Taranto resiliente, modello Slow per le città del 2050

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#CambiamoAgricoltura: il Piano Strategico Nazionale deve riportare la Pac verso la via della transizione agroecologica

«Se Taranto svolta, può svoltare tutto il Paese». Ad affermarlo è Rinaldo Melucci – sindaco della cittadina pugliese che non ha aspettato di risolvere la propria storia industriale per immaginare il futuro del contesto urbano, economico e sociale e il benessere dei propri cittadini. L’occasione è stata la conferenza Le città che cambiano: Taranto e i nuovi ecosistemi per la resilienza urbana, organizzata insieme a Slow Food nell’ambito di Terra Madre Salone del Gusto 2020, in cui sono stati confrontati modelli di città che, proprio a partire dalle difficoltà, sono rinate, come Bogotà o Bilbao, puntando su educazione e cultura, sostenibilità e bellezza.

«In questi giorni avremmo dovuto incontrarci in Puglia in occasione di Terra Madre Taranto, ma la pandemia ce lo ha impedito. Questa conferenza è quindi un percorso che ci porterà nel 2021 alla prima edizione dell’evento voluto dal Comune di Taranto e da Slow Food per vivere e raccontare la straordinaria biodiversità di Taranto, città al centro dei progetti di Slow Food Puglia» ha raccontato Piero Sardo, presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus introducendo il dibattito.

«Per troppo tempo siamo stati periferia di quel modello di sviluppo a cui oggi il mondo mira. Ma è arrivato il momento per Taranto di raccogliere una sfida importante: diventare laboratorio nazionale di sperimentazione per l’utilizzo dei programmi italiani ed europei, come l’attualissimo Next generation Eu. Dal 2017 lavoriamo per sviluppare un modello che risponda all’Obiettivo 11, città sicure, inclusive, resilienti e sostenibili, dell’Agenda 2030 dell’Onu, recuperando le radici legate al porto, al mare, all’enogastronomia. Abbiamo racchiuso le nostre idee in Ecosistema Taranto, un documento che va oltre il singolo mandato e che vincola l’amministrazione ad attuare un piano di transizione economica, ecologica, energetica, urbanistica basato su cento valori che ci indicano la via da seguire. Nell’attuazione del piano, abbiamo scelto di fare un pezzo del percorso insieme a Slow Food che, da antesignana, ci ha indicato la strada della biodiversità agroalimentare» ha continuato Melucci.

«Trasformare le città affinchè diventino insediamenti umani più inclusivi e sostenibili è un’impresa impegnativa che esige nuove idee e paradigmi. Ecosistema Taranto può diventare il punto di riferimento affinché altre città inizino questo percorso virtuoso e in questi tempi incerti e difficili un esempio come quello di Taranto può essere di grande aiuto» ha evidenziato Carlo Petrini, presidente di Slow Food.

Si riparte dal mare quindi, con una delle filiere che Slow Food Puglia ha seguito sempre da vicino, quella della mitilicoltura per cui è stata creata la Comunità Slow Food della cozza tarantina. Il progetto, intrapreso insieme all’amministrazione comunale di Taranto, porterà alla creazione del Presidio Slow Food della cozza tarantina. Un passo importante in questo percorso è stato compiuto lo scorso 9 novembre, con la sottoscrizione del protocollo d’intesa tra il Comune di Taranto e l’azienda Novamont, gruppo internazionale leader nel settore delle bioplastiche e nello sviluppo di biochemical. Con quell’atto è partito ufficialmente il progetto sperimentale Plastic Free nel Mar Piccolo di Taranto, che prevede l’uso di retine biodegradabili e compostabili, realizzate in Mater-Bi, per la coltivazione dei mitili tarantini. Un esempio virtuoso di blue economy che si inserisce perfettamente nel quadro strategico di Ecosistema Taranto.

Ed è proprio la biodiversità il paradigma con cui, secondo gli studi di Elena Granata, esperta di sostenibilità ambientale, professoressa associata di Urbanistica del Politecnico di Milano e autrice del libro Biodivercity di Slow Food Editore, le città che partono da una condizione di assoluto svantaggio, per degrado ambientale, conflittualità, povertà, hanno compiuto le trasformazioni più significative conquistando spazi di socialità, innovazione imprenditoriale e capacità di agire sulla crisi climatica e ambientale. «Le monocolture sono molto fragili e lo dimostrano città come Taranto, Detroit e altri distretti che hanno fatto la storia. Come per il mondo vegetale e animale, le città in grado di cambiare e adattarsi, in cui è alto il tasso di variabilità tra componenti culturali e religiose, intelligenze, poveri e ricchi, resistono meglio perchè sanno mettere in campo soluzioni più innovative» ha raccontato Granata riportando l’esempio delle colombiane Bogotà e Medellin che hanno introdotto un metodo scientifico nel governo della città. È il principio dello spiazzamento per cui la risposta a grandi problemi sociali, come narcotraffico, criminalità e fame, non è lineare. «Sindaci illuminati hanno costruito biblioteche bellissime nei quartieri più poveri lavorando sul tema dell’educazione, della bellezza. Taranto risponde alla monocoltura siderurgica valorizzando la biodiversità e l’ecosistema mare ed è la strada giusta. I dati ci dicono che nel 2050 la maggior parte della popolazione vivrà in centri urbani tra 50 e 250 mila abitanti, le città del futuro saranno un ibrido di intelligenza del digitale e ritorno alla natura, ricucendo il rapporto tra tessuto urbano e contesto rurale. E il virus non ha fatto altro che accelerare questo processo, diventando il vero urbanista di una rivoluzione di livello planetario» ha concluso Granata.

«Taranto ha un genius loci formidabile dato dalla combinazione tra il suo passato fondato sulla monocoltura e le sue potenzialità naturali, come la bellissima baia e la qualità dell’ambiente e dei prodotti ittici. È un luogo paradigmatico che in questo momento può attrarre grandi risorse, come il Next generation Eu e i Btp verdi dello Stato italiano, concentrate sulla transizione ecologica. Fondamentale è quindi farsi trovare pronti con buoni progetti in grado di rivitalizzare la biodiversità di cui la città è ricca ma che è stata soffocata in passato» ha evidenziato Leonardo Becchetti, professore ordinario di Economia politica della Facoltà di Economia dell’Università di Roma Tor Vergata, co-fondatore di Next e Gioosto, e consigliere economico del ministro dell’Ambiente. «L’obiettivo è imparare a preoccuparci dell’ecosistema e valorizzare il capitale naturale perchè, acqua, aria pulita, qualità dei suoli, edilizia e trasporti sostenibili, verde urbano… sono tutti fattori che hanno un impatto sulla vita delle persone. Attivare percorsi generativi in tutti i campi, dalla finanza alla salute, è l’asso nella manica che ogni buon amministratore deve avere: dare ai cittadini gli strumenti per avere opportunità di senso nella propria vita, per sentirsi utili e protagonisti, governandone la partecipazione, è la via per attuare progetti collettivi di successo» ha concluso il più autorevole economista italiano sul tema della felicità.

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