Patrimoniale. Bene contributo grandi ricchi, ma perché a pagare non sono i politici?

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Patrimoniale. Quando i soldi scarseggiano e servono con urgenza lo spettro della patrimoniale è il primo a tornare ad aleggiare sulle tasche dei contribuenti. Una sorta di tasto rosso che lo Stato si tiene a disposizione per far fronte a un’emergenza. Per questo, di solito, imposte di tale tipo vengono decise in periodi eccezionali, in presenza di conflitti bellici o catastrofi economiche.

Patrimoniale. Patrimoniale sì, patrimoniale no. Parte del Pd dice sì, un’altra parte dice no. Il Movimento 5 Stelle la vuole e, ironia della sorte, Grillo no.

Con la pandemia in corso i soldi scarseggiano ed ecco venir fuori l’incubo patrimoniale per i contribuenti. Un tasto dolente, che lo stato tiene da parte per periodi di eccezionale difficoltà economica, quali conflitti o pandemie.

La patrimoniale è un’imposta che colpisce il patrimonio, sia mobile che immobile.

Può accadere che ci si svegli una mattina e si trovi la metà dei soldi sul conto corrente ed una casa in meno, per essere estremamente generici. In Italia accadde nel 1992, come spettro del crack finanziario, sotto il governo Amato.  Venne introdotto, nottetempo, un prelievo straordinario del 6 per mille sui conti correnti e l’Isi – che quando smise di essere straordinaria si trasformò in Ici – sugli immobili.

Quando i soldi scarseggiano e servono con urgenza lo spettro della patrimoniale è il primo a tornare ad aleggiare sulle tasche dei contribuenti. Una sorta di tasto rosso che lo Stato si tiene a disposizione per far fronte a un’emergenza. Per questo, di solito, imposte di tale tipo vengono decise in periodi eccezionali, in presenza di conflitti bellici o catastrofi economiche.

La patrimoniale torna ora in pista con un contestato emendamento alla manovra economica, firmato da Nicola Fratoianni (Leu) e Matteo Orfini (Pd), dal quale hanno preso le distanze il governo e lo stesso Pd sottolineando che non è questa la strada da percorrere. Sostanzialmente la proposta prevede un prelievo progressivo sui grandi patrimoni. Si chiede l’abolizione dell’Imu e dell’imposta di bollo sui conti correnti e di deposito titoli, per sostituirle con un’aliquota progressiva minima dello 0,2% sui grandi patrimoni la cui base imponibile è costituita da una ricchezza netta superiore a 500 mila euro e fino a 1 milione di euro per arrivare al 2% oltre i 50 milioni di euro.

Si tratta di una proposta piena di contraddizioni e nei consensi molto discussa. Non sappiamo che ne sarà. Una cosa è certa: se qualcuno deve pagare, oltre ai possessori di grandi patrimoni, perché non devono essere i politici, che certo non sono dei poveri disgraziati 

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