La disparità di genere nei premi della regata storica di Venezia

Veneto

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Elena Almansi, una delle più celebri vogatrici della manifestazione, lamenta che le donne che vincono incassano quanto gli uomini che perdono. E la colpa, dice, è del Comune

di ALBERTO FERRIGOLO  

I remi frullano. I regatati scalpitano. Le mascarete aspettano di partire. Ormai manca poco alla regata storica di Venezia del primo settembre, la più importante competizione lagunare e cittadina, 6 km di percorso lungo il Bacino di San Marco fino al Canal Grande, arrivo sotto il Ponte di Rialto ad una velocità media – a colpi di remo – di dieci chilometri l’ora. Regata preceduta e aperta dal corteo delle imbarcazioni storiche, con la vecchia Bucintoro e il Doge a bordo in testa.

Bene, nei sestieri di Venezia gli animi sono accesi come lo possono nelle contrade di Siena per il Palio. E non mancano le polemiche. Quella in corso in queste ore riguarda la parità di genere, come si può leggere sull’edizione cartacea de la Repubblica di domenica 25 agosto. Sollevata da Elena Almansi, “nata il 5 ottobre 1992, è cresciuta dondolata dall’acqua e ha fatto dell’acqua la sua vita, diventando una regatante”, importante e stimata in città che con l’australiana Jane Caporal ha fondato qualche anno fa l’associazione no profit Row Venice dedita a dare lezione di voga alle ragazze della città, istruttrici certificate di alto livello, per non disperdere la nobile tradizione.

Però Elena Almansi lamenta un diverso trattamento tra donne e uomini che vogano alla veneziana e si chiede: “Perché le donne che si classificano prime nella voga alla Regata storica ricevono un compenso come l’ultimo classificato degli uomini?” Cioè 976 euro per il premio femminile contro i 1.995 del primo classificato tra i concorrenti maschi. I

l punto è che a fissare la quotazione non è un privato, ma un ente pubblico come il Comune di Venezia che dovrebbe o, meglio, “deve garantire la stessa parità di trattamento a monte” dice Almansi. E sottolinea con forza il termine “a monte”, perché – spiega – “in genere vengono elargite delle somme ricavate da premi aggiuntivi, ma proprio perché non è una questione economica, vogliamo la parità iniziale uguale”. Insomma, somme ricavate in base ad uno sforzo supplementare per le donne in gara…

Nel tariffario dei premi, tra gli uomini ai secondi classificati vanno 1.869 euro, 1.745 ai terzi, fino al nono con 998 euro e alla riserva con 831. Per le donne il trattamento riservato è invece per le seconde di 915 euro, le terze 954 e così via, fino alla riserva che ne prende 407. Eppure non è mai stato così, fa notare la regatante. Le donne vogavano già dal ‘400, a parità con gli uomini; escluse nell’800, sono state riammesse nell’anno 1977. E la voga tra le donne, per usare volutamente un bisticcio di termini, è sempre più in voga. In città, città una vera e propria tendenza. Una sfida non solo agonistica, ma anche di principio per dimostrare al mondo intero l’uguaglianza tra uomini e donne nella voga ma anche nello sport. Un problema di genere solo dei nostri tempi e non o della Serenissima che, come dimostrano tanti documenti, retribuiva con pari ducati uomini e donne.

Racconta Elena Almansi: “Sono figlia di due grandi vogatori, mia mamma ha vinto la Regata storica quattro volte e mio padre su caorlina altrettante. I miei genitori mi regalarono da bambina un remo minuscolo. Da allora ho iniziato a vogare e non ho più smesso. Farlo significa provare un grande rispetto per l’ambiente. Purtroppo la cultura dell’acqua si sta perdendo, basti pensare al moto ondoso e al poco rispetto che c’è per le barche a remi”. Per la quale “vogare in un Canal Grande senza nessuna barca a motore e sentire il tifo delle persone che ti danno forza è un’emozione unica. E poi la bellezza della città mentre voghi ti toglie il fiato” aggiunge.

La disparità di trattamento tra i vincitori, uomini e donne, “è una questione che da anni viene posta tra chi pratica la voga, ma non la si affronta mai” spiega Elena. “Negli ultimi anni però è diventata un motivo di dibattito sempre più frequente tra noi donne e anche con gli uomini, ma non se ne viene fuori. Quattro anni fa l’Associazione regatanti ha subito una scissione da parte di un piccolo gruppo di uomini, proprio quando si è iniziato a parlare di una ripartizione più equa dei premi”. “Ma non è una questione di soldi, sarebbe riduttivo – proseguo la vogatrice – non ci battiamo per una questione economica, ma siccome ci alleniamo tantissimo e pratichiamo la voga come gli uomini, non capiamo perché dobbiamo prendere come primo premio la cifra che prende un uomo che arriva all’ultimo posto. Non solo: in tante altre regate i premi per le donne non sono proprio previsti”.

Le aperture non sono mancate negli ultimi anni, “ma è dura tradurle in una equità concreta” chiosa Elena. Disparità che riguarda anche l’uso delle barche. Le mascarete che vengono condotte dalle donne “sono più instabili, sarebbe bello poter usare i gondolini…” Come fanno gli uomini, appunto. “Ma questa sarà un’altra battaglia” giura Elena Almansi che il primo settembre scenderà in acqua in tandem con Romina Catanzaro, sua compagna di voga alla veneziana.  

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