Il Covid19 va in vacanza al mare

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Editoriale

Il pensiero libero di Luigi Mazzella*

Giacomo Leopardi, nel   Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli Italiani scrive che ai nostri connazionali manca il sentimento della società (id est: il senso del vivere collettivo in una comunità organizzata) e che, in pessimo e deleterio compenso, hanno, purtroppo, una buona dose di cinismo e d’indifferenza all’esistenza altrui.

A parere del Poeta, la ricorrenza di questa duplice circostanza non migliora la situazione complessiva di vita degli abitanti dello Stivale.

In altre parole, avviene questo: quando gli Italiani s’avvedono che qualcosa non va nella direzione dei loro interessi non solo non si preoccupano di ciò che, anche di male e di rischioso, può succedere agli altri ma diventano anche freddamente capaci di cattiverie e di nefandezze nei confronti dei loro connazionali; probabilmente anche perché sanno che, quale che sia il loro comportamento, non mancherà il perdono dei rappresentanti dell’Eterno su questa Terra.

È noto, infatti, che essi sono piuttosto di manica larga nel profondere misericordia.

Naturalmente, lungi da me ogni proposito di contraddire il Vate (che come i lettori sanno è, con Baretti, il “Nume” delle mie riflessioni), mi chiedo se la pandemia del Coronavirus soprattutto qualche misura prescrittiva dei nostri governanti, da taluni considerata una vera idiozia, non peggiori la situazione, già di per sé, non invidiabile né ammirevole degli Italiani, così mirabilmente descritta dal Recanatese. 

Una regola governativa della cosiddetta “fase 3”, consentendo, pur senza precisarlo espressamente, a un bagnino addetto al salvataggio su una spiaggia del Bel Paese di non osservare il “distanziamento sociale” di uno o due metri da chi sta per annegare tra i flutti ondosi, gli vieta, però, raggiunta la spiaggia, di tentare la respirazione “bocca a bocca” per il timore di un passaggio inconsulto del virus Covid 19dal salvatore o all’affogato o viceversa. 

Ignoro, allo stato, se la pena inflitta al bagnino, che per un istinto di generoso altruismo tentasse quell’atto estremo di salvataggio, consisterà solo in una consistente pena pecuniaria (a decurtazione del suo salario) o andrà anche oltre (i virologi, in sede di suggerimenti ai governanti di punire i reati sono particolarmente severi ed è quindi un bene per gli altri che passino, fuori pandemia, il resto del loro tempo tra provette e microscopi nell’anonimato più profondo), ma sono certo che il giudizio degli uomini particolarmente attenti al comandamento divino dell’amore per il prossimo e anche di quelli che non rinunciano a utilizzare, sia pure, con estrema moderazione (date le circostanze) la logica non potrà essere benevolo per l’inventore di una tale norma. 

Preferire che vi sia una morte sicura (per affogamento) invece che il semplice, eventuale rischio di un contagio, peraltro non necessariamente mortale, può apparire, ragionevolmente, non solo contrario alle considerazioni soprariportate dell’ateo Leopardi ma anche piuttosto conforme a una scelta di spietata ferocia nazistica che si riteneva persa per sempre. 

Naturalmente, gli Italiani che forse non sono così coraggiosi come pretendeva Mussolini (che li dichiarava addirittura “eroi”) di fronte alle amenità (almeno quelle più stolide, sorprendenti e distruttive) dei suoi governanti, non hanno saputo fare altro che ricordarsi di Don Abbondio e accettare di non potersi dare da soli quel coraggio che altri popoli, con o senza gilet colorati, trovano anche per molto meno.

Anche se i loro rappresentanti al Parlamento e al Governo hanno superato il livello di guardia per la mancanza di ogni elementare buon senso ed essi non possono certamente dirsi inconsapevoli che dall’osservanza delle regole dai virologi (emanate, ovviamente, per interposte persone) possono derivare danni alla loro incolumità, gli abitanti dello Stivale smentiscono clamorosamente anche l’aforisma di Albert Einstein, secondo cui per cambiare il mondo bisogna mutare il pensiero. 

Con un pizzico di amara auto-ironia, posso dire che, probabilmente, l’unico posto al mondo dove anche il cambiamento del pensiero non provoca assolutamente nulla è l’Italia.

Conclusione. Posso utilizzare, parafrasandola una frase della Vita di Galileo di Bertolt Brecht (Beati i popoli che non hanno bisogno di eroi), ribadendo un mio vecchio concetto sulla migliore condizione delle liberal-democrazie anglosassoni.

Dirò: Beati i popoli che, pur avendo i loro Fauci, non hanno bisogno, per neutralizzarli e ammutolirli, di leader politici e di Capi dei Governi come Donald Trump!

Luigi Mazzella*

La redazione del ‘Il Corriere Nazionale’ è lieto annoverare nella propria redazione Luigi Mazzella

Già Vicepresidente della Corte Costituzionale, Ministro della Funzione Pubblica e Avvocato Generale dello Stato emerito. Direzione di pubbliche istituzioni nazionali e regionali svolta in modo autonomo e con dirette e personali responsabilità di gestione:

  • Commissario Straordinario alla Gestione Autonoma dei Concerti dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia dal 1974 al 1978 (nominato dal Ministro dello Spettacolo On. Adolfo Sarti)
  • Commissario Governativo dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico” dal 1979 al 1986 (nominato dal Ministro della Pubblica Istruzione On. Prof. Giovanni Spadolini)
  • Commissario Straordinario dell’IDISU (poi ADISU) dell’Università di Tor Vergata di Roma, dal 1993 al 1997, nominato dalla Regione Lazio
  • Vice presidente del Consiglio di Amministrazione della Banca Nazionale del Lavoro – Sezione Autonoma di Credito Cinematografico (SACC) dal 1984 al 1990
  • Accademico dell’Accademia Filarmonica Romana e Vice presidente del Consiglio direttivo
  • Membro del Consiglio Direttivo deell’Ente Autonomo “La Biennale di Venezia” per due mandati consecutivi

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