Il governo Conte dichiara guerra alle grandi navi a Venezia

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E’ il terzo esecutivo che tenta di risolvere la questione dei colossi del mare in Laguna. Ora Franceschini assicura che entro la fine del suo mandato la questione sarà risolta

Miguel MEDINA / AFP 
Una nave da crociera nella Laguna di Venezia

Il governo Conte annuncia tempi brevi per il divieto di passaggio delle ‘grandi navi’ a Venezia, tanto discussa negli ultimi anni, soprattutto dopo l’incidente in Laguna che ha coinvolto una nave da crociera e un battello turistico. E lo fa per bocca, anzi per tweet, del ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini: “Un impegno: entro la fine del mio mandato nessuna Grande Nave passerà più davanti a San Marco. Il vincolo del MiBAC è solo il primo passo. Abbiamo perso troppo tempo e il mondo ci guarda incredulo”.

A giugno il ministero per le Infrastrutture aveva fatto sapere che entro la fine del mese avrebbe trovato una soluzione per allontanare le grandi navi dalla Giudecca e San Marco. “Sulle grandi navi a Venezia il tavolo istituzionale è da tempo in corso”, avevano sottolineano fonti del ministero, “i ministri interessati si vedranno a breve scadenza per tirare le somme sulle opzioni progettuali individuate, allo scopo di trovare la soluzione definitiva migliore”.

L’8 agosto l’Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico Settentrionale aveva convocato per il 22 agosto una riunione (la seconda) del tavolo tecnico incaricato da Danilo Toninelli, di individuare tutte le procedure tecniche necessarie per spostare le prime grandi navi sopra le 40mila tonnellate già da settembre fuori dal canale della Giudecca, utilizzando gli attracchi diffusi. Poi è arrivata la crisi del governo gialloverde e Toninelli era stato il primo il 22 agosto, alla vigilia della riunione, ad alzare le mani. 

L’ipotesi dello scavo del canale Vittorio Emanuele, aumentandone la profondità con la rimozione dei fanghi per il passaggio delle grandi navi, resta la via preferita. Ma in contemporanea si attrezzerà anche un primo terminal crocieristico a Marghera, per le navi superiori alle 96 mila tonnellate di stazza, che ora non possono entrare in laguna. Sono previsti entro il 2019 due accosti sul canale Nord nelle banchine adiacenti alla Fincantieri. Una terza nave da crociera potrà attraccare a Marghera entro il 2021 in adiacenza al canale Brentelle. In un momento successivo sarà realizzato anche il “dente” già previsto dal progetto dell’architetto Roberto D’Agostino”.

Veneziani pronti a rinunciare all’indotto

Dovrebbe essere dunque questa la soluzione alla vicenda. Anche perché. Pur di proteggere la laguna e la loro città dai danni del turismo di massa, i veneziani erano e restano sono pronti a uscire dall’indotto delle crociere. A maggior ragione se il ritorno economico non è poi così alto. Gli abitanti della Serenissima – e non solo – lo hanno detto a gran voce nel referendum consultivo organizzato domenica 18 giugno 2017 dal “Comitato No Grandi Navi” insieme ad altre associazioni ambientaliste. Dalle urne dei gazebo il messaggio è stato chiaro: il 98,7% dei votanti non vuole le grandi navi nella città lagunare. In totale, 25 mila persone hanno risposto al quesito: “Vuoi che le grandi navi da crociera restino fuori dalla laguna di Venezia e non vengano effettuati nuovi scavi all’interno della laguna?”

Passaggio vietato da cinque anni

In teoria il passaggio dei giganti dei mari era vietato dal decreto Clini-Passera del 2012, decreto che proibiva, appunto, l’ingresso nell’area alle navi di stazza superiore alle 40 mila tonnellate (sospendendolo però in attesa di verificare altre possibilità di navigazione). Ma da allora, nella Serenissima, poco è cambiato: le grandi navi da crociera continuano a entrare dalla Bocca del Lido, a passare davanti a San Marco, a imboccare il Canale della Giudecca e a raggiungere lo scalo di Marittimaattraccando in città. A solcare le acque lagunari ogni anno, sono 600 “bestioni lunghi 300 metri, larghi 40 metri e alti 60 metri”, spiega Luciano Mazzolin, tra i leader della protesta. E questo in una città dove “il piano regolatore vieta di costruire edifici più alti di quattro piani. E’ come muovere avanti e indietro per i canali un palazzo di 7-8 piani, che sposta milioni di metri cubi d’acqua, causando erosioni alle rive e alle fondamenta delle case. Inoltre, le eliche muovono i sedimenti della Laguna. Per non parlare dei fumi che inquinano l’aria”.

Gli ambientalisti: “Ritorno economico trascurabile”

Ma quanto incidono i croceristi sull’economia turistica veneziana? Poco secondo uno studio dell’Università Ca’Foscari del 2013 (quando il numero degli sbarchi era nettamente più alto),  impugnato dalle associazioni contrarie alle Grandi Navi per l’analisi costo benefici. “Parliamo di numeri bassi”, spiega all’Agi Marta Canino, leader del “Comitato No Grandi Navi” e convinta ambientalista. “I turisti che scendono dalle navi sono pochissimi: meno del 20%, e quelli che lo fanno devono pagare una tassa per restare a Venezia solo poche ore e consumare i pasti sempre negli stessi circuiti. E’ un’economia chiusa e verticale, non è un indotto. Per non parlare dell’occupazione che è fortemente precarizzata”. Calcolatrice alla mano, il ricavo – secondo lo studio – sarebbe inferiore ai 290 milioni di euro, circa il 2% del Pil di Venezia. 

Non solo: “Gran parte dei ricavi – sottolinea il rapporto – sono concentrati in poche categorie economiche che includono operatori turistici nazionali e internazionali di grandi dimensioni, mentre i costi sono sopportati da tutti i residenti nel centro storico. Coloro che percepiscono i ricavi non si fanno carico dei costi relativi alle esternalità negative generate dalle loro attività, mentre i residenti nel centro storico li subiscono involontariamente”. 

Una cifra in linea con quella calcolata dal Sole 24Ore secondo cui il traffico crocieristico porta nel complesso nelle casse italiane più di 436 milioni di euro.

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