetterci sono sempre persone in difficoltà che sfuggono a situazioni sociali, politiche e economiche inconcepibili per chi non le vive in prima persona. Nonostante il botta e risposta istituzionale, non rimane altro che attendere oggi pomeriggio per la risposta prevista sia da parte del governo italiano che della Ong tedesca affinché la Corte di Strasburgo possa prendere una decisione.

di Sara Carullo

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