Dibba causa l’ira del M5s e mette in allerta il Pd 

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L’ira dei vertici M5s si è abbattuta sull’ex parlamentare grillino che, ripete più di un ‘big’ pentastellato, punta a stoppare qualsiasi modifica della regola del doppio mandato. Allarme tra i dem: “Qui si naviga a vista”

© Jacopo Landi / NurPhoto / Afp
– Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista

Mercoledì il premier Conte si limiterà ad illustrare una informativa alle Camere, “il Consiglio europeo è informale”, ha spiegato.

Ma la decisione del governo di sottrarsi alle risoluzioni di maggioranza e opposizione ha creato nuove fibrillazioni e accentuato i distinguo tra Pd e M5s. Si litiga ancora sul Mes, nonostante il premier Conte abbia detto chiaramente che “non ci sono novità” e che le eventuali valutazioni sull’utilizzo del Fondo Salva Stati ci saranno solo più avanti, quando il quadro economico sarà più chiaro. La vera novità, spiegano fonti parlamentari di M5s, che l’obiettivo è arrivare al voto sul Mes, magari all’interno di tutto il pacchetto di aiuti Ue, a settembre.

Quando occorrerà chiudere il ‘Recovery plan’ per sottoporlo all’Europa. Il Pd ne fa una questione essenziale, M5s invece continua a ripetere che non occorre prendere quei fondi e anche Lega e Fdi insistono sul fatto che l’incubo della ‘sorveglianza rafforzata’ è dietro l’angolo.

Da qui ad inizio agosto Camera e Senato saranno chiamate a convertire i decreti, in attesa che in Europa si sciolga ogni dubbio sul ‘Recovery fund’, il cui iter è sempre più rallentato. Settembre rischia quindi di essere un mese ‘caldo’, non solo perché – è il refrain’ del centrodestra – potrebbe acuirsi il disagio sociale, anche se il premier Conte oggi ha annunciato il prolungamento della Cassa integrazione e la volontà di “riformare” un meccanismo farraginoso. Fino alle regionali i rosso-gialli cercheranno di non aprire alcun varco agli affondi di Lega e FdI.

Il caso Di Battista agita il Movimento 5 stelle

E così anche le puntate del ‘caso Di Battista’ da qui all’estate sono destinate a rimanere nel recinto delle polemiche ma senza che ci siano particolari evoluzioni. Anzi la vicenda Venezuela non solo viene derubricata a fake news, ma anche ad un tentativo di “complotto” ordito per sfruttare le divisioni interne.

“È un pizzino degli americani”, dicono nel centrodestra. L’ira dei vertici M5s si è abbattuta sull’ex parlamentare grillino che, ripete più di un ‘big’ pentastellato, punta a stoppare qualsiasi modifica della regola del doppio mandato, in accordo con Casaleggio.

‘Dibba’, nonostante abbia detto di non voler terremotare l’esecutivo, mira a dettarne l’agenda. E sta costruendo un ‘tesoretto’ di voti a palazzo Madama. La più vicina a ‘Dibba’ è l’ex ministro Lezzi ma di fatto – sostiene un senatore – sta nascendo una vera e propria corrente che conta, tra l’altro, anche l’ex Giarrusso, senatori del calibro di Crucioli e Meninno mentre altri già sono stati avvicinati.

Senza contare la consistenza di un piccolo gruppo anche alla Camera e l’apporto degli europarlamentari a partire su Corrao e degli ex come Paragone che sta lavorando ad una formazione chiamata ‘Italexit’. Domani ci sarà – secondo quanto si apprende – una riunione dei membri del governo del Movimento 5 stelle.

Il tema è legato al piano della digitalizzazione del ministro Pisano ma tra le motivazioni dell’incontro c’è anche quel ‘varie ed eventuali’ che porta a supporre che il tema Dibba sarà affrontato dopo lo scontro durissimo con Grillo.

Il garante viene visto come il punto di equilibro ma la risposta lapidaria di Di Battista (“Non è d’accordo? Amen”) fa capire che una ricucitura è difficile. “Il suo gioco è fare quei tre post al giorno. è una finta gara per chi è più identitario”, spiega un deputato pentastellato. “Vuole metterci contro gli attivisti. Parla di conflitto d’interessi dimenticando il lavoro dei parlamentari”, rincara la dose un altro. Clima di veleni e sospetti dunque.

E c’è pure il ‘precedente’ della fase di gestazione del ‘Conte bis’. Quando – rileva un ‘big’ M5s – a Di Battista è stato offerto una poltrona di ministro e lui dopo qualche giorno ha rifiutato. “Non può fare l’attivista a giorni alterni”, la tesi dei vertici. La resa dei conti insomma è cominciata ma il punto di caduta non ci sarà prima di settembre. perché così come non è possibile per ora affrontare una discussione interna a M5s sul Mes, anche quando ci sarà la convocazione degli Stati generali (o di un’Assemblea costituente) il timore – anche all’interno del governo – è che la fragilità M5s possa mettere a repentaglio la navigazione della legislatura. Giorgetti oggi alla Camera parlando con un deputato della Lega notava che Di Battista sta costruendo una scialuppa di salvataggio per quando il Movimento finirà di istituzionalizzarsi.

Con Conte che si è tirato fuori dalle beghe pentastellate, spiegando che il problema dello spazio “da trovare” all’attuale presidente del Consiglio non esiste. “Tornerei a fare l’avvocato”, ha osservato. Un modo per celare il fastidio di essere tirato per la giacchetta nelle dinamiche interne a M5s e di non voler essere chiamato in causa. è chiaro del resto che Pd e M5s non vedrebbero di buon occhio un partito di Conte che toglierebbe voti ad entrambe le formazioni.

Timori nel Partito democratico

“L’operazione di una possibile candidatura a premier potrà essere condotta solo prima del voto e dovrà essere un accordo blindato”, spiega una fonte M5s. In realtà più che un direttorio nel Movimento si parla di un “comitato di transizione”, con Crimi che come ultimo atto della ‘reggenza’ potrebbe intestarsi la partita sul ‘mandato zero’.

Ma il Pd e Italia viva non sono disponibili ad attendere il ‘logoramento’ di questo governo se ‘Dibba’ dovesse portare un gruppo di parlamentari a sfilarsi. “Per ora non ha certo un grande seguito. Anzi”, taglia corto un ministro M5s. Ma la prova del nove per il governo sarà proprio il ‘Recovery plan’.

A metà luglio dovrebbe esserci un altro scostamento di bilancio e poi occorrerà scrivere tutte le norme attuative. Domani in commissione alla Camera si comincerà a votare sul Dl rilancio, poi Conte accelererà sul dl semplificazioni e sul tema delle infrastrutture. Ma il Pd non nasconde la propria preoccupazione. “Qui si naviga a vista”, allargava le braccia un esponente di governo dem oggi a Montecitorio. 

 

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