“Piace a tutti parlare di Shoah, ma l’ebraismo resta un inutile, pericoloso tabù”

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Esiste una giornata mondiale dell’alimentazione ed una contro l’obesità, la giornata mondiale per i diritti dell’infanzia ed una dedicata al bacio. In tutto questo dedicare e ricordare vanno menzionate anche giornate nelle quali si commemorano momenti importanti per la storia di una società civile, come il giorno in cui si ricorda la fine della Prima Guerra Mondiale o la nascita della Repubblica Italiana. Tra le altre, esiste anche un giorno dedicato alla memoria della Shoah.

Il fatto che al ricordo dell’Olocausto venga dedicata una giornata, induce molti a credere che sia stata una immane tragedia, che ha brutalmente sottratto alla vita milioni di persone e che per questa ragione sia necessario e giusto coltivarne la memoria.

Trovo però, che la scelta di un giorno da dedicare ad eventi o argomenti di un certo interesse per la collettività, sia un modo non del tutto idoneo alla causa del ricordo della Shoah. Questo per una ragione sulla quale converrebbe riflettere e cioè che non vi è nulla che sia paragonabile alla Shoah, in primo luogo dal punto di vista storico: non vi è memoria di uno sterminio di tali proporzioni perpetrato da uomini contro altri uomini con le motivazioni e le modalità con le quali è stato progettato ed eseguito il sacrificio degli ebrei d’Europa nella Seconda Guerra Mondiale.

Come si può infatti capire questo che è stato senz’altro un fenomeno con troppe peculiarità, con gli strumenti con i quali siamo soliti studiare la stragrande maggioranza dei fenomeni umani, senza rischiare di ridurlo appunto ad un fatto, tragedia come tante nella storia dell’uomo?

Che la questione non sia solo un espediente retorico è dimostrato dall’enorme mole di fraintendimenti e dalla molteplicità di strade percorse nell’avvicinarsi alla comprensione del fenomeno.

Dunque sarebbe necessario trovare un modo per studiare e ricordare le vite di quanti sono stati mandati a morte senza alcuna possibilità di scelta, per tentare di rendere loro giustizia nei pochi modi ancora possibili e che tale modo divenga un rito collettivo come per la cristianità lo sono le celebrazioni dei riti della domenica. La possibilità che abbiamo di capire l’Olocausto ci pone infatti così tante domande, alcune delle quali da riproporre un numero quasi infinito di volte per giungere a risposte appena esaurienti, che pur con tutta la buona fede di cui gli esseri umani sono capaci, diventa impossibile definire fatti e motivazioni senza ridurre la questione alla banalità in cui spesso la si trova relegata.

È proprio questo rischio che mi porta a ritenere opportuno un ritorno metodico e rituale alla sua analisi, un’opportunità di studio che dovremmo darci per fare i conti con questi eventi che altrimenti rischiano di rimanere solo e sempre conti chiusi nel passato.

Si potrebbe ad esempio spiegare che se i nazisti odiavano gli ebrei, converrà chiarire perché, non tralasciando certo le motivazioni di ordine politico ed economico, come il complotto giudaico massonico che secondo Hitler aveva portato alla sconfitta della Germania nella Prima Guerra Mondiale, ma ricordando anche le motivazioni relative allo spinoso nodo dei rapporti con la cristianità nei secoli precedenti.

In tutta la mia vita ho sentito poche volte parlare del “peccato originale” di cui gli ebrei si sarebbero macchiati e ciò di aver mandato a morte Cristo, ebreo a sua volta, che dev’essere stata senz’altro la ragione prima e più convincente ad aver mosso tutte le persecuzioni che nei secoli si sono avvicendate contro gli ebrei.

Non mi è difficile comprendere il perché di tale vuoto e cioè il rischio di risvegliare un antisemitismo che nasce col cristianesimo e che spesso ancora oggi lo accompagna. Purtroppo però, senza questa necessaria informazione oggi si fa fatica a comprendere la reale portata dell’odio coltivato, strumentalizzato ed agito contro le comunità ebraiche.

È possibile dunque, che in qualche misura, la tradizione occidentale, perlopiù cristiana, non possa perdonare loro in primo luogo questa colpa, se non cancellando le proprie origini storiche e religiose e che questa colpa possa ripresentarsi, motivando il medesimo odio del passato, anche in futuro.

Appare dunque evidente che il cammino da percorrere per la comprensione della Shoah, passi per sentieri antichi, tracciati in solchi profondissimi per la storia del mondo occidentale, alcuni dei quali attraversati ancora oggi al buio ed in silenzio, come nella migliore tradizione dei poteri che ci vogliono ignoranti per un proprio esclusivo tornaconto.

Sarebbe necessaria la volontà di una riscrittura degli elementi fondanti della nostra etica, ammettendo di aver commesso errori fatali per le sorti dell’umanità stessa.

La Chiesa cattolica, dopo i tragici eventi del secondo conflitto mondiale ha dimostrato di voler strutturare la propria dottrina in un’ottica di maggior apertura verso il mondo ebraico e questo non potrà non avere prima o poi il giusto peso anche per i suoi fedeli sparsi per il mondo, benché l’obiettivo appaia oggi tutt’altro che raggiunto, come testimonia la recente ondata antisemita che vede coinvolto l’intero occidente.

Non vi è dubbio dunque, che chi credeva che con la Shoah fosse stato chiuso il capitolo del conflitto tra occidente e mondo ebraico, sia scivolato in un tragico errore e che la Shoah continuerà a guardarci negli occhi fino a quando non le daremo davvero diritto di parola.

Rosamaria Fumarola

Tag:Shoah, ebraismo, 

 

 

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