Oltre 21 milioni gli italiani in grave difficolta’ economica

Economia & Finanza

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Uno studio dell’Universita’ della Tuscia intanto evidenzia che circa 21 milioni di persone sono in serie difficolta’ economiche, di cui la meta’ con un reddito quasi nullo. Intanto la Banca d’Italia stima una caduta del Pil attorno al 5% nel primo trimestre mentre la produzione industriale avrebbe subito un ribasso del 6%, e del 15% nel solo mese di marzo”. Va male anche il settore dell’auto: il gruppo Fca ha immatricolato a marzo nei mercati dell’Unione Europea, dell’Efta e nel Regno Unito il 74,4% in meno dello stesso mese del 2019. 

Oltre 21 milioni di persone in seria difficolta’ economica in questa emergenza coronavirus. Chi perche’ ha redditi bassissimi, al punto da dovercela fare con appena 500 euro lordi al mese e pure di meno; chi perche’ non dichiara redditi e se in passato se la cavava con il ‘nero’, oggi con il lock-down difficilmente riesce a svolgere una qualche attivita’. Una situazione, questa di chi si trova con un reddito praticamente azzerato, che accomuna circa 10 milioni di persone. E’ la fotografia che emerge da uno studio condotto nell’ambito del corso di Economia dei Tributi dell’Universita’ della Tuscia, sulla base dell’analisi di dati ufficiali. Ne risulta che ci sono quasi 7 milioni di persone tra 25 e 65 anni che non percepiscono alcun reddito: ma scomputando il numero delle casalinghe, quantificabili in circa 4 milioni, restano circa 3 milioni di soggetti totalmente sconosciuti ai fisco che “in questo periodo hanno certamente difficolta’ a svolgere qualsivoglia attivita’ produttiva di reddito, anche in totale evasione di imposta”. Ci sono poi i redditi bassi o pari a zero: si tratta di 18,5 milioni di contribuenti che dichiarano meno di 15 mila euro di reddito, di cui 7,6 milioni (il 41,29%) con redditi complessivi inferiori ai 6 mila euro, praticamente intorno a 500 euro lordi al mese. Il quadro delle difficolta’ economiche si fa ancora piu’ grave se a questi numeri si aggiungono anche le nuove attivita’ avviate negli ultimi tre anni: si tratta di oltre 1 milione di persone fisiche che hanno aperto partita Iva per avviare la propria iniziativa imprenditoriale o professionale, e che quindi si sono sobbarcate un investimento iniziale e non sono ancora abbastanza solide per affrontare questo momento di crisi. A livello geografico, le regioni in cui si concentrano maggiormente queste situazioni di difficolta’ risultano Lombardia, Campania e Lazio. Un’emergenza confermata anche dai dati della Fondazione dei consulenti del lavoro, secondo la quale il blocco, pur se temporaneo, delle attivita’ produttive per l’emergenza Covid-19 ha generato “per 3,7 milioni di lavoratori il venir meno dell’unica fonte di reddito familiare”. A pagare il prezzo piu’ alto, sono le coppie con figli (37%) e i genitori ‘single’ (12%), circostanza allarmante se si considera che “ben il 47,7% degli occupati dipendenti dei settori interessati dal ‘lockdown’ guadagnava meno di 1.250 euro mensili”, mentre “il 24,2% si trova addirittura sotto la soglia dei 1.000 euro”. 

“Sulla base delle informazioni disponibili la produzione industriale in Italia sarebbe scesa del 15 per cento in marzo e di circa il 6 nella media del primo trimestre; nei primi tre mesi del 2020 il Pil avrebbe registrato una caduta oggi valutabile attorno ai cinque punti percentuali”. È quanto si legge nel secondo bollettino economico del 2020 della Banca d’Italia, in cui si evidenzia che “nei primi mesi del 2020 gli effetti della pandemia di Covid-19 si sono riflessi sull’attività produttiva e sulla domanda aggregata di tutte le economie. Secondo nostre stime le ricadute del contagio sugli scambi internazionali potrebbero comportare una contrazione del commercio globale nel 2020 dell’ordine del 10 per cento, un’intensità analoga a quella registrata nel 2009; una valutazione simile è espressa dall’Fmi”. “Nel complesso le attività commerciali e industriali non ritenute essenziali, e come tali temporaneamente sospese dal Dpcm del 22 marzo, contribuiscono a circa il 28 per cento del totale del valore aggiunto. Ogni settimana di blocco dell’attività economica di questa portata comporta, secondo un calcolo meccanico che non considera effetti indiretti, una riduzione del Pil annuale di circa lo 0,5 per cento” sottolineano gli esperti di via Nazionale, che mettono in luce come “il protrarsi delle misure di contenimento dell’epidemia comporterà verosimilmente una contrazione del prodotto anche nel secondo trimestre, che dovrebbe essere seguita da un recupero nella seconda parte dell’anno”. “Le imprese affrontano tuttavia la crisi partendo da una struttura finanziaria più solida rispetto all’avvio della precedente recessione” si legge comunque nel bollettino.

“In Italia il ricorso alla Cassa integrazione guadagni dovrebbe avere attenuato nel mese di marzo l’impatto dell’emergenza sanitaria sul numero di occupati. Nel secondo trimestre l’occupazione potrebbe però contrarsi in misura più marcata, risentendo del mancato rinnovo di una parte dei contratti a termine in scadenza” spiega Bankitalia, che poi rileva come “il settore delle famiglie affronta l’attuale congiuntura con una solidità finanziaria maggiore rispetto a quella che aveva alla vigilia della crisi del debito sovrano. L’impatto della pandemia sui redditi può essere significativo, ma è mitigato dal basso debito, dal livello molto contenuto dei tassi di interesse e dalle misure di contrasto attuate dalle autorità”. “Le banche italiane – spiega inoltre il Bollettino – si trovano ad affrontare il deterioramento dell’economia partendo da condizioni patrimoniali e di liquidità più robuste che in passato e disponendo di una migliore qualità dell’attivo. Nell’ultimo trimestre del 2019 il flusso di nuovi crediti deteriorati in rapporto al totale dei finanziamenti è rimasto stabile. Il tasso di deterioramento dei prestiti è su livelli storicamente molto bassi sia per le famiglie sia per le imprese”. “In Italia, come in altri paesi europei – si legge ancora nel Bollettino – i corsi azionari sono caduti e il differenziale di rendimento dei titoli di Stato rispetto a quelli tedeschi si è ampliato sensibilmente; le tensioni si sono attenuate a seguito delle decisioni del Consiglio direttivo della BCE e della consistente nostra presenza sul mercato dei titoli di Stato. Il valore dei titoli pubblici italiani acquistati nell’ambito dell’APP ammontava a 382 miliardi di euro, di cui 346 acquistati dalla Banca d’Italia; 12 miliardi sono stati acquistati nel mese di marzo”. “La rapidità del recupero dell’economia dipende – conclude il Bollettino – oltre che dall’evoluzione della pandemia in Italia e all’estero, dagli sviluppi del commercio internazionale e dei mercati finanziari, dagli effetti sull’attività di alcuni settori dei servizi, dalle conseguenze su fiducia e reddito. 

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