Modifica dei decreti sicurezza: ora integrazione e accoglienza

Attualità & Cronaca

Di

Stefano Leszczynski – Città del Vaticano

Il nuovo  provvedimento proposto dal presidente Giuseppe Conte e dal ministro dell’interno Luciana Lamorgese abolisce le norme securitarie introdotte dall’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini e punta molto sul rilancio del sistema di accoglienza e sulle misure di integrazione, senza tralasciare un ammorbidimento dei provvedimenti punitivi a carico delle Ong che soccorrono i migranti nel Mediterraneo.

“Le modifiche ai decreti sicurezza sono importanti – spiega Donatella Parisi, responsabile della comunicazione del Centro Astalli –  perché viene ripristinata una forma di protezione speciale, che segue all’abolizione della protezione umanitaria, per persone che rischiano la vita e la violazione dei diritti umani ritornando nel proprio Paese. Soprattutto si ricomincia a parlare di integrazione anche per i richiedenti asilo. Questa pagina pare essere superata anche da una modifica che prevede la reintroduzione nel sistema di protezione e accoglienza anche per i richiedenti asilo oltre che per i rifugiati”.

Ascolta l’intervista a Donatella Parisi

Donatella Parisi,nel nuovo provvedimento si fa riferimento a due figure giuridiche: quella della Protezione internazionale e quella della Protezione speciale, che differenze ci sono?

R. – Innanzitutto, nei permessi di soggiorno per protezione internazionale rientrano anche i rifugiati. In Italia viene ancora usato come parametro di riconoscimento per lo status di rifugiato la convenzione di Ginevra del 1951, che stabilisce che è tale chi subisce una persecuzione a carattere personale per motivi di razza, di religione, nazionalità o appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per opinioni politiche, quindi sono casi molto specifici ed è uno stato giuridico che noi definiamo pieno, cioè che dura 5 anni e che permette di vivere sul territorio italiano in maniera assai simile a quella di un cittadino italiano. Sono diversi i diritti di cittadinanza: non avrà diritto al passaporto, il diritto al voto, ma per il resto potrà iscriversi all’università, potrà avere un contratto di lavoro, potrà fare tutto quello che facciamo noi cittadini italiani. Poi c’è la protezione sussidiaria, che viene data a quelle persone che se rientrassero nel loro paese potrebbero correre il serio pericolo di essere perseguitati o di mettere la propria vita in pericolo. A fronte, invece, di un diniego da parte della Commissione territoriale – cioè il mancato riconoscimento dello status di rifugiato o il riconoscimento della protezione sussidiaria – ci può essere un invito a concedere una protezione speciale, quella che fino a 18 mesi fa era chiamata protezione umanitaria. In questo caso, si individua nel ritorno al paese d’origine o in un paese terzo, ad esempio la Libia, il pericolo di subire trattamenti inumani degradanti e per questo viene accordata una protezione a termine, che dura 1 o 2 anni – o anche 6 mesi a seconda dei casi specifici – e che potrà essere rinnovata se persistono le condizioni di pericolo. La novità che è contenuta in questi testi, che aspettiamo di vedere in forma ufficiale, è che c’è la possibilità di convertire i permessi per protezione speciale in permessi di soggiorno per motivi di lavoro. Questa è una cosa molto importante perché è il chiaro segno di una politica che vuole favorire l’integrazione dei migranti e dei rifugiati.

Ci sono delle novità anche per quanto riguarda un richiamo a quella che è l’importanza e la priorità umanitaria dei soccorsi in mare?

R. – Il soccorso in mare non sarà più soggetto a multe particolarmente salate e c’è una sorta di tentativo di non criminalizzare chi soccorre in mare. Il soccorso in mare è un atto dovuto ed essere soccorsi è un diritto fondamentale; questo viene ribadito e anche su questo il Centro Astalli da tempo chiede vie legali d’ingresso per chi vuole chiedere una qualche forma di protezione o semplicemente per chi vuole stabilirsi in Europa. Purtroppo, ad oggi, questo ancora non c’è. Il Centro Astalli chiede anche un’operazione sistematica di soccorso in mare per tutti coloro che sono in difficoltà, un po’ com’era Mare Nostrum. Ecco noi da tempo chiediamo che l’Italia e l’Europa tutta si faccia carico di questo tipo di operazioni, almeno finché i canali umanitari non interrromperanno il traffico di esseri umani.

Sul fronte dell’accoglienza e dell’integrazione molto era cambiato negli scorsi mesi. Quanto lavoro c’è da fare per riadattare il sistema alle nuove normative?

R. – Nel decreto si parla di un nuovo sistema di accoglienza e integrazione. Noi da tempo, da anni, crediamo nel valore e nell’efficacia di un’accoglienza diffusa, che vuol dire centri di piccole dimensioni, che accolgono poche persone e che possano lavorare sull’integrazione di queste persone fin dal primo giorno, siano esse richiedenti asilo o titolari di protezione internazionale. L’apprendimento della lingua italiana e la ricerca del lavoro, la formazione professionale sono passi importanti che garantiscono un’inclusione rapida ed efficace dei migranti e che li mettono in condizione anche di dare un contributo in termini di cultura e lavoro alla società italiana. Il fatto che i precedenti decreti li costringessero in grandi centri, in attesa a tempo indeterminato di un uscita da quel centro con un permesso di soggiorno, è una cosa che abbiamo condannato in moltissime circostanze sia come Centro Astalli, sia come Tavolo Nazionale Asilo.

Cosa rispondere a chi invece paventa ingressi indiscriminati sulla base delle modifiche ai decreti sicurezza?

R. – Ad oggi parliamo di poco più di 24.000 persone arrivate via mare sul territorio italiano, una situazione che è assolutamente gestibile. Quello che noi chiediamo è che ci sia una riforma strutturale della legge sull’immigrazione che possa prevedere quote di ingresso regolari anche per la ricerca del lavoro. Bisogna uscire dalla logica che l’immigrazione è sempre un tema legato alla sicurezza e all’emergenza. Non è un’emergenza perché è un fenomeno strutturale ed è una presenza che può contribuire alla crescita di un paese come l’Italia, se governata attraverso parametri che investano su un’accoglienza progettuale, sull’inclusione sociale, sull’integrazione e sulla valorizzazione delle diversità.

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