” Progetto danza”

Arte, Cultura & Società

Di

(Intervista, di Fedele Eugenio Boffoli, a Elizabeth Uvírová) 

Elizabeth Uvírová, ballerina e insegnante di Danze etniche e Tango argentino, è attiva da alcuni anni in Italia, molteplici le sue esperienze in campo coreutico, anche applicate al Sociale, ci racconta?

<<Sì, quest’anno sono ormai sette anni che sono attiva in Italia. Durante questi sette anni ho avuto il modo di conoscere bene la cultura italiana, soprattutto quella pugliese, collaborando con diverse persone in diverse situazioni e contesti. Grazie all’insegnamento ho conosciuto una varietà di situazioni, dalle scuole di danza, diverse collaborazioni con vari musicisti e artisti, fino ad arrivare ai contesti più particolari, quali il lavoro con dei gruppi sociali disagiati, gli immigrati, le minoranze etniche e il lavoro nell’Istituto Penale per i Minorenni di Bari, il quale ha influenzato profondamente il mio lavoro e anche il mio modo di vedere e di vivere la danza.>>

Un approccio di ballo rivolto a bambini e adulti, con riferimento alla Storia della Musica e alla Danza terapia…

<<La danza per me ha sempre rappresentato un modo di lavorare con noi stessi, con la nostra propria personalità e svilupparla. La danza è stata sin dall’antichità uno strumento di comunicazione con gli altri ed espressione di ciò che una persona o un popolo vive, essa è una testimonianza viva dell’intera umanità. E su questa idea si basa la mia concezione di danza che ha dato la vita anche al progetto “Otrotango”. Esso è un progetto di ricerca sulle Danze etniche e sul Tango argentino dal punto di vista coreutico, ma anche antropologico e terapeutico e va di pari passo con il mio progetto della tesi sulla storia del tango. “Otrotango”, come dice la parola stessa, significa “andare oltre”, la parola “tangana” in lingua originaria africana significava “camminare”, “otro” invece in spagnolo significa “diverso, l’altro”. Da cui l’idea di fare un cammino diverso dai soliti schemi, andare al di là e dare spazio all’altro, a chi è diverso da noi stessi, di esprimersi a modo suo e dialogare con gli altri. L’idea del progetto “Otrotango” nasce appunto dall’esperienza nel Carcere di Bari, a cui ho partecipato grazie all’Università, in cui ho avuto modo di lavorare con dei bravissimi artisti attivi a Bari e di maturare ancora di più la mia esperienza dell’insegnamento di danza e in particolare del Tango. L’esperienza, sia dell’insegnamento di Tango che del Tango danzato in quel contesto, mi ha riportato alle sue origini, alle sue radici, che lo vedono nato appunto nei contesti malfamati, nei quartieri periferici e poveri, dove esso veniva veramente danzato originariamente nelle carceri dai soli uomini.>>

Un’esperienza importante, significativa a più livelli…

<<Non nascondo che all’inizio è stato un bel salto nel buio, nessuno dei direttori artistici sapeva quale reazione avessimo generato, perché nel carcere c’erano sempre presenti principalmente dei laboratori teatrali e musicali. In più, il tango, è ovviamente una danza di contatto basata sullo scambio di molte energie, quindi bisognava gestire la situazione con professionalità e con molta sensibilità. Alla fine l’esperienza di danza è stata più che positiva. I ragazzi detenuti hanno rivelato il loro animo comunque dolce, giovane ed energico e il loro interesse di mettersi in gioco e di imparare delle nuove cose. Determinante è stato poi il nostro incontro con l’attore-detenuto Alex Nistor, di una straordinaria bravura, più volte partecipe agli spettacoli diretti dal regista Lello Tedeschi. Con Alex ci siamo esibiti nel tango, accompagnato dalle percussioni suonate dal vivo dagli altri ragazzi detenuti, nella performance rappresentata in occasione dell’arrivo di alcuni Ministri nell’Istituto, nell’autunno dell’anno scorso. La performance ha racchiuso ciò che sono sia le radici del Tango che le sue più moderne influenze – la musicalità tribale delle percussioni africane, la sua teatralità, il suo valore umano e sociale, la relazione uomo-donna, il dialogo culturale. Il Tango e l’Abbraccio del Tango hanno il potere di unire, di conoscere e di dialogare con gli altri, e forse per questo motivo il Tango è ormai diventato un fenomeno mondiale e un “Patrimonio immateriale dell’umanità”.>>

