Teste di Ponte

Attualità & Cronaca

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Quando sento nominare i prodigi dell’ingegneria e dell’architettura, pensando al Mose, ai ponti di Calatrava (a Veneiza, Cosenza, Roma), alla Tav, a viadotti e bretelle che appena terminati sembrano già manufatti di archeologia industriale, e prima e peggio, alla Diga del Vajont, mi viene proprio da imbracciare il mitra.

Perché se si tratta di prodigi l’unica cosa certa è che gli unici a godere dei miracoli della scienza e della italica creatività, sono quelli delle cricche dei costruttori, delle  cordate del cemento, i beneficiari di tutti i problemi lasciati incancrenire in modo che diventino prima urgenza poi emergenza, da affrontare quindi con leggi speciali che aggirino quelle “normali” e vigenti, con autorità straordinarie che scavalchino soggetti di vigilanza, con fondi eccezionali distratti da altre situazioni di crisi e elargiti a piene mani, si dice, per il bene della comunità, anche se si tratta di stadi, alte velocità propagandate da quelli che fino a ieri erano per la vita, il cibo e il lavoro slow, di autostrade vuote  che sembrano uscite da Zabrinskie Point, di aeroporti da ampliare doverosamente a fronte della latitanza di turisti.

Le nostre giornate risuonano ancora della toccante cerimonia di inaugurazione dell’ultimo portento della patria di navigatori e poeti, con tanto di colonna sonora di De Andrè a conferma che da noi finisce tutto a mandolini e serenate, quel Ponte di Genova che ha rafforzato la considerazione del presidente del Consiglio perfino tra i cugini d’oltralpe che gli dedicano bonari titoli in prima, e un po’ di camouflage alla reputazione del Paese della Salerno Reggio Calabria.

È tale la meraviglia indotta dalla inusuale rapidità e efficienza della performance dell’operosità italiana, da farla diventare un format di Buon Governo  che dovrà ispirare da oggi in poi tutti i futuri cantieri della ricostruzione.

E d’altra parte, anche prima del rilancio che reca come fiore all’occhiello il decreto semplificazioni, si era capito che le procedure scelte per la realizzazione dell’opera che doveva cancellare una vergogna criminale, avrebbero aperto la strada a un nuovo corso segnato da snellimenti dinamici, cancellazione di molesti lacci e laccioli, aggiramento di fastidiosi e farraginosi controlli.

E infatti  da due anni siamo afflitti da panegirici di questa svolta funzionale e propulsiva, allegoricamente incarnata dalla strategia “Italia Shock “ a firma del leader di Italia Viva, Matteo Renzi, che ipotizza  “misure urgenti e necessarie al fine di garantire uno snellimento procedurale e la velocizzazione delle opere pubbliche nel Paese”, allo scopo di “rendere più fluide le modalità di realizzazione delle infrastrutture strategiche nazionali”, probabilmente quei 130 e passa interventi “prioritari” di avvio di cantieri e di una occupazione da Terzo Mondo interno, manuale, effimera, troppo spesso segnata da incidenti mortali oltre che da ricatti, intimidazioni e umiliazioni.

Prima ancora, il Codice Appalti del 2016 era stato oggetto di un correttivo, chiamato appunto Sblocca Cantieri, e di circa una settantina di manipolazioni e maquillage per introdurre deroghe  e liberatorie in materia di affidamenti di incarichi, appalti, procedure e contrasto alla corruzione, tutte intese a facilitare la vita delle imprese anche generando una propizi incertezza del diritto.

Come si sa l’affidamento per il nuovo Ponte si è avvalso di una procedura d’urgenza dopo la  nomina di un commissario straordinario con pieni poteri che ha provveduto all’assegnazione senza concorso alle ditte esecutrici.

E tale era la fretta e tale l’onta che era caduta su tutti gli attori coinvolti che è stato salutato come un trionfo della ragione il fatto che per progettare, realizzare, e inaugurare in tempi record una infrastruttura così importante e complessa, bastasse non applicare le leggi vigenti, bastasse che lo Stato facesse una pubblica abiura  delle stesse regole che ha emanato  scegliendo di procedere con assegnazioni specifiche: scelta del progetto, scelta dell’impresa esecutrice, e così via.

A prima vista potrebbe sembrare un successo della “cultura” sviluppista e del sistema delle imprese.

