Nord = 2 volte il Sud

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di Antonio Vox

Leggendo il Report dell’ISTAT, riferito al 2018, sui conti economici territoriali, viene spontaneo mettersi le mani nei capelli.

Il commento non può che essere “una tragedia per il Mezzogiorno” e, bisogna esserne convinti, conseguentemente, per tutta l’Italia.

Dire che “si è toccato il fondo” è ottimistico perché l’impressione, che si consolida sempre più come certezza, è che non esista un fondo: il regredire del Mezzogiorno non ha fine.

Lo scenario politico, economico e sociale del SUD non ha più gli elementi vitali che consentano una rinascita.

Diamo un’occhiata, ad esempio, ai tassi di crescita territoriali.

Il PIL del Mezzogiorno d’Italia, nel 2018, è cresciuto solo del +0,3%, mentre il PIL del Nord -EST è cresciuto del +1,4%.; mentre il PIL del Nord-Ovest e del Centro è cresciuto del +0,7%.

IL Nord-Est è cresciuto di oltre 4 volte rispetto al SUD! Il resto d’Italia è cresciuto di oltre 2 volte rispetto al SUD!

Quando osserviamo il PIL pro-capite, in valori assoluti, ci accorgiamo che dobbiamo confrontare i 19mila euro del SUD con gli oltre 36mila del Nord- Ovest, e i 35mila del Nord-Est. Il divario è pari a oltre il 52%: un abisso.

E il reddito per abitante? Solo € 14.000 per il SUD contro i circa € 22.000 del Nord.

Rispetto alla media nazionale, il Sud si attesta, al di sotto, del 26%.

Non bastano le performance di Sardegna e Puglia (+1,4%) e Molise (+1,2%) che dimostrano, peraltro, solo un Mezzogiorno con voglia di vivere, soffocato però da fattori che prosciugano le poche risorse disponibili.

Come corollario e conseguenza inevitabile della drammaticità dello scenario meridionale, vive e cresce nel Mezzogiorno l’incidenza dell’”economia non osservata” che è pari, addirittura, al 19,4% del valore aggiunto, contro il 14,1% del Centro, contro il 10,6% del Nord Ovest e l’11,4% nel Nord-est.

È facile concludere, populisticamente, che il SUD è dedito al malaffare.

Come sia possibile che i governi non capiscano che non sia sopportabile per un Paese un disequilibrio di tali dimensioni; come sia possibile che non si capisca che la crescita del Mezzogiorno si riverberebbe su tutto il Paese; è, di per sé, un mistero.

Il Mezzogiorno, in queste condizioni, privo di servizi e attrattività, non può che diventare un deserto perché esporta, verso altri territori e Paesi, economia, competenze, forza lavoro di qualità e intelligenze.

Non c’è dubbio che, per invertire il processo, sia necessaria una “cura da cavallo”.

Bisogna restituire l’entusiasmo di intraprendere, liberare le energie vitali, generare fattori di crescita in un ciclo di rinascita virtuosa.

“Equilibrio” è la parola magica, coniugata in ogni sua forma.

Introdurre equilibrio nella imposizione fiscale, per corrispondere quanto coerente, proporzionalmente, con i servizi disponibili, senza supplicare aiuti assistenziali;

equilibrio nella funzione della burocrazia, oggi asfissiante e demotivante, essa stessa fattore propulsivo della “economia non osservata”;

equilibrio nelle dinamiche di mercato per impedire che le risorse del Mezzogiorno vengano trasferite in altri territori in cambio del nulla, in una sorta di prosciugamento;

equilibrio nella funzione giudiziaria per raccordare il suo funzionamento alle dinamiche economico sociali.

E allora si potrà osservare, per il Mezzogiorno e a seguire per tutto il Paese, una crescita reale, virtuosa e sana, dello scenario economico sociale; si potrà garantire il recupero di attrattività fermando la tracimazione di risorse; si potrà consuntivare la decrescita della “economia non osservata”.

Guardiamo ad una terza via di una politica innovativa e non assurdamente conservativa e auto referenziale.

Antonio Vox – Coordinatore PLI delle Politiche per il Mezzogiorno

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