Su Agi del 1 ottobre, Mauro Leonardi, scrive, tra l’altro: «Nel suo articolo di esordio come collaboratore del Corriere della Sera, Antonio Scurati, scrive di rigettare “con forza e, permettetemelo, con sdegno” le posizioni di coloro che affermano di essere contrari a ogni forma di “aiuto a morire” poiché sono “pro-life” e quindi difensori della vita e depositari del suo significato ultimo. Non condivido lo “sdegno” che anima l’autore… Lo sdegno dovrebbe essere un sentimento da tenere a bada nel momento in cui ci si sforza di costruire un paese come l’Italia di oggi, e cioè una nazione dai molteplici convincimenti etici, morali e religiosi: con punti di vista anche profondamente diversi su cosa siano il bene o il male… Se un cattolico dialoga con un cristiano della confessione luterana, è chiaro che avrà posizioni diverse rispetto alla figura del Papa: per questo sarebbe sbagliato proclamarsi “sdegnato” del punto di vista diverso».
A me pare ci siano cose che non devono sdegnarci e altre riguardo alle quali è giusto manifestare tutto il nostro sdegno. Riguardo alla questione sulla figura del Papa, indicata nell’esempio da Leonardi. mi sembra ovvio non ci si debba sdegnare, meno ovvio è non sdegnarsi se qualcuno, per fare un esempio fra tanti, mi viene a dire che è giusto che le donne siano sottomesse agli uomini, oppure se qualcuno mi viene a dire che l’amore omosessuale è grave peccato, perché sappiamo questi pregiudizi quanta sofferenza possono arrecare a persone innocenti. La mancanza di sdegno in certi casi sminuisce la gravità della posizione altrui. E la posizione di coloro che sono contrari a ogni forma di “aiuto a morire”, è abbastanza grave. Fosse stato per loro, Dj Fabo non avrebbe ancora smesso di soffrire. Fosse stato per loro, Marco Cappato sarebbe finito in carcere.
Renato Pierri