Tra le sue esperienze quella della “Pizzica Salentina”, un’arte arcaica e propiziatoria di energie calendariali, cosmiche e di eros… 

<<La Pizzica salentina accompagna il mio cammino in Italia sin dall’inizio e non nascondo nel dire che forse è tutto nato un po’ grazie ad essa. Innanzitutto anche essa nasce nei contesti sociali particolari, anche se non nelle metropoli, ma ovviamente nei contesti delle campagne salentine. Uno degli elementi più importanti della Pizzica è infatti l’elemento terapeutico e curativo, nell’antichità si curava attraverso essa il “pizzico della tarantola”, oggi il suo valore rimane sempre lo stesso ed essa aiuta a curare dagli altri malesseri presenti nella società di oggi. Inoltre, anche essa è comunque anche una danza ludica e sociale e quindi viene applicata in diversi contesti sociali come strumento di comunicazione e di dialogo. La magia e l’eros sono poi presenti nell’arte della danza interamente, attraverso essi si crea, si stabilisce il rapporto con noi stessi e con gli altri. Così anche la preghiera e il rapporto con le energie che vanno al di là di ciò che è semplicemente comprensibile con la nostra mente, la forza del presente, il desiderio e la speranza, che poi sono anche le fondamenta del Cristianesimo e di tante altre religioni, essenziali sia per la creazione artistica che per l’instaurazione dei legami umani e sentimentali.>>

Quale la condizione degli spettacoli e della danza in questo controverso momento di Pandemia globale?

<<Ovviamente, per il momento non si fanno né spettacoli né molto altro ed è un grande peccato perché proprio adesso la società ne ha bisogno di più. La gente ha bisogno di studiare e di conoscere cose nuove, di acculturarsi, ma anche di rilassarsi, cambiare i pensieri, ha bisogno proprio di quel valore terapeutico della danza e dell’arte, quando il suo valore ludico e sociale deve essere al momento sospeso. E’ però anche vero che l’umanità, così come la musica, il teatro e la danza, hanno già attraversato molti momenti difficili nel corso della storia che però di solito li ha rinforzati e li ha fatti evolvere tanto. Non ci resta altro che essere speranzosi, continuare ciò che facciamo e dare spazio e tutte le nuove idee che possano arricchire il nostro lavoro futuro. Direi che ciò che stiamo vivendo è un periodo d’introspezione, di una riflessione profonda sulla vita e su tante sue dinamiche e del mondo in generale. Certo, non sempre è facile ma possiamo farlo, anche usando la filosofia che il lavoro in Carcere insegna: a volte bisogna cadere per potersi rialzare. Poi, penso che a tutti noi fa bene riscoprire il vero valore dell’umanità e della libertà.>>

Quali i suoi prossimi impegni?

<<In questo periodo sto raccogliendo molte idee, cercando di fare un po’ di “ordine” nelle mie esperienze precedenti che potranno servire per il futuro lavoro di ricerca e per i futuri progetti di danza. Quest’estate ho avuto, nonostante questo periodo particolare, la possibilità di andare in Repubblica Ceca e partecipare come danzatrice al “Festival della Cultura Italiana”, a Praga, dove ho avuto modo di incontrare tante persone interessanti del campo artistico praghese. In più ho continuato il momento dell’introspezione tra i boschi cechi e nella città in cui sono cresciuta, un ritorno alle origini, diciamo; ho pure avuto modo di conoscere meglio la comunità Rom locale, con la quale mi piacerebbe nel futuro lavorare. Voglio continuare i progetti di Tango nelle carceri perché è un’esperienza in cui credo profondamente, e stabilire un dialogo multiculturale coinvolgendo le diverse minoranze etniche, avviando dei nuovi progetti di danza con la prospettiva di dare una nuova possibilità di “rinascita” e di “nuovo inizio” a chi ne ha bisogno, dimostrando che con la mente e il cuore aperto, senza pregiudizi e paure, e ovviamente con molta determinazione e volontà, è possibile fare qualsiasi cosa, e poter sempre scegliere una nuova strada.>>

Fotografia di Denisa Sterbova

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