Le parole di Zingaretti su Raggi agitano il Pd romano

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Tra dirigenti ed eletti filtra malumore. Nel percorso di costruzione di una intesa che possa andare anche oltre l’attuale accordo di governo, la gestione di Roma resta uno dei nodi su cui i dem cittadini chiede maggiore discontinuità

 
Nicola Zingaretti e Virginia Raggi

L’uscita di ieri di Nicola Zingaretti, in cui il segretario Pd ha sostenuto che Virginia Raggi non dovrebbe dimettersi ma “affrontare con più decisione e collegialità temi da troppo tempo irrisolti” agita i Dem romani. Tra dirigenti ed eletti da stamattina filtra malumore, c’è chi si affretta a ribadire che nonostante l’alleanza di governo non muta il giudizio di “fallimento” sull’operato della sindaca e chi le chiede di “velocizzare il suo operato”.

Perché nel percorso di costruzione di una intesa che possa andare anche oltre l’attuale accordo di governo, la gestione del Campidoglio resta uno dei nodi su cui il Pd cittadino chiede maggiore discontinuità al M5s. Dopo il rimpasto per affrontare la parte finale del suo mandato Virginia Raggi ha lanciato una apertura al dialogo con il Pd sui singoli temi, ma la distanza che si è creata tra 5 Stelle e Dem in oltre 3 anni di mandato appare difficile da colmare.

Tra una settimana, sabato 19 ottobre, dal palco della manifestazione organizzata a piazza San Giovanni il leader della Lega Matteo Salvini tornerà a chiedere le dimissioni della prima cittadina pentastellata. E il Pd in Campidoglio si trova diviso tra due fuochi: la volontà di arginare l’avanzata di Salvini in città, e quella di costruire una alternativa alla giunta M5s, visto anche che i renziani di Italia Viva non fanno mancare la critica quotidiana alla gestione della città fatta dal Movimento.

Insomma, i frequenti inciampi vissuti finora della giunta fanno sì che ad ogni discussione sulla gestione cittadina si torni a guardare subito all’orizzonte del voto per il Campidoglio con relativi mal di pancia tra gli schieramenti. Ma le urne per il Campidoglio, a scadenza regolare, arriveranno solo nella primavera-estate del 2021.

Manca ancora un anno e mezzo alla campagna elettorale e al momento nessuno schieramento appare avere un candidato di riferimento a cui preparare il terreno. Nel Pd romano il primo aspetto da chiarire è la posizione del segretario cittadino, Andrea Casu, renziano ma rimasto nei Dem, apertamente criticato da diversi esponenti ed eletti del partito.

Tra i punti all’ordine del giorno della prossima direzione c’è la richiesta di rimettere il suo mandato. Quanto alle elezioni nel Pd locale si farebbe strada l’ipotesi di cercare una possibile intesa con i 5 Stelle solamente al ballottaggio per sfidare le destre, guardando soprattutto ai dati delle ultime europee che a Roma vedono il Movimento come terza forza cittadina dopo i Dem e la Lega. Il tutto comunque a partire da un nome diverso da quello di Virginia Raggi. La stessa Lega nella sua campagna di espansione in città, in corso da almeno un anno, non ha mai esplicitato un nome per Palazzo Senatorio o se intende sostenere un esponente di Fratelli d’Italia.

Quanto ai 5 Stelle con le regole attuali del Movimento la Raggi non potrebbe ricandidarsi, a meno di non optare per una lista civica sostenuta dai pentastellati. E con la sindaca da mesi in rapporti non più così stretti con i vertici 5 Stelle. Scenari, la cui evoluzione è strettamente legata alla durata del governo con l’attuale maggioranza. Una prova di dialogo nel breve termine potrebbero verificarsi con la nomina di due assessori della giunta Zingaretti nel Lazio, in sostituzione di Gian Paolo Manzella e Lorenza Bonaccorsi divenuti sottosegretari. La scelta, a quanto filtra, dovrebbe arrivare solamente dopo le elezioni regionali in Umbria e potrebbe premiare figure gradite anche ai 5 Stelle. 

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