Quanta fiducia ripongono gli europei nel vaccino anti-Covid? Chi esita di più, e perché?

Politica

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Di Lauren Chadwick  & Lillo Montalto Monella

Un'infermiera con una boccetta di vaccino anti-Covid di Pfizer/BioNTech al Guy's Hospital di Londra l'8 dicembre scorso
Un’infermiera con una boccetta di vaccino anti-Covid di Pfizer/BioNTech al Guy’s Hospital di Londra l’8 dicembre scorso 
Diritti d’autore  Frank Augstein/Copyright 2020 The Associated Press. All rights reserved 

Mentre in diversi Paesi, dalla Russia al Regno Unito, vengono già somministrati i primi vaccini anti-coronavirus, la prossima sfida sarà convincere almeno il 70% della popolazione a farsi vaccinare. Solo così, infatti, si potrà vincere il Covid-19.

Ma quanta fiducia ripongono gli europei nel vaccino? Quante persone nei vari Stati UE si dicono disposte a farsi iniettare il farmaco?

Sono diversi i sondaggi che mostrano come gli europei siano piuttosto scettici nei confronti dei vaccini.

Uno recente, condotto su più di 13.400 persone in 19 paesi, ha rilevato come siano i polacchi i più scettici del nostro continente. Meno della metà di loro si farebbe vaccinare (42%). Stesse conclusioni di un rilevamento del World Economic Forum-Ipsos.

Più scettica dell’Italia è la Francia, dove poco più della metà della popolazione (54%) si dice disposta ad assumere il farmaco. Da noi, questa percentuale sale al 65%.

Svezia, Germania e Spagna fanno registrare livelli di scetticismo più elevati rispetto ad altri paesi sviluppati come Stati Uniti e Corea del Sud.

 

Tutti questi risultati sono in linea con un sondaggio globale datato 2019 e condotto dall’organizzazione no-profit Wellcome e dal Vaccine Confidence Project. Anche qui viene indicato che nei paesi europei la probabilità di avere fiducia nei vaccini è più bassa che nel resto del mondo.

“La tendenza generale che la nostra indagine mostra, in tutto il mondo, è che più un paese è ricco e più è economicamente sviluppato, meno la gente tende ad avere fiducia nei vaccini”, dice Imran Khan, responsabile del Wellcome Trust.

In molti di questi Paesi ricchi, l’accesso ai vaccini è maggiore, così come sono più numerose le vaccinazioni obbligatorie per l’infanzia, mentre nei Paesi più poveri, con una maggiore fiducia nei vaccini, si registrano tassi di vaccinazione inferiori dovuti ad una minore accessibilità.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) indica che lo scetticismo nei vaccini è stata una delle principali minacce per la salute globale nel 2019. In alcuni Paesi si era sulla buona strada per eliminare il morbillo, ma la malattia è tornata a circolare.

Scetticismo sui vaccini legato alla fiducia nei governi

L’indagine globale di Nature rileva che le persone con i più alti livelli di fiducia nelle informazioni dei propri governi sono anche le più propense a farsi vaccinare. Come mai?

Perché “i vaccini sono altamente regolamentati a livello globale dai governi, raccomandati dai governi, a volte richiesti o imposti dai governi”, dice la dott.ssa Heidi Larson, direttrice del Vaccine Confidence Project alla London School of Hygiene & Tropical Medicine.

“Se hai qualche problema con il tuo governo, o nutri diffidenza per come sei stato trattato dalle istituzioni… se fai parte di un gruppo emarginato, se ti senti tradito dalla leadership politica, ci penserai due volte prima di accettare un vaccino deciso dalle stesse élite che lo regolano e che potrebbero imporlo”, aggiunge Larson, una delle autrici dello studio Nature.

In Italia, dopo l’estensione dell’obbligo vaccinale da 4 a 10 malattie nel 2017, voluta dall’allora ministro della Salute, Lorenzin, è progressivamente aumentata la fiducia nei vaccini.

Chi era estremamente contrario è passato dal 18% al 4.5%. Se prima coloro che chiedevano l’obbligatorietà per tutti i vaccini erano il 23%, oggi sono il 50%. Si è ristretta anche la fascia di chi assume una posizione intermedia.

In termini sociologici, la spiegazione è semplice: “Quando la politica ha deciso di assumersi la propria responsabilità, ha spinto l’opinione pubblica al cambio di paradigma e a mostrare maggiore fiducia nelle vaccinazioni”, afferma Rubin.

Tuttavia, bisogna sottolineare che le discussioni sull’impatto della decisione del governo Gentiloni di estendere l’obbligatorietà della vaccinazione sono ancora in corso.

