I ‘mondi alieni’ scoperti dai premi Nobel per la Fisica

Scienza & Tecnologia

Di

Premiati il cosmologo canadese Peebles e i planetologi svizzeri Mayor e Queloz per le scoperte relative sull’eco del Big Bang e sui primi pianeti esterni al sistema solare

Nobel fisica mondi alieni
Pegasi b

Nel 1965 l’Universo era qualcosa di semplice, quasi “vuoto”. Grazie al lavoro dei nuovi tre Nobel per la Fisica la nostra visione è completamente cambiata. James Peebles, canadese di 84 anni, è nato a Winnipeg nel 1935, e ha lavorato nell’Università americana di Princeton. Il suo lavoro ha contribuito alla predizione dell’esistenza della radiazione cosmica di fondo, la radiazione elettromagnetica che permea l’Universo e che viene considerata come l’eco del Big Bang.

Questo ci ha permesso di comprendere meglio l’evoluzione dell’Universo e del posto della Terra nel cosmo. Fondamentale è stato anche il suo contributo alla teoria della materia e dell’energia oscura, quello di cui è composto il 95 per cento del nostro Universo e che rappresentano ancora oggi un mistero.

 

L’altra metà del Nobel va a Michel Mayor, 77 anni, e Didier Queloz, 53 anni. Sono i “cacciatori” di mondi alieni. A loro si deve la scoperta nel 1995 del primo esopianeta, 51 Pegasi b, un gigante gassoso che orbita attorno a una stella a 50 anni luce di distanza.

 

Queloz era un dottorando di Mayor, quando hanno iniziato a osservare 140 stelle simili al sole per rivelare nane brune e pianeti giganti. Un giorno notarono che la stella 51 Pegasi mostrava oscillazioni periodiche interpretabili come il moto orbitale di un pianeta di massa simile a Giove.

 

La sorpresa era, però, il periodo orbitale, poco più di 4 giorni, corrispondente a un’orbita vicina alla stella, ben più vicina di Mercurio al Sole. Si trattava di una configurazione inattesa, secondo le teorie dei sistemi planetari correnti. Impiegarono un anno a ripetere le osservazioni per escludere altre ipotesi e il 6 ottobre del 1995 pubblicarono l’osservazione del primo esopianeta intorno a una stella simile al Sole.

 

Per riuscire nell’impresa hanno usato una tecnica allora pioneristica, la spettroscopia Doppler, anche conosciuta come misurazione della velocità radiale, che permette di rilevare mondi distanti, misurando come la stella madre “vacilla” al passaggio di un pianeta nella sua orbita.

 

I due astronomi stavano lavorando all’Universiità di Ginevra quando hanno fatto la scoperta. Oggi Mayor è ancora professore emerito nello stesso ateneo. Mentre Queloz lavora all’Università di Cambridge, nel Regno Unito, ed è ancora uno dei protagonisti nella caccia a nuovi pianeti. 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Traduci
Facebook
Twitter
Instagram
YouTube