Da Voltagabbana a Costruttori. L’Italia degli eufemismi

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«AAA, Cercasi volenterosi “costruttori”, per inserimento tra “responsabili” della Res Pubblica, con interessante prospettiva di carriera. Si assicura compenso adeguato per un biennio (sino a 300.000 euro), anche rinnovabile, benefits e viaggi gratis. E’ necessaria attitudine all’intraprendenza, pochi scrupoli, ambizione. Il candidato deve possedere ottima dialettica volta a difendere l’indifendibile, nonché la padronanza degli eufemismi. Titolo di privilegio la predisposizione a non arrossire e l’attitudine di ripetizione sino allo sfinimento della formula finale «…per il bene del Paese».

Un avviso così non lo si vedrà mai fisicamente nelle bacheche della politica, ma attraverso il passa parola sì. Un tempo, “Piano piano, terra terra, sottovoce, sibilando, va scorrendo, va ronzando… (dal Barbiere di Siviglia di Rossini, libretto di Cesare Sterbini) ”, oggi, liberamente invocato a voce alta al riparo della mascherina dal presidente del Consiglio. Non si rischia così di incoraggiare l’infedeltà politica e l’irrisione degli ideali? E ancora, che ne pensa l’alleato cinque stelle promotore di un progetto di abrogazione del “non vincolo di mandato”?

 L’Italia canora che applaudì i versi di Sterbini, è ora il Paese degli eufemismi. Un tempo non vi era nulla di male chiamare le cose col proprio storico nome, oggi no, occorre mitigare: ”per scrupolo religioso o morale o per riguardi sociali o per altro, l’espressione propria e usuale va sostituita con altra di significato attenuato”, come ci dice la Treccani. Cosicché non si muore più ma si dipartisce, o si manca. Addio facchini e spazzini, benvenuti portabagagli e operatori ecologici. Ci è venuto meno anche il coraggio dell’uso della parola “mutanda”, oggi molto meglio indumento intimo, che sempre mutanda è.

E così, ingentilisce oggi e ingentilisci domani, anche i voltagabbana della politica, i cambia casacca, le banderuole, un tempo inaffidabili e reietti si mutano in responsabili, costruttori, pontieri, secondo di chi divengono stampella. Ove, poi, tutto ciò avvenga unicamente per “sfangare” il giudizio del popolo sovrano in libere elezioni, be’, la qual cosa dovrebbe porsi seriamente all’attenzione del Capo dello Stato.

Perché usasi dire voltagabbana? Viene da “gabbana”, una sorta di cappotto o mantello con cappuccio, spesso foderato e con la caratteristica di poter essere rivoltato. Era portato anche dai militari che usato al rovescio rendevano più difficile riconoscere la loro uniforme, in caso di tradimento, diserzione e fuga.

Purtroppo la nostra Costituzione, come accennato, non prevede un vincolo di mandato, vale a dire fedeltà al programma ed al partito in cui si è stati eletti in parlamento. Una volta ottenuto lo scranno si fa quello che si può e si vuole, tipo passeggiare da un punto all’altro dell’emiciclo, sostando or qua, or là, senza dover rendere conto al proprio elettorato e senza che mal gliene incolga.  “Tout passe, tout lasse et tout se remplace”.

Sono decine, solo in questa legislatura, i mutanti che spostatisi da un punto all’altro dell’emiciclo sono andati alla ricerca del ramo buono su cui allignare.

Nostalgici, forse,  dei magnifici sceneggiati in bianco e nero di Fenoglio, scritti da Federico Zardi, quali «I Grandi Camaleonti», credono di avere nel loro zaino un “bastone” da ministro. I soldati del Grande Corso ne avevano uno da maresciallo, come affermava Lui che, in gioventù definiva suoi “dei” Marat e Robespierre, divenne poi sommo oligarca. Ma Napoleone era Napoleone. Grande trasformista fu Talleyrant cui Giuseppe Giusti dedicò i versi del suo “Brindisi ai Girella”. Uno stralcio:

 «…Io, nelle scosse,/Delle sommosse,/Tenni, per ancora/D’ogni burrasca,/Da dieci o dodici/Coccarde in tasca./Se cadde il Prete,/Io feci l’ateo,/Rubando lampade,/Cristi e pianete,/Case e poderi/Di monasteri…»

Ma, vogliamo mettere? Quelli appartengono alla Storia. Questo si e no alla cronaca politica.  Un po’ di senso della misura, cribbio.

Giuseppe Rinaldi

Tag: voltagabbana, camaleonti, politica italiana

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