Figli dati in pegno agli usurai, per saldare i debiti di famiglia

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La criminalità organizzata produce sofferenza e asservimento psichico non solo tra chi ne fa parte ma anche in quanti con essa entrano in contatto.

Viene richiesta obbedienza e sottomissione agli imprenditori, ai commercianti e a tutte quelle famiglie che si sono trovate costrette a chiedere soldi per poter far fronte al lungo periodo di crisi posto dall’emergenza Covid.

Gli effetti psichici prodotti da queste forme di “criminalità”riguardano sia le rappresentazioni, i vissuti e le emozioni, sia il restringimento delle possibilità di progettazione personale e professionale nel proprio territorio.

La paura caratterizza fortemente il vissuto di questi “figli”, paura che si declina in diversi modi: per possibili ritorsioni nei confronti dei familiari, per l’incolumità personale, per ritorsioni sull’attività lavorativa.

In ogni caso una paura che rischia di paralizzare e distruggere psichicamente.

La violenza mafiosa che alimenta tale paura, non si manifesta solamente attraverso atti violenti ma raggiunge le sue vittime attraverso un linguaggio codificato, a un livello psico-antropologico, che annienta la vittima che ne riconosce il messaggio,che individua il mittente, che si trova costretta a rimuovere la rabbia, rischiando di rimanere pietrificata dalla paura.

L’usura è un reato che può essere praticato solo se chi lo compie riesce a incutere paura nella sua vittima in modo efficace e con effetti duraturi nel tempo.

La sudditanza psicologica che si genera tra la vittima di usura e l’organizzazione criminale è drammatica e logorante, la vita della vittima e della sua famiglia subiscono un mutamento radicale sul piano della libertà di movimento e di tutela della privacy.

Le continue pressioni psicologiche inferte da questi criminali hanno significative e inevitabili ricadute sul piano familiare, sociale, del benessere psico-fisico oltre che su un piano economico.

Il senso di fallimento che pervade la mente della vittima, soprattutto nelle fasi iniziali, è totale e molto profondo.

Tutto questo produce un rottura psichica enorme, una confusione, calo dell’autostima, cambiamento dell’identità, rotture e frammentazioni nelle reti sociali. Intimidisce sino al punto da determinare un isolamento della persona.

Spesso nelle storie delle vittime si rileva una rottura forte con la famiglia di origine.

Nonne, nonni, fratelli, padri, si ritrovano a non poter condividere le preoccupazioni e le emozioni con i propri familiari.

La solitudine e la paranoia attraversano queste esistenze dinanzi a un futuro difficile da rappresentare e incerto.

Le relazioni affettive di questi soggetti e le modalità di scambio e di reciprocità con il mondo vengono radicalmente mutate dal contatto violento con questi soggetti criminali.

La ricerca scientifica ha oggi mostrato quanto sia importante, per la salute psichica, la consapevolezza di poter contare sull’aiuto di una rete sociale composta da una gamma di legami con familiari, amici, vicini, colleghi di lavoro.

La consapevolezza della dimensione sociale nella vita di una persona, svolge una fondamentale funzione protettiva per la vita psichica: protegge, infatti, dal rischio psicopatologico e favorisce l’utilizzo delle risorse personali disponibili per affrontare le difficoltà della vita.

La vita mentale sana è tale non perché indenne dalle sofferenze, dagli stati di disagio e di disturbo, ma perché è dotata di fattori protettivi che costituiscono le risorse in grado di ricondurre costantemente all’equilibrio. 

La risposta ai cambiamenti che questi soggetti hanno dovuto subire implica un aumento del rischio psicopatologico che generalmente esprimono attraverso disturbi d’ansia e depressione.

Il doversi sottomettere, subire il pessimismo, la paranoia dentro sé stessi viene vissuto con grande sofferenza. 

Dott.ssa Maria Pia Turiello

Criminologa forense, Mediatore nell’alta conflittualità

Direttore del Dipartimento di Criminologia e di Criminologia finanziaria e Vittimologia Unifedericiana

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