Potremo dirlo: noi c’eravamo. Potremo raccontarlo ai nostri figli e ai nostri nipoti, potremo spiegare loro cosa abbiamo provato quei giorni di novembre, l’ansia dell’attesa e poi le grida e gli applausi nei video delle strade americane in festa e nelle nostre case. In qualche modo potremo dire di averne fatto parte e – al di là dell’immenso significato di queste elezioni presidenziali – potremo raccontare soprattutto di aver visto con i nostri occhi, per la prima volta nella storia, una donna essere eletta vice presidente degli Stati Uniti d’America. Una svolta storica, incarnata da una Kamala Harris raggiante che sabato notte è salita sul palco di Wilmington con il suo tailleur bianco, come il colore delle suffragette, per pronunciare un discorso epocale, per fare luce – con le sue parole e la sua persona – su quella parte di storia che finora è rimasta ai margini, rimossa da secoli di politica in mano ai soliti uomini, bianchi. “Penso a mia madre e alle generazioni di donne”, ha detto, “donne nere – asiatiche, bianche, latine, donne native americane che abbracciano la nostra nazione – che nel corso della storia del nostro Paese hanno aperto la strada a questo momento. Stasera rifletto sulla loro lotta, la loro determinazione e la forza della loro visione nel credere in cosa poteva essere, tolto il peso di ciò che era stato. Io sto sulle loro spalle”.
Evelyn Zappimbulso