Incontri al confine di contatto:revenge porn

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Di Gianfranco Peragine

La “Revenge Porn” o “vendetta pornografica” è entrata a pieno titolo tra i fenomeni più preoccupanti nel mondo del social network. Tale fenomeno riguarda la cosiddetta pornografia non consensuale: è un reato concernente la pubblicazione o minaccia di pubblicazione (di solito con scopi di estorsione) di materiale video o fotografico che ritrae individui durante attività sessuali o in pose sessualmente esplicite, senza il consenso del/della “protagonista” interessato/a.

La zona di lancio di codesto materiale è la rete, i social network o i siti web pornografici; sono canali privilegiati anche le e-mail e, in particolar modo, i cellulari, con lo scopo precipuo di incrementarne il più possibile la condivisione. Sovente, oltre l’immagine o il video, sono indicati all’interno del post anche dati personali, come il nome, cognome o numero di telefono della vittima mostrando a tutto il web la sua identità esatta. Si è notato come, solitamente, la pubblicazione di tale materiale avviene per opera dell’ex partner con l’obiettivo di vendicarsi di un torto subito o della chiusura della relazione.

Come in ogni reato di matrice sessuale, anche per quanto concerne la porn revenge, la quasi totalità degli autori è di sesso maschile e le vittime risultano essere quasi sempre donne. Sebbene tale fenomeno sembri essere maggiormente diffuso tra i precedenti partner, lo possiamo riscontrare anche tra amici o amiche e conoscenti.
I casi di cronaca riportano notizie preoccupanti sulla diffusione di tale pratica. L’episodio tristemente più noto è probabilmente il caso di Tiziana Cantone ragazza che, dilaniata dall’onta che pesava sul suo nome, è voluta ricorrere all’estremo gesto pur di liberarsi dal giogo che pesava sulla sua vita.

Basta soffermarsi qualche istante per comprendere la portata psicologica devastante di tale fenomeno sulla vita della vittima.
La revenge porn può essere tranquillamente paragonata ad uno stupro per gli effetti psicologici devastanti che esso produce. Al pari di una violenza sessuale, l’intimità di una persona è violata e, per di più, è totalmente messa al bando mediante un’esposizione mediatica implacabile, un’invasione e un giudizio di estranei che non conoscono né le persone né la situazione.


Analizzando le conseguenze psicologiche nelle persone vittime di revenge porn si sono registrati, nella maggior parte dei casi, forte stress emotivo e sintomi depressivi. Frequenti sono i casi di molestie sessuali e stalking online dalle persone che sono entrate in possesso delle foto e video delle vittime. Non solo. E’ facile intuire come le ripercussioni possano ricadere soprattutto nell’ambito sociale della vittima, lambendo anche i confini della vita lavorativa. Il sentimento privilegiato che permea la giornata di una vittima di revenge porn è la vergogna suscitata dal sapere che chiunque, per strada, al lavoro, nelle palestre, praticamente ovunque, potrebbe aver visto quei contenuti.

La persona sperimenta un grande senso di insicurezza e di vulnerabilità che discende dalla potenzialità che ogni persona che abbia accesso al web possa aver visionato i contenuti incriminati. Vi è l’angoscia costante della perdita di controllo sulla propria dimensione privata.
È facile intuire come la persona che viva questa frustrante situazione quotidiana possa sviluppare anche una diagnosi di PTSD (disturbo post traumatico da stress) correlata da comportamenti ossessivi come il controllare costantemente che i contenuti sensibili non siano stati nuovamente resi pubblici e dall’ansia ricorrente scatenata dalla visione di alcuni elementi che possono riportare alla memoria quanto accaduto.

Si profila per la vittima, dunque, una perenne situazione di esposizione alla gogna pubblica.Un interessante studio si è occupato di indagare la percezione della situazione da parte di chi non si trova coinvolto direttamente come vittima o colpevole, ma che può sapere del coinvolgimento di amici o conoscenti in un caso di revenge porn. L’aspetto è stato approfondito dall’università di Bath e pubblicato sul “Journal of Criminal Psychology” (Scott, A., & Gavin, J. (2018). Revenge pornography: The influence of perpetrator-victim sex, observer sex and observer sexting experience on perceptions of seriousness and responsibility. Journal of Criminal Psychology, 8(2), 162-172.).

Lo studio poneva ad alcuni soggetti uno scenario ipotetico riguardante un caso di revenge porn (es:” Dopo essersi frequentati per più di un anno, una sera Emma (19) e Ben (20) …”). Ai soggetti era stato chiesto di rispondere ad alcune domande riguardanti la propria percezione della vicenda. Dallo studio è emerso che il 41% dei partecipanti condivide foto intime col partner, mentre il 17% le condivide anche solo con persone con cui si frequenta. In merito al dato di genere, i soggetti maschi erano più propensi a ritenere la situazione come grave quando questa includeva una vittima di sesso femminile rispetto ai casi in cui la vittima era di sesso maschile.

Il dato più interessante è sicuramente quello che riguarda la percezione dei cosiddetti non-sexters, cioè coloro che non condividono contenuti sessualmente espliciti col partner. Questi considerano la situazione come più grave degli altri ma, al contempo, sono più propensi ad attribuire alla vittima parte della responsabilità di quanto accaduto secondo la credenza per cui chi subisce vessazioni o violenze sessuali ha colpe tanto quanti chi commette il reato, pensieri comunemente traducibili con l’espressione “se l’è andata a cercare”, “poteva vestire in maniera meno provocante”, ecc ecc.


Al fine di poter contrastare questa pratica vile e annichilente è auspicabile attivare una task force su più fronti: anzitutto si può incrementare e rafforzare la presenza di centri di supporto psicologico per le vittime; in secondo luogo è bene avviare una seria campagna di educazione digitale che evidenzi come le nostre responsabilità personali valgono tanto nella realtà quotidiana tanto quanto nella realtà virtuale Infine, è necessario responsabilizzare le stesse piattaforme digitali ad un più vigoroso controllo del materiale circolante.

Dott.Gianfranco Peragine

(Foto copertina tgcom24)

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