Nuovi poveri. Senza cibo e senza Lavoro, un esercito di invisibili

Attualità & Cronaca

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di Stefano Milani  

Anche una scatoletta di tonno può essere preziosa. E diventare l’oggetto del desiderio di chi non riesce più a mettere insieme il pranzo con la cena. Tanti, tantissimi, sempre più italiani non si possono permettere neanche di fare la fila davanti al supermercato. Il loro portafoglio è vuoto, prosciugato dal maledetto virus. E allora la fila la fanno alla Caritas dove, in questo mese di emergenza contagio, l’utenza è aumentata in media del 40%. A preoccupare, però, non è solo il dato numerico. Alle quotidiane richieste d’aiuto si accompagna, racconta Don Andrea La Regina, responsabile macro progetti della Caritas Italiana, un diffuso “senso di vergogna” da parte di chi non avrebbe mai pensato di richiedere un soccorso materiale. Non solo, emergono anche i primi segnali “di rabbia, sintomo di malessere umano e psicologico, ai quali i territori devono saper rispondere”. E lancia un appello alle istituzioni per una “maggiore coesione territoriale. Ora è il tempo della collaborazione affinché nessuno si senta invisibile”. Ma gli invisibili sono aumentati. “Penso agli anziani soli, a coloro che non hanno un rapporto familiare stabile, come i padri separati, ai lavoratori precari, a chi aveva un lavoro in nero. In tutti cresce una sensazione di solitudine e abbandono. Tutti hanno il terrore di non essere ascoltati”, dice don Andrea. Per questo i centri telefonici delle Caritas sono stati rimodulati per venire incontro alle più svariate richieste. Un quarto aderisce al progetto FEAD, il Fondo di aiuti europei agli indigenti. I volontari non si attivano solo all’ascolto ma sono a disposizione per la spesa, l’acquisto di farmaci, il ritiro di ricette mediche. Le mense, chiuse in questo periodo, si sono riconvertite e forniscono un servizio take away all’esterno.

    Se prima a rivolgersi ai centri diocesani erano soprattutto migranti e senza fissa dimora, ora l’emergenza si allarga e coinvolge soprattutto le fasce dei lavoratori più vulnerabili. Lavoratori che, nonostante la difficoltà, non si tirano indietro. Come i dipendenti della Whirpool di Carinaro, in provincia di Caserta; che hanno scritto alla propria direzione per chiedere di devolvere un’ora della loro retribuzione all’ospedale Moscati di Aversa e un’altra ora alla Caritas provinciale. È bene ricordare che gli operai dello stabilimento campano attualmente lavorano con turni di quattro ore e mezza con conseguente taglio dello stipendio. “È un momento difficile per tutti – dicono – ma ci sembrava doveroso anche noi fare la nostra parte”.

    Niente lavoro, niente soldi, niente cibo. La sequenza è semplice nella sua drammaticità. Lo sanno bene gli operatori del Banco alimentare. Le persone che si rivolgono alla onlus, che recupera il cibo per redistribuirlo a chi ne ha bisogno, sono aumentate mediamente del 20%, con punte anche del 40% in alcune regioni del Sud. “Ci arrivano nuove domande di aiuto, anche dai sindaci dei piccoli Comuni. Ci aspettiamo una esplosione del bisogno”, racconta Giovanni Bruno, presidente della Fondazione Banco Alimentare.

    Una bomba che rischia di scoppiare a Pasqua. Secondo la Coldiretti altro che uova e colombe, aumenterà di mezzo milione il numero di poveri che hanno bisogno di aiuto per mangiare. Una nuova fetta rilevante della popolazione che si aggiunge ai quasi 2,7 milioni di persone che in Italia lo scorso anno hanno beneficiato di aiuti alimentari.

    Il risultato è che, precisa la Coldiretti, in quasi 4 case su 10 sono state accaparrate scorte di prodotti alimentari e bevande con l’accumulo nelle dispense soprattutto nell’ordine, di pasta, riso e cereali (26%), poi latte, formaggi, frutta e verdura (17%), quindi prodotti in scatola (15%), carne e pesce (14%), salumi e insaccati (7%) e vino e birra (5%). Un comportamento pericoloso per la salute, per l’attesa nelle lunghe file, ma che favorisce anche l’aumento dei prezzi con l’inflazione, le speculazioni dal campo alla tavola e anche gli sprechi di cibo in un momento delicato per le forniture alimentari del Paese.

    Una situazione che mette sotto pressione il lavoro di oltre tre milioni di persone ai quali è stato richiesto di continuare ad operare nella filiera alimentare, dalle campagne all’industrie fino ai trasporti, ai negozi e ai supermercati, per garantire continuità alle forniture di cibo e bevande alla popolazione. Per il portavoce dell’Alleanza contro la povertà, Roberto Rossini, “la misura governativa di sostegno alimentare è un primo passo, da potenziare ulteriormente. L’aspetto positivo è che si siano coinvolti i Comuni e il Terzo settore, che forse andrebbe coinvolto anche di più”. L’altro passo necessario “è snellire e semplificare in via temporanea i criteri e le procedure del Reddito di cittadinanza, per consentire rapidamente l’accesso a categorie che ne sono escluse e invece sono già povere”. In particolare, aggiunge Rossini “bisogna che in questa fase si tenga conto dell’ISEE corrente, non di quello basato sui redditi dello scorso anno. Redditi che spesso non ci sono più o sono ridotti a poco più di niente”.

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