La Costituzione ai tempi del Corona Virus

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La politica e la storia non sempre camminano a braccetto. Dal panico scatenato dall’emergenza sanitaria alla riforma sulle intercettazioni passata in sordina alla Camera dei Deputati, passando per la strisciante crisi di governo e il venturo referendum costituzionale

Il 29 marzo 2020 dovrebbe essere la data in cui i cittadini italiani saranno chiamati alle urne per esprimere il loro parere, attraverso l’istituto referendario, sul taglio dei parlamentari proposto dalla maggioranza grillina e sostenuta, più o meno entusiasticamente, dal Partito Democratico. “Dovrebbe” perché si paventa lo spauracchio dell’emergenza da Corona Virus e infatti già c’è chi, cogliendo astutamente l’occasione, ne chiede il differimento rilevando il rischio di contagio nei seggi elettorali. In effetti, la democrazia, si sa, può essere molto pericolosa.

È giusto usare il condizionale anche perché la storia costituzionale italiana ci insegna (e qui sì che la storia va a braccetto con la politica) come, a ridosso di un referendum scomodo, sia più conveniente fingere di litigare per far saltare il banco dell’esecutivo piuttosto che passare attraverso le forche caudine del voto popolare.

La storia recente ci insegna peraltro che il popolo si serve degli istituti di consultazione popolare per confermare o delegittimare l’esecutivo di turno, anziché esprimersi sul merito del quesito. E allora si capisce che la paura del contagio aumenta vertiginosamente.

 Vero è che la politica ha il compito di affrontare le calamità che si presentano ciclicamente, ma ha soprattutto il dovere di non dimenticare la sua funzione programmatica e dirigenziale del Paese.

Dello scorso 25 febbraio è l’approvazione alla Camera dei deputati della riforma della Disciplina sulle Intercettazioni, passata più o meno in sordina. Dopotutto, nel pieno di una simile emergenza, risulterebbe parecchio stonata la musica sui diritti personali degli imputati, sul giusto processo, sulla durata ragionevole e sul diritto a non restare imputati sine die. L’emergenza sanitaria sta assorbendo tutto lo sforzo della politica e non ci si concentra su altro. Ma l’emergenza passa, la storia resta. E gli atti che verranno prodotti in questo periodo lasceranno il loro segno, nei giorni che seguiranno lo scemare del Corona Virus e fino a quando vi si porrà rimedio. Entrare nel merito delle questioni politiche e costituzionali anche in questi giorni è il sacrosanto compito di chi è deputato a farlo.

Soffermiamoci dunque sul merito. È opportuno ridurre il numero dei parlamentari attribuendo a tale circostanza la causa della mala politica? I parlamentari sono i rappresentanti del popolo, sono eletti dalle circoscrizioni territoriali che in concerto danno corpo alla sovranità del popolo all’interno dell’ordinamento dello Stato. Perché diminuire gli eletti, e non il numero dei nominati a vario titolo nel sottobosco politico costituito da enti partecipati e controllati? Perché ridurre i controllori, e non i controllati? Perché tagliare gli eletti e non i nominati? Gli italiani, popolo distratto e rarefatto, questa volta terranno bordone e non si faranno portare via l’occasione di ribadire a voce alta che la vera emergenza sta nella bassa, bassissima qualità della politica interna e non già nel numero di rappresentanti. 

La politica, con la P maiuscola, è la forma attraverso cui la sostanza della Democrazia vive e si esplica nella Storia. La politichetta dei nominati, dei sottosegretari, dei capipartito-capibastone non può e non deve prevalere sulla Democrazia Parlamentare così come era immaginata dalla nostra Costituzione.

Giandomenico Graziano  

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