La strategia di Salvini tra cinghiali e Draghi

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Un’agenda variegata ed eterogenea quella del leader del Carroccio che sente l’aria positiva e i consensi crescere attorno al suo partito 

Il segretario leghista ieri ha iniziato la mattinata prendendo parte a una manifestazione della Coldiretti in piazza Montecitorio, schierandosi a favore dell’abbattimento dei cinghiali, una “calamità naturale” difesa ormai solo da “qualche ambientalista da salotto”. Poi è volato a Verona per una visita a fiera Cavalli e in seguito a Bologna per presentare l’apertura ufficiale della campagna della Lega in vista del voto del 26 maggio, giovedì prossimo, al Paladozza insieme a Lucia Borgonzoni.

E proprio in Emilia-romagna tornerà per una full immersion nel weekend, con visite, appunto, alla ‘November porc’, la sagra del maiale della Bassa parmense, sabato, e poi, domenica, al Cioccolato in piazza a Carpi, nel Modenese, la fiera degli ‘Usi e costumì di Ferrara e quella dei ‘Becchì a Santarcangelo di Romagna (con l’Anpi che ha già protestato per la sua presenza). In mezzo al tour emiliano-romagnolo, sarà venerdì mattina a Firenze, per una conferenza stampa a Palazzo Vecchio in vista delle Regionali, e alla Fiera del ciclo e del motociclo a Milano, sabato. Un’agenda fittissima di appuntamenti che si ripeterà nelle prossime settimane in cui il segretario leghista batterà i territori che andranno al voto da qui all’estate del 2020.

La via l’ha indicata lo stesso Salvini, nel suo discorso di piazza San Giovanni, dal palco della manifestazione che lo ha consacrato leader della rinnovata coalizione di centrodestra. L’obiettivo ambizioso è fare cappotto: vincere tutte le prossime elezioni regionali per mandare un segnale di sfratto al governo. Dopo la vittoria – con 20 punti di scarto – in Umbria, il centrodestra vuole quindi replicare in Emilia-Romagna e Calabria a gennaio, e poi in Puglia, Marche, Calabria, Veneto, Toscana e Campania.

Nove Regioni conquistate – se così fosse – basteranno a mettere in ginocchio il governo giallorosso e ad aprire la via alle elezioni politiche anticipate? Salvini quantomeno ci spera. Giancarlo Giorgetti, che ieri in Transatlantico ha avuto una lunga chiacchierata con il vice segretario del Pd, Andrea Orlando, ultimamente segnala ai suoi i crescenti malumori e nervosismi dei dem. Certo, che se il Pd dovesse perdere in Emilia-romagna, come sono convinti i leghisti, e in Toscana, o anche solo in una di queste Regioni, il colpo sarebbe impegnativo da digerire.

Ma il presidente del Consiglio in un’intervista, è stato netto: “L’orizzonte di questo esecutivo è la fine della legislatura”, ha scandito Conte, che ha derubricato le prossime Regionali a “competizioni elettorali territoriali, non sono un voto al governo”.

“Valuteremo i risultati”, ha garantito. “Sono competizioni che potranno consentirci sicuramente di misurare lo stato dei partiti che compongono la maggioranza”. In ogni modo Salvini tira dritto col suo piano, convinto che qualche scossone primo o poi arriverà. Intanto, continua a studiare, come promesso dal palco romano, la nuova coalizione cui vuole dare vita. Le parole d’ordine sono condividere, coinvolgere e allargare.

L’apertura è al mondo del civismo a agli elettori in fuga dagli altri partiti, non solo M5s, ma anche Pd. Già da qualche mese, il segretario leghista cita spesso nei suoi comizi Enrico Berlinguer, elogiando i comunisti di una volta, che avrebbero “schifo” ora a vedere i loro successori che “frequentano più i banchieri degli operai”.

La Lega, in Emilia-Romagna e Toscana, come successo in altre Regioni del Nord, si candida a sostituire il ‘Partito’, a intercettare il voto di chi sceglieva il Pci ed è rimasto deluso dell’evoluzione che ha portato al Pd lontano dai luoghi di lavoro. In questo momento di “ricostruzione” salviniana – come lui stesso l’ha definito – alcuni commentatori vedono un avvicinamento del leghista al mondo dei moderati, quest’ultimo orfano di Forza Italia, colpita dal declino nei sondaggi.

Salvini ha però smentito più volte di avere intenzione di avviare un percorso di avvicinamento al Partito popolare europeo, come ricostruito da alcune testate. La Lega rimane saldamente nel gruppo dei sovranisti, in Europa, al momento non vi sarebbero le condizioni per un avvicinamento, né dall’una né dall’altra parte. Quanto alla moneta unica, le posizione del segretario leghista – dopo la dura campagna anti-euro delle Europee 2014 – si è ammorbidita ormai da anni. Anche se la dichiarazione di ‘non contrarietà’ (“Why not”) a un’eventuale elezione di Mario Draghi – criticato per anni – al Colle rappresenta una svolta.

Nei giorni scorsi, Salvini aveva smentito di essere a favore di un eventuale governo tecnico a guida Draghi: in caso di caduta del Conte II, l’unica via è di ridare parola al popolo con elezioni politiche anticipate, aveva chiarito. Ma, in vista dell’elezione del successore di Sergio Mattarella, il nome dell’ex governatore della Banca centrale europea – di cui è noto il rapporto con Giorgetti – potrebbe essere più gradito ai leghisti, per esempio, di quello di Romano Prodi attorno al quale il Pd starebbe lavorando, secondo le informazioni a loro disposizione.

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