Czerny: nel rapporto tra giovani e migranti è il futuro della società post- Covid

Teocrazia e Cristianità oltre Tevere

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Il sottosegretario della Sezione migranti e rifugiati del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale è intervenuto online a un seminario della Sophia University di Tokyo, ad un anno dalla visita del Papa. Gli insegnamenti della tradizione cristiana e dell’enciclica Fratelli Tutti come guida per le nuove generazione nel plasmare un mondo migliore dopo il virus

 

Michele Raviart – Città del Vaticano

Nel mondo che emergerà dalla pandemia di coronavirus il ruolo dei giovani sarà decisivo nel plasmare la società. Se usciremo migliori da questa crisi, infatti, sarà superando l’individualismo e aiutando le persone più vulnerabili e emarginate, come migranti e rifugiati. Queste alcune delle considerazioni esposte dal cardinale Michael Czerny, sottosegretario della Sezione migranti e rifugiati del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, nel suo intervento alla conferenza online al Catholic Jesuit Center della Sophia University di Tokyo.

Gli effetti della pandemia sui migranti

L’evento si è svolto a un anno di distanza dalla visita di Papa Francesco in Giappone e  ha compreso una serie di incontri di riflessioni sulle parole del Pontefice e, in particolare, sulla connessione tra “proteggere tutta la vita” e le sfide che il mondo sta affrontando nel fronteggiare il Covid-19. Il cardinale Czerny, partendo dalle riflessioni del Papa, nei suoi interventi degli scorsi mesi e focalizzandosi sull’enciclica Fratelli Tutti, ha invitato a soffermarsi soprattutto sugli effetti della pandemia tra migranti, rifugiati, sfollati e vittime della tratta. Anche i tempi cosiddetti “normali”, ha detto il porporato, per queste persone non sono normali. Sono infatti abituate a mesi, se non ad anni, di incertezza, ansia acuta, alimentazione e alloggi precari con difficili condizioni di salute. Vivono in un limbo legale, spesso disoccupati o a rischio di sfruttamento e abusi. Con la pandemia, poi, anche il lavoro precario è scomparso. Non possono tornare indietro nel loro Paese di origine per la chiusura dei confini e devono rimanere dove sono ora, ma con meno mezzi per sopravvivere. I governi, poi, cercano soluzioni per i propri cittadini e così, migranti e rifugiati rischiano di essere doppiamente – e a volte deliberatamente – dimenticati. Questo avviene mentre il loro contribuito alla società in questo periodo è stato fondamentale – si pensi ai braccianti agricoli o a chi si occupa di distribuzione e consegne – o mentre vivono in baraccopoli senza distanziamento sociale, in campi o in centri di detenzione.

Il “grande virus” dell’ingiustizia

La pandemia ha quindi colpito una società in cui vige un’ingiustizia diffusa – un “grande virus” che si aggiunge a quello “piccolo, ma tremendo” del Covid-19, come l’ha definita il Papa – dalla quale ci si può difendere con gli anticorpi della giustizia, della chiarezza e della solidarietà. La crisi della pandemia, infatti, ha messo in evidenza sia la nostra vulnerabilità sia la nostra interdipendenza. Ciò non è necessariamente un male, perché sono due fattori che ci uniscono e, se usciremo meglio da questi crisi, ricorda il cardinale Czerny ribadendo i punti sottolineati dal Pontefice, sarà non ricadendo nella tentazione dell’individualismo, personale o collettivo, spesso espresso sotto forma di nazionalismi politici e di ristretti interessi economici.

Gli insegnamenti della Fratelli Tutti

La risposta a questa crisi moderna può essere trovata in alcuni insegnamenti antichi della tradizione cristiana, come è chiaro dalla recente enciclica Fratelli Tutti, in cui il Papa chiede di instaurare la fraternità e l’amicizia sociale tra tutti i popoli e le nazioni. Questo, spiega il porporato, ha chiare implicazioni per le popolazioni vulnerabili come migranti e rifugiati. Idealmente, si sottolinea, le persone non dovrebbero essere costrette a migrare e hanno il diritto di sperare in una vita dignitosa e in uno sviluppo integrale nella propria patria, ma questo chiede enormi investimenti e la comunità internazionale non è molto presente. Un diritto a non emigrare dunque che è parallelo a quello di realizzarsi nella vita, quando per tragedie come la fame, la guerra e i cambiamenti climatici queste persone sono costrette a partire, meritandosi di ricercare  nuove opportunità  e sognando un futuro migliore. Tuttavia ci sono ostacoli in questo cammino, a partire da regimi nazionalisti e populisti che cercano di escludere i migranti, trincerandosi dietro a mura difensive e a una mentalità xenofobe semplicemente non compatibili con il Cristianesimo. Quando si accoglie una persona, infatti, le si permette di essere se stessa e le si dà la possibilità di un nuovo sviluppo.

L’impegno dei giovani

Il ruolo decisivo nel creare una cultura di fraternità, solidarietà e gratuità sarà quello dei giovani. Rispetto per la storia, per gli anziani, per il Creato e un impegno ad un dialogo sociale tra le generazioni e per la solidarietà sono i valori fondanti per una società migliore, che implica anche, ribadisce il cardinale Czerny, andare con apertura, verso migranti e rifugiati.

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