E’ che crisi di governo sia

Politica

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Di Sara Carullo

Si è aperta la crisi di governo, o meglio, verrà ufficializzata quando il Parlamento voterà la sfiducia all’attuale governo giallo-verde oppure quando il premier presenterà le proprie dimissioni, anche se quest’ultima opzione sembra non essere contemplata. Come ha infatti spiegato Giuseppe Conte durante la conferenza stampa convocata nella tarda serata di ieri 8 agosto: “La crisi da lui [Salvini] innescata sarà la più trasparente della storia repubblicana poiché parlamentarizzata”. Dunque prima che il Presidente della Repubblica Mattarella inizi le nuove consultazioni per verificare se ci possano essere condizioni favorevoli per formare un nuovo governo, bisogna sfiduciare l’attuale.

L’accelerazione della crisi di governo sarebbe derivata da una congettura estremamente favorevole: voto sulla Tav, sondaggi, la legge sul taglio dei parlamentari. Le condizioni politiche sono ideali: il M5S di fatto sconfessato come partito vergine e virtuoso, il Pd sempre più lacerato e con l’imminente scissione di Renzi, Forza Italia ormai ridotto ai limiti della soglia di sbarramento. Tutti fattori che hanno spinto il Ministro degli Interni Salvini a questa scelta: “Inutile andare avanti a colpi di NO e di litigi, come nelle ultime settimane, gli Italiani hanno bisogno di certezze e di un governo che faccia, non di “Signor No”. Non vogliamo poltrone o ministri in più, non vogliamo rimpasti o governi tecnici: dopo questo governo (che ha fatto tante cose buone) ci sono solo le elezioni. L’ho ribadito oggi al Presidente Conte: andiamo subito in Parlamento per prendere atto che non c’è più una maggioranza, come evidente dal voto sulla Tav e dai ripetuti insulti a me e alla Lega da parte degli “alleati”, e restituiamo velocemente la parola agli elettori. Le vacanze non possono essere una scusa per perdere tempo e i parlamentari (a meno che non vogliano a tutti i costi salvare la poltrona) possono tornare a lavorare la settimana prossima, come fanno milioni di Italiani”.

Salvini (forse) aveva immaginato un percorso più agevole verso le nuove elezioni, probabilmente non anticipando che il premier Conte non avrebbe ceduto così facilmente. La scelta di “parlamentarizzare la crisi” senza dimettersi in prima persona è un gesto di resistenza nei confronti della linea politica imposta dal leader del Carroccio all’intero governo. Questa mossa diventa ancora più simbolica nel momento in cui si inserisce il fattore tempo: fino al 10 settembre i parlamentari non saranno presenti a causa della chiusura per ferie delle Camere, dunque il voto slitterebbe, lasciando tempo utile per riflettere e capire come gestire al meglio la crisi. Senza contare che la Costituzione prevede che le elezioni politiche siano fissate dopo almeno 45 giorni dallo scioglimento delle camere e dopo non più di 70, considerando che per disporre il voto all’estero servono 60 giorni.

 

 

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