Esperti sempre in TV: una comunicazione continua e confusa che destabilizza l’opinione pubblica

L’indagine WEF-Ipsos, ma anche uno studio condotto insieme ad un network internazionale dal prof. Andrea Rubin, docente di Teorie Sociali all’Università di Bergamo, mostra che l’atteggiamento nei confronti del farmaco anti-Covid sia più problematico rispetto agli altri vaccini.

“I dati non sono proprio positivi”, indica Rubin. “Il 21.5% degli italiani si dichiara contrario a farsi vaccinare contro il Covid, il 37.9% dichiara che si farà vaccinare ma non subito, mentre il 36.2% dice che si farà vaccinare quando vaccini saranno disponibili. Una sorta di passo indietro”.

Come mai? “Si paga uno scotto connesso al tema della fiducia verso le istituzioni e gli esperti. Se durante nella prima ondata italiani hanno posto molta fiducia negli esperti, nel governo e nelle istituzioni, come la protezione civile, nella seconda ondata il livello di fiducia si è andato ampiamente deteriorando”.

In Italia ci dipingiamo come un popolo anti-scientista, con atteggiamenti scettici rispetto alla scienza, “ma i nostri dati dicono l’opposto”, continua Rubin. “Abbiamo molta fiducia nella scienza e negli scienziati, ma il nostro è uno sguardo non privo di critiche. Cerchiamo dalla scienza risposte definitive. Ultimamente, però, gli italiani rimproverano agli scienziati di aver creato una grande confusione con la loro costante sovraesposizione mediatica. Sono tutti i giorni in tv, sui giornali, e a volte gli esperti escono dal loro terreno di competenza. La comunicazione, così diffusa e continua nel corso di questi mesi di pandemia, ha destabilizzato, invece che tranquillizzare, l’opinione pubblica”.

Il paradosso francese

Il presidente francese, Emmanuel Macron, ha più volte sottolineato che il Paese non renderà obbligatorio il vaccino contro il Covid-19.

In Francia la fiducia nei vaccini è particolarmente bassa nei vaccini anche a causa della basso livello di credito che godono sia il governo che le case farmaceutiche agli occhi dell’opinione pubblica.

Lucie Guimier, esperta di geopolitica specializzata in salute pubblica dell’Istituto di Geopolitica dell’Università di Parigi, ha studiato il sentimento anti-vax in Francia, da sempre uno dei Paesi “più vaccinati” del mondo. Lo definisce “il paradosso francese”, essendo la Francia anche uno dei maggiori consumatori di farmaci a livello globale.

“Da un lato, bisogna tornare alla nostra storia sociale e politica. In Francia ci aspettiamo molto dallo Stato, è vero, e allo stesso tempo siamo molto critici nei confronti dello Stato”, dice Guimier. Al di là della paura dei vaccini, la resistenza a farsi vaccinare oltralpe è anche legata “alla difesa delle libertà individuali, al rifiuto dell’intrusione dello Stato nella nostra vita privata”.

Nelle città francesi, l’aumento della domanda del vaccino anti-influenzale ha creato grossi problemi di approvvigionamento. Non è raro leggere nelle vetrine delle farmacie che è andato esaurito.

Parigi ha reso obbligatori sette vaccini supplementari nel 2018, portando a undici il totale delle vaccinazioni obbligatorie per l’infanzia.

L’opinione pubblica transalpina è stata anche influenzata da diversi scandali nella Sanità. Negli anni ’90, per esempio, si è venuto a scoprire che oltre mille emofiliaci avevano ricevuto trasfusioni di sangue infetto da HIV. Più di recente, i funzionari francesi sono stati accusati di aver acquistato forniture eccessive di vaccini contro la pandemia di influenza suina, H1N1.

“I grandi scandali sanitari hanno provocato un calo [infondato] di fiducia nei vaccini”, spiega Guimier.

L’eredità del comunismo in Polonia

In Polonia, farsi vaccinare perché lo chiede il governo è “una spiacevole eco del passato regime” comunista, dice Larson. Nel Paese dell’est Europa, aggiunge, il movimento novax è altamente organizzato.

Qui sono 11 i vaccini obbligatori nell’infanzia; il numero di persone che si rifiutano di vaccinare i propri figli è aumentato tra il 2007 e il 2016, indica l’Istituto nazionale polacco di sanità pubblica, passando da 4.893 nel 2007 a 23.147 nel 2016.