In realtà a godere di questa deregulation non possono essere che i titani del mercato, quelli che da anni vediamo entrare e uscire dalla porte girevoli dei tribulami, coinvolti in tutte le grandi opere promotrici di grandi corruzioni, con i loro stuoli di avvocati e consulenti, coi loro addetti alle relazioni istituzionali dotati di diritti di precedenza inalienabili nella anticamere  di ministri, assessori, direttori generali, amministratori pubblici.

Mentre via via si cancella inesorabilmente la miriade di piccole  medie imprese non competitive, retrocesse a indotto sempre più penalizzato, sempre meno specializzato, sempre più ricattabile, tanto da doversi avvalere di personale avvilito dalla precarietà, da remunerazioni irrisorie e incerte, dalla mancanza di requisiti di sicurezza, inadeguata  a sottostare a tutta una serie di iter e verifiche che i grandi possono delegare alle loro burocrazie interne che vantano dimestichezza e contati con quelle della pubblica amministrazione.

Chi meglio del Modello Genova incarna la consegna dei lavori e del Lavoro, quello incerto, impoverito, avvilito dalla mobilità e dalla perdita di diritti e garanzie.  Deve essere così se nelle referenze delle ditte prescelte dove vengono esibiti i successi coloniali all’estero, la presenza in cordate molto propagandate, varianti di valico, Mose, mancano i requisiti, ormai superflui per non dire sgraditi, di trasparenza e rispetto della legalità.

Dal 15 maggio la rottura con un passato discusso è sancita dal cambio di denominazione: Salini- Impregilo, che da allora si chiama Webuild, godrà da ora in poi del prestigio offertole dal nuovo Ponte che getterà un po’ di caligine benefica sulle prestazioni e i progetti dei due partner, dalle commesse del Duce alla Salini, per lo stadio in cui ricevere Hitler, alla loro bonifica di Tana Beles, patron Andreotti, dalle campagne africane, alle autostrade nell’Est, alle poliedriche iniziative in America Latina, dall’inquietante presenza negli elenchi della P2 a quella nel giro d’affari sempre aperto del Ponte sullo Stretto, insieme a Impregilo, il cui curriculum poco evidenziato per via della famigliarità col Giornale Unico, annovera inchieste per concussione e corruzione in Italia e all’estero, in particolare nei paesi dell’America Latina e dell’Africa,  e per reati riguardanti l’ambiente e la salute delle popolazioni locali. E il cui  pacchetto di controllo,  tanto per aggiungere una informazione in più,    è detenuto da IGLI S.p.A. (29,866%) che fa capo, con quote paritetiche del 33%, a Autostrade per l’Italia (gruppo Benetton), Argo Finanziaria (Gruppo Gavio) e Immobiliare Lombarda (Gruppo Sai).

Ma ormai al suono di Creuza de Mar, si può scordare la caduta nel 2016 del manager di fiducia di Zio Pietro, così veniva chiamato il capofamiglia Salini, quando intercettazioni scomode rivelarono i traffici opachi dell’alta velocità in Emilia e Toscana, e poi il ruolo di un direttore dei lavori, in rapporti di collaborazione inquietanti con la criminalità, che firma stati di avanzamento farlocchi per la Salerno -Reggio Calabria e  per il valico dei Giovi, per non dire delle “collaborazioni” strette con il famigerato Incalza al tempo delle regalie in Rolex alla dinastia Lupi, e ancora prima il ruolo dell’attuale vertice Webuild nella madre del malaffare a norme di legge, il Mose, la greppia che ha nutrito anche Fagioli SpA, insignita in questi giorni proprio per il suo contributo alla realizzazione del Ponte di Genova di un importante premio internazionale, che a Venezia è incaricata dell’installazione dei cassoni e del sollevamento e abbassamento delle paratie mobili con gli esiti tristemente noti.

Adesso possono stare tranquille le Magnum delle costruzioni, adesso possono rientrare a pieno titolo nella legalità da quando a norma di legge non è più necessario truccare gli appalti, aggirati e teleguidati all’origine, adesso che non tocca dare la mazzetta ai funzionari per sottrarsi ai controlli cancellati come fastidiosi ostacoli alla libera iniziative, adesso che le raccomandazioni sanitarie hanno superato perfino l’immaginazione degli intenti di Mani Pulite, rendendo l’eccezione una regole e l’emergenza una opportunità.

 

 

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