L’eutanasia, il suicidio assistito, e la “regola d’oro”

Attualità & Cronaca

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Michela Marzano, in un articolo su La Repubblica del 30 novembre 2011, scriveva: “E’ difficile chiedere a un medico, la cui vocazione in fondo è quella di “far vivere”, di essere poi anche capace, in determinate circostanze, di “far morire”». In un articolo su Affaritaliani le risposi così: “E’ difficile chiederlo ad un medico contrario all’eutanasia, ma non ad un medico favorevole all’eutanasia. Un medico cristiano, ad esempio, potrebbe applicare la regola d’oro: “Quanto dunque desiderate che gli uomini vi facciano, fatelo anche voi ad essi” (Mt 7,12). Più volte, affrontando i temi gravi, importanti, dell’eutanasia e del suicidio assistito, da un punto di vista religioso, ho accennato alla “regola d’oro”. Ho l’abitudine, però, quando faccio un’affermazione, di cercare le possibili obiezioni. L’unica obiezione, a mio parere, è che il medico potrebbe desiderare per sé qualcosa di sbagliato.

In tal caso, applicando la regola d’oro, pur seguendo la propria coscienza ed essendo in buona fede, il medico commetterebbe un errore. Ma è impossibile dimostrare in base al vangelo, che sia un errore anticipare la propria morte, qualora la vita diventi insopportabile. Gesù non chiede sacrifici inutili, non necessari. Ma non bisogna imitare Cristo che si è sacrificato per noi fino alla morte? Questa è una sciocca obiezione, giacché Imitare Cristo significa compiere un sacrificio simile a quello del Cristo, un sacrificio utile, necessario, un sacrificio che abbia uno scopo ben preciso. Se Massimiliano Kolbe ad Auschwitz avesse offerto la sua vita non per salvare un padre di famiglia, ma per imitare Cristo nella forma e non nella sostanza, non sarebbe stato un santo, ma un cretino.

Diede la vita, Massimiliano Kolbe, per salvare un’altra vita, ciò significa, stando al vangelo, che non siamo obbligati a conservare la nostra vita sempre e a tutti i costi.

Per il Signore del vangelo non è importante quanto si vive, ma come si vive, compiendo il bene e non il male. La vita, quella terrena, possiamo anche perderla (cf Mt 10,39). E se a vantaggio del prossimo possiamo rinunciare ad una vita magari anche bellissima e lunghissima, per quale motivo non potremmo rinunciare a nostro vantaggio, ad una vita breve e insopportabile?

Per sostenere che anticipare la propria morte, qualora la vita diventi insostenibile, vada contro la volontà del Padre della misericordia, bisogna ricorrere alla fantasia, inventarsi sciocchezze che non trovano nessun serio fondamento nel vangelo: Dio che manda croci alle sue creature, sofferenza redentrice o altro. Ma la fantasia va lasciata da parte, quando si affrontano problemi gravi e delicati. Dio non manda croci e l’unico redentore è Cristo.

Renato Pierri

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