“Building bridges”: ponte che unisce

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A Venezia, la Città dei Ponti, l’installazione di Lorenzo Queen, simbolo di valori universali 

di Adriana Ostuni

C’è un’opera architettonica presso l’Arsenale Nord di Venezia che si erge in tutta la sua imponenza, una realizzazione generosa nelle dimensioni e dal significato profondo, che ogni giorno attira lo sguardo sorpreso di turisti italiani e stranieri: si tratta di “Building Bridges”, nome scelto dal suo stesso autore, Lorenzo Queen, e che significa appunto “Costruendo Ponti”.

Un nome suggestivo in un momento storico particolarmente delicato, dominato da inquietanti scenari di guerre sparse nei vari continenti, a cominciare da quelle più silenziose, di cui poco si parla, per finire a quel conflitto –  scatenato da un uomo che fonda il suo potere sulla violenza e sulla delegittimazione  – che in questi giorni sta catalizzando l’attenzione di tutti i media, per l’efferatezza e la spregiudicatezza con cui brandisce le sue armi distruttive anche nei confronti di donne e bambini.

L’opera, una sequenza di sei coppie di braccia tutte diverse l’una dall’altra, a indicare le differenti caratteristiche fisiche dell’uomo,  e culminante in una progressione di mani che si avvicinano, si  cercano, si sfiorano, si stringono, fino a congiungere due argini per creare un ponte, acquisisce allora un significato devastante se si considerano le situazioni attuali, andando a richiamare valori universali e senza tempo quali l’amicizia, la saggezza, l’aiuto, la fede, la speranza e l’amore.

Ecco dunque che Building Bridges  si erge brillante, in contrapposizione a chi quei valori universali cerca di calpestare in questi drammatici giorni, nel lucido tentativo di annientamento di un popolo, i Curdi,  una minoranza che da circa un secolo cerca la sua indipendenza e che, pur non avendo uno Stato autonomo, ha tentato di sperimentare un progetto di autogoverno basato su principi democratici, egualitari, ecologisti, orientati alla pacifica convivenza civile.

Una enorme installazione, frutto dell’opera umana, che si eleva con fierezza per ricordarci che l’uomo non è solo in grado di innalzare muri o, peggio, di distruggere, ma anche di costruire relazioni pacifiche. Un simbolo grandioso per sottolineare in fondo  che  gli uomini insieme, uniti nella logica costante di un proficuo dialogo interculturale,  sono in grado di realizzare grandi cose.

Una realizzazione gigantesca a Venezia, la Città dei Ponti, Patrimonio dell’umanità, per invitarci a riflettere e a superare le divisioni che inquinano i rapporti umani.  Perché le mani in fondo rappresentano proprio questo, ponti per superare le diversità.

Perché, come suggerisce Rodari in una celebre poesia, “Promemoria”, che oggi acquisisce una valenza emotiva ancora più profonda, ”Ci sono cose da fare di giorno… Ci sono cose da fare di notte… Ci sono cose da non fare mai,/né di giorno, né di notte,/né per mare, né per terra:/per esempio, la guerra”.

https://www.adrianaostuni.it/

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