Stop armi alla Turchia

Attualità & Cronaca

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di Gianluca Cicinelli

A caratterizzare l’orrore per le guerre è l’ipocrisia dei governi che vendono armi a cani e porci, a regimi sanguinari, a governi alleati che d’improvviso diventano nemici e ti attaccano con le stesse bombe che gli hai venduto a caro prezzo. L’Italia non fa eccezione, anzi, per quanto riguarda l’ultima escalation della Turchia contro i curdi l’Italia ha una responsabilità pesantissima nell’aver armato il regime di Erdogan. Non ci sono segreti nei numeri che caratterizzano il mercato della morte in cui il nostro Paese è da sempre in prima fila. Ce lo racconta la relazione annuale sulla vendita di armi verso paesi stranieri, ma come detto l’ipocrsa regna sovrana e i partiti che compngono l’attuale governo hanno più volte tuonato verso questo commercio letale.

“Stop all’export agli Stati che violano diritti umani. Sottoporre vendita a controllo del Parlamento, c’è nel nostro disegno di legge”, tuonava il Movimento 5 stelle dal suo blog soltanto nel maggio scorso. “Abbiamo pronto un disegno di legge per modificare la 185/90, a prima firma del senatore Gianluca Ferrara. Cosa chiediamo con questo disegno di legge? Innanzitutto – spiega il M5S – che ci sia sovranità del Parlamento sul controllo della vendita di armi a Paesi in conflitto”. In attesa che alle parole seguano i fatti, proviamo a fare un breve sommario delle armi italiane che verranno usate per ammazzare i curdi. Secondo uno studio di quest’anno prodotto dall’Istituto di ricerca internazionale per la pace di Stoccolma, la regione mediorientale è quella che vanta la spesa militare più alta rispetto al prodotto interno lordo. La Turchia registra la percentuale di crescita più alta tra i primi 15 Stati della lista: il suo incremento in termini di spesa militare tra il 2017 e il 2018 è pari al 28% che si traducono in 19 miliardi di dollari.

Intanto va sottolineato come l’Italia esporti in grande maggioranza i suoi strumenti di morte verso paesi esterni alla Nato e all’Unione Europea,senza curarsi delle aree del mondo più instabili politicamente e militarmente. La società specializzata in questo traffico è la Finmeccanica, anche se oggi si chiama Leonardo, che non è un’industria privata visto che il suo azionista di maggioranza è il governo italiano nelle vesti del ministero dell’Economia. Stesso discorso vale per Fincantieri, che si occupa in particolare delle strutture navali con armamenti annessi. Secondo le leggi italiane ad autorizzare gli scambi di armi è principalmente il ministero degli Esteri di concerto naturalmente con quello della Difesa e in sintonia con la Presidenza del Consiglio. Esiste una legge, la 185 del 1990 secondo cui la produzione e l’esportazione di armi sono vietati “verso i paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite”. Il Kurdistan non essendo riconosciuto come Stato sovrano non rientra in questa categoria e dunque il via alla mattanza con le armi italiane è perfettamente legale.

La legge 185 del 90 obbliga il Governo a presentare una relazione annuale sul commercio. Ed è da quella presentata quest’anno, che trovate nel link in apertura dell’articolo, che prendiamo i dati resi noti dal primo governo Conte. Armi, Come detto l’Italia ha un posto di riguardo nel mercato mondiale della morte, piazzandosi al nono posto tra i maggiori esportatori di strumenti e veicoli bellici. Il principale cliente dell’Italia è la Turchia che ne acquista il 15% sul totale delle esportazioni, seguita con il 9% dall’Algeria e con il 7% da Israele. E’ proprio l’area mediorientale nel complesso il territorio più appetitoso per le armi nostrane soprattutto a partire dalla guerra in Yemen di cui nessuno parla e dalla devastazione della Siria, che ha prodotto un aumento del 75% delle nostre esportazioni laggiù.

Secondo Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Disarmo Italiana, “Le forze armate turche dispongono di diversi elicotteri T129 di fatto una licenza di coproduzione degli elicotteri italiani di AW129 Mangusta di Augusta Westland. Negli ultimi quattro anni l’Italia ha autorizzato forniture militari per 890 milioni di euro e consegnato materiale di armamento per 463 milioni di euro. In particolare nel 2018 sono state concesse 70 licenze di esportazione definitiva per un controvalore di oltre 360 milioni di euro. Tra i materiali autorizzati: armi o sistemi d’arma di calibro superiore ai 19.7mm, munizioni, bombe, siluri, arazzi, missili e accessori oltre ad apparecchiature per la direzione del tiro, aeromobili e software”.

In ottemperanza alla legge 185 del 90 che regola come detto il mercato italiano della morte, il ministro degli esteri italiano dovrebbe bloccare immediatamente la fornitura di armi alla Turchia essendo entrata in guerra senza essere minacciata dall’aggressione di un altro stato. Molti e legittimi dubbi sul fatto che questo provvedimento venga preso. A questo punto però è il Parlamento italiano, responsabile del controllo sulla fornitura di armi, che dovrebbe intervenire.

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