Parole da salvare a difesa della lingua italiana
di Adriana Ostuni
Una lingua può dirsi viva quando non impiega stereotipi verbali precostituiti, propri o altrui, per creare comunicazione quotidiana o di carattere letterario, ma quando sa attingere al nucleo profondo delle proprie potenzialità espressive per renderle all’occorrenza concrete.
Va precisato però che, per quanta vitalità possa manifestare, nessuna lingua scritta o parlata può sopravvivere all’incuria di chi la utilizza, e l’Italia in questi anni sta manifestando una particolare disaffezione per l’idioma nazionale.
Le ragioni vanno senz’altro ricercate nelle dinamiche della nostra società globalizzata, sempre più orientata verso l’impiego di neologismi e di anglicismi, che sembrano maggiormente catturare l’interesse e l’attenzione generale, sopravanzando molto spesso nella frequenza di utilizzo i corrispettivi vocaboli italiani.
Come anche si fa ricorso a un repertorio linguistico composto di parole imprecise, svuotate di significato e di locuzioni pronte all’uso, a dimostrazione del fatto, documentato da recenti studi, che oggi gli italiani parlano peggio di una volta.
Contro questa eclissi linguistica, tutelare l’italiano non significa certo escludere i contributi che altre lingue possono portare, come è anche giusto e vitale dare spazio alle parole nuove, in virtù del principio che la lingua deve necessariamente andare di pari passo con l’evoluzione sociale.
Ma difendere la lingua significa soprattutto aprirsi al mondo mantenendo la propria identità culturale, attraverso un uso appropriato e consapevole delle parole, per tutelarla come parte essenziale del patrimonio e della ricchezza collettiva.
Basti pensare che non avremmo avuto il Risorgimento e l’Unità nazionale se non ci fosse stata una lingua comune.
In quest’ottica, appare allora ancor più meritevole di attenzione il progetto #paroledasalvare tour di Zanichelli, un’iniziativa che coinvolge le principali città italiane, da Milano, a Torino, a Firenze, a Bologna, a Palermo, e che attualmente si sta svolgendo, con epilogo sabato 26 ottobre prossimo, a Bari, in piazza Diaz, dove, nella cosiddetta #AreaZ, una grande installazione-vocabolario ospita, sulla quarta di copertina, un monitor touchscreen che propone alla cittadinanza a rotazione 5 dei 3126 lemmi da salvare.
Un progetto che si pone come finalità non solo di far conoscere una parte meno nota del nostro patrimonio lessicale, quella che contempla le cosiddette parole in via di estinzione, ma anche di sollecitare al loro impiego, per arricchire di connotati più idonei il proprio modo di comunicare.
La parola è infatti in stretta relazione con l’attività del pensare, del riflettere sulla realtà, su se stessi e sugli altri e l’impoverimento del lessico è anche spesso la causa di un impoverimento del pensiero, del modo di ragionare e della capacità di comunicare, quindi di essere in relazione con l’altro.
Attingere a un repertorio di termini più ampio ed esaustivo, che contempli vocaboli desueti ma di certo più pertinenti, significa avere una comunicazione chiara ed efficace, vale a dire, un linguaggio che eviti ridondanti giri di parole e miri a una modalità espressiva sicuramente più vivida e precisa.
Un progetto, quello di Zanichelli tour, che comporta di conseguenza la salvaguardia del nostro patrimonio lessicale, perché la lingua italiana è parte essenziale del nostro Bene Comune e spetta a tutti noi curarla, custodirla, preservarla.
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