Allo stesso modo, è diminuita la percentuale di bambini coperti dal vaccino contro morbillo, parotite e rosolia (MMR). Nel 2018, il tasso di vaccinazione era del 92,9% per la prima dose e del 92,4% per la dose di richiamo – al di sotto della soglia del 95% necessaria per l’immunità di tutta la popolazione.

Un recente studio del 2019 sulla fiducia nei vaccini in Polonia mostra però che le cose stanno migliorando, con un 74,6% dei polacchi che si dice convinto che i vaccini obbligatori sono sicuri.

“Nell’Europa centrale e orientale, l’atteggiamento nei confronti della vaccinazione può essere in parte plasmato dall’esperienza passata del periodo comunista, e dall’organizzazione del sistema sanitario pre-1989”, scrivono gli autori.

Le generazioni più giovani sono spesso quelle che esitano di più – e questo potrebbe essere connesso all’accesso a Internet, si legge nello studio.

L’indagine rilevato che, in media, le persone si fidano dei propri medici, ma decisamente meno del proprio governo che raccomanda i vaccini.

Preoccupazioni sulla sicurezza

C’è poi la preoccupazione legata alla sicurezza. Un’indagine condotta nel 2016 in Italia, su genitori di bambini di età compresa tra i 16 e i 36 mesi, ha rilevato che le preoccupazioni legate alla sicurezza sono decisive nella decisione di non intraprendere o interrompere il percorso vaccinale dei figli.

“Le fonti che la gente usa per informarsi sui vaccini, unita alla fiducia negli scienziati, negli esperti sanitari e più in generale nelle istituzioni, sono i punti chiave che spiegano la titubanza vaccinale in Italia”, dice a Euronews Aurea Oradini, della Scuola di Salute Pubblica Vita-Salute dell’Università San Raffaele di Milano.

Decisivi, in questo contesto, sono “fattori come non aver ricevuto dal proprio pediatra la raccomandazione di vaccinare completamente il proprio bambino; oppure aver ascoltato opinioni discordanti sulle vaccinazioni; aver incontrato genitori di bambini che hanno subito effetti collaterali; l’utilizzo di trattamenti medici non tradizionali”.

In Italia, la percentuale più alta di persone che accetterebbe il nuovo vaccino anti-Covid si ritrova tra i 30enni (o tra i più giovani, 67%) e tra coloro che hanno una laurea (69%)

I timori sulla sicurezza variano da Paese a Paese, e dipendono anche dagli studi che emergono di volta in volta su particolari vaccini.

Il dottor Xavier Bosch, professore a contratto presso la Facoltà di Scienze della Salute Open University of Catalonia, indica che le vaccinazioni contro il papillomavirus, che causa il cancro al collo dell’utero, sono state influenzate da segnalazioni di ragazze che hanno riportato successivi problemi di salute a Valencia, in Spagna – le cause, si è poi scoperto, erano di natura psicologica.

Ora, dice, “si stima che la copertura vaccinale contro l’HPV sia del 70%”.

Uno degli studi che da questo punto di vista ha fatto più danni è stato quello del 1998 ad opera del chirurgo britannico Andrew Wakefield. Suggeriva, senza fondamenti scientifici, che il vaccino contro morbillo, parotite e rosolia (MMR) potesse predisporre i bambini a disturbi dello sviluppo come l’autismo.

L’attenzione mediatica di cui ha goduto la ricerca ha influenzato i tassi di vaccinazione in tutto il mondo, nonostante la sua natura speculativa e la successiva ritrattazione da parte dell’autore.

Lo studio è stato giudicato fraudolento e Wakefield è stato radiato dal registro medico del Regno Unito.

Il Centro Europeo per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (ECDC) aggiunge che esiste anche un’errata percezione comune che il morbillo sia una malattia innocua – probabilmente un mito che deriva dal successo delle passate campagne di vaccinazione che hanno ridotto il numero di decessi (milioni, negli anni ’80; circa 122.000 nel 2012).

Dati ECDC mostrano che l’anno scorso, nei Paesi UE, ci sono stati circa 13.200 casi di morbillo. 

Bosch sottolinea che “con il Covid ci troveremo di fronte a un’altra situazione, in cui inoculeremo il vaccino a soggetti anziani e fragili”.

Questo significa che “gli effetti collaterali del vaccino si moltiplicheranno”, e in parallelo aumenteranno le preoccupazioni sulla sicurezza che invaderanno i titoli dei giornali.

L’indagine WEF-Ipsos sul vaccino anti-Covid rileva che, a livello globale, il 34% delle persone si dice preoccupato per possibili effetti collaterali. Il 33% si dice inquieto per la velocità degli studi clinici che hanno portato alla commercializzazione dei vaccini.

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