Gianna Nannini: “Vorrei riabbracciare Maradona come in quella notte magica”

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L’artista a trent’anni da Italia ’90 racconta a La Nacion: “Diego era un mio fan, chiamò sua figlia Giannina in mio omaggio”. E rievoca ‘Un’estate italiana’, la hit ancora celebrata in Argentina con cui lei e Bennato sancirono la gloria – e la fine – dei 45 giri. Tra la caduta del Muro di Berlino e la prima Guerra del Golfo

Gianna Nannini (foto instagram)

Trent’anni dopo, Gianna Nannini quella “notte magica” se la ricorda perfettamente. Ricorda come vibrò lo stadio di San Siro quando lei e Edoardo Bennato intonarono ‘Un’estate italiana’ prima della partita Argentina-Camerun, che avrebbe inaugurato il Mondiale di Italia ’90. E ricorda più di tutto l’abbraccio con Maradona, che ha rievocato al quotidiano argentino La Nacion in una intervista telefonica dalla sua casa milanese: “Quello fu un giorno magico. L’abbraccio che ci demmo io e Diego Armando Maradona, sappiamo solo Diego e io come fu. E resterà nella storia. Quell’abbraccio di Maradona mi restò attaccato al corpo e al cuore”.

La rocker rivela che el pibe nutriva per lei una speciale ammirazione: “Era un mio fan ed è per questo che chiamò sua figlia Giannina”. La Nannini, 65 anni compiuti ma portati bene (triathlon, corsa, pilates), non cela la nostalgia per la stagione estiva di trent’anni fa, stravolta eppure non dissolta dal tempo. Giannina, secondogenita di Diego e Claudia Villafane, aveva appena un anno quella notte magica dell’8 giugno 1990, quando il papà era ancora un re ma già declinante. Oggi, dopo un’interminabile serie di dispute economiche e veleni famigliari, è stata “diseredata” dal Diez e ha reciso da tanto tempo l’unione con Sergio El Kun Agüero, l’attaccante argentino del Manchester City padre di Benjamin, che le nacque nel 2009.

Trent’anni a volte sembrano anche pochi quando ti volti a guardarli e li ritrovi: Gianna Nannini ha lasciato una porzione di cuore in quelle “notti magiche” intersecate nella cesura tra due decenni, fra la caduta del Muro di Berlino nel novembre ’89 e la prima Guerra del Golfo nell’agosto ’90. Una intersezione di “notti magiche” vissuta dal pibe tra l’umiliante partita d’apertura col Camerun, che batté i campioni del mondo in carica in uno stadio ostile, e l’agra sconfitta con la Germania nella finale dell’8 luglio, in un altro stadio ostile: l’Olimpico di Roma fischiò l’inno argentino e Diego rispose “hijos de puta”.

Scontava più che la maglietta dell’Argentina quella del Napoli con cui aveva vinto il secondo scudetto, sicché al San Paolo, nella partita in cui eliminò l’Italia, il pubblico tifava per lui mentre il resto del Paese, a conclusione delle “notti magiche”, si consolerà con il terzo posto e la stella – effimera – di Totò Schillaci capocannoniere del Mondiale con sei gol.

Il grafico della biografia di Gianna e Diego ha qualcosa d’importante in comune, che rese più consistente l’abbraccio quella sera da lei indimenticata: “Ero tornata a nascere nel 1983 e di questo ne sa qualcosa Diego Maradona”. Del periodo oscuro di una vita: “Provai la pazzia e anche la schizofrenia. So che cosa sono. Mi accadde di morire e rinascere. All’inizio degli anni ’80 stetti molto male. Ero piena di paranoie, vivevo una crisi profonda, avevo un io scisso, uno stato mentale alterato e paura di tutto”. Nel ’90 è già un’altra, dall’oscurità dello yin è riemersa nello yang, mentre Diego s’avviava verso la fase opposta.

Chissà se lui ricorda e come ricorda quell’abbraccio a San Siro: la Nannini vorrebbe saperlo, perché da allora non l’incontrò più e chissà se Diego ricorda le canzoni di lei ossia la ragione per cui battezzò Giannina la figlia poi diseredata. La Nannini, tramite La Nacion, ha consegnato un “messaggio” a Maradona: “Non lo vidi più da quando smise di giocare in Italia. Un giorno mi piacerebbe tornare a rivedere Diego per tornare ad abbracciarlo. Mi amava molto come cantante”.

Lei racconta di essere stata una volta in Argentina, a Buenos Aires, dove rispetto alla Spagna e alla stessa lingua “c’è più energia, più abbracci, grande ospitalità” e dove le piacerebbe ritornare. Quando? Chissà: il coronavirus congela anche il Paese sudamericano. Però “questo periodo ci è un po’ servito per avere tempo di pensare a noi stessi, a come si vive con gli altri, a portare rispetto reciproco che non avevamo, a condividere cose”.

C’è una magia del pallone e una magia della musica e fra pochi giorni sono trent’anni dalle “notti magiche”, forse più lontani ancora per la pandemia, o invece più afferrabili come inseguendo un gol. O risentendo una canzone di cui non hanno cancellato la melodia in Argentina.

La longevità della carriera artistica della Nannini, al pari di quella di Bennato, non ha offuscato lo scintillio di quella colonna sonora del Mondiale ’90: i due riscrissero nella nostra lingua ‘Un’estate italiana’, il cui testo originale era in inglese (‘To Be Number One’). Il brano, composto da Giorgio Moroder e Tom Whitlock, è considerato da molti il più bello di tutti gli inni dei Mondiali, anche se trent’anni fa l’assenza dei social non poteva renderlo virale come il ‘Waka Waka’ di Shakira per Sudafrica 2010.

Con ‘Un’estate italiana’ “potei arrivare a tutto il mondo” commenta la Nannini: “Con la sola lingua italiana non si può arrivare a tutto il mondo. Uno si chiede come mai una canzone, se ha a che fare con il calcio, arrivi a tutto il mondo…”. Forse può darsi una risposta chi ricorda quelle “notti magiche” che si presentarono con l’ultimo decennio del secolo scorso, scampolo finale della prima Repubblica in un Paese così diverso da questo, dove per pochi eletti già trillavano i primi pesanti telefonini; un Paese così diverso che a Italia ’90 dedicò un nuovo tipo di sigarette, le MS Mundial col logo del pallone sul pacchetto.

Il singolo ‘Un’estate italiana’, con il successo immenso nelle classifiche di quell’estate, segnò l’apice della gloria dei 45 giri, che sarebbero scomparsi in modo repentino di lì a pochissimo. Come molte altre cose e gente di cui, tuttavia, dopo trent’anni a volte si ricorda ancora l’abbraccio.

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