Pandemia, chiusure attività in Sicilia: Tar del Lazio respinge ricorso

Fisco, Giustizia & Previdenza

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 Il Tar del Lazio ha respinto ricorso su ordinanza relativa alle chiusure dovute alla pandemia e in particolare per l’inserimento della regione Sicilia in “zona arancione” sollevato in particolare dalla Confcommercio.

Il Tar del Lazio rileva che non c’è stata nessuna illegittimità nell’ordinanza con la quale il 4 novembre del 2020 il Ministro della Salute ha classificato la Regione Siciliana in ‘fascia arancione’, con conseguente sospensione delle attività dei servizi di ristorazione (fra cui bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie).

Due i motivi di censura sollevati: da una parte la contestazione della classificazione compiuta; dall’altra l’esistenza di una disparità di trattamento rispetto ad altre Regioni.

Quanto alla prima censura, per i giudici “si rivela congrua la scelta dell’amministrazione di classificare come ‘arancione’ la Sicilia dal momento che l’RT, nel periodo considerato, si è significativamente e prevalentemente attestato su un valore di 1,38”.

Riguardo poi al tema della disparità di trattamento tra Regioni, per il Tar “eventuali errori commessi in fase valutativa con riguardo ad altre realtà territoriali non potrebbero giammai giustificare, proprio perché sono in giuoco taluni valori fondamentali come la salute della collettività nazionale, un trascinamento verso il basso di certi livelli di tutela”.

Infine il Tar evidenzia come “Cittadini ed operatori economici di talune realtà territoriali, ove la valutazione del rischio si è rivelata corretta dovrebbero piuttosto guardarsi bene dall’aspirare a vedersi applicate misure limitative meno stringenti soltanto per poter godere, nell’immediato, di maggiori spazi di libertà oppure di maggiori occasioni di guadagno. Una tale prospettiva si rivelerebbe scarsamente lungimirante se non proprio drammaticamente miope ove soltanto si consideri che allentare simili limitazioni – e qui interviene la triste esperienza degli ultimi mesi – potrebbe concretamente significare non soltanto un maggior rischio per la salute (data la più ampia esposizione ai contagi) ma anche, ‘a cascata’, un ben più rilevante danno per l’economia stessa, atteso che un drastico peggioramento della situazione epidemiologica potrebbe infine determinare l’adozione di interventi ancor più rigorosi di quelli in essere (mediante il transito da ‘zona arancione’ a ‘zona rossa’)”.  

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