La fiducia è una cosa seria

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In entrambi i passaggi parlamentari il Governo Conte II ha ottenuto la fiducia. Ma, mentre alla Camera la fiducia è stata piena, al Senato non è stata quella sperata o almeno quella che si ritiene necessaria per una navigazione tranquilla.

Come sappiamo il Governo deve avere la fiducia delle Camere (art. 94, 2° comma, Costituzione). E’ obbligo costituzionale che il Presidente del Consiglio dei Ministri richieda e ottenga l’assenso del Consiglio dei Ministri all’iniziativa di porre la questione di fiducia (art. 2 legge costituzionale 23 agosto 1988, n. 400). L’iniziativa di Conte è, dunque, avvenuta con l’assenso del Consiglio dei Ministri.

Come sappiamo, alla Camera la fiducia è stata approvata con il voto della maggioranza dei suoi componenti (321 voti maggioranza assoluta), mentre al Senato con la maggioranza dei presenti (157 voti maggioranza relativa) che non coincide con quella dei suoi componenti. Il Governo, quindi, per quanto riguarda il voto del Senato, è claudicante e, di conseguenza, rischia di cadere ogni volta che proponga la fiducia su provvedimenti ritenuti fondamentali. Considerato il momento attuale, il Governo potrebbe essere costretto a porre la fiducia sull’impiego delle notevoli risorse piovute dall’Europa. Il denaro, il vile denaro, riesce a svegliare appetiti sopiti, capaci di deludere le aspettative dei cittadini che anelano a riforme strutturali annunciate da molti anni e mai realizzate.

La fiducia ottenuta al Senato, secondo i maggiori commentatori politici, non sarebbe sufficiente a garantire la stabilità necessaria per le riforme. Partiti e partitini, incoraggiati dalla maggior parte della stampa nazionale, hanno progetti che non sempre coincidono con quelli elaborati dal Governo. Perché ognuno pensa di aiutare, con le riforme, alcuni settori e non altri. Con una visione particolare, ben lontana da una progettualità in favore dell’intera collettività nazionale. Come si dice, una visione che non va oltre il proprio naso. E, allora, cosa succederà?

Partiamo da una considerazione. Gli interessi particolari, per quanto possano essere nobili, contribuiscono alla vergognosa frammentazione delle posizioni politiche che sono evidenti nel nostro Parlamento. L’unico filo conduttore è l’interesse generale che sembra sopraffatto dai particulari. Inutili i numerosi inviti del Presidente della Repubblica che invano, almeno per ora, invita i partiti e i movimenti politici a utilizzare le risorse, materiali e progettuali, nell’interesse del Bel Paese.

La preoccupazione del Presidente Mattarella si conferma soprattutto alla luce della limitata fiducia conseguita in Senato, che costringe il Governo a navigare a vista, impedendogli di realizzare progetti necessari all’ammodernamento dello Stato, alla tutela dei diritti dei lavoratori, alla bonifica ambientale, alla riforma della scuola ridotta ai minimi termini da una politica, quella messa in atto dalle passate maggioranze, che riteneva la cultura improduttiva (con la cultura non si mangia), in linea con la odierna cultura dello scarto che predica la supremazia del PIL.

Per capovolgere questo pericoloso indirizzo culturale tutti gli intellettuali, quelli veri, e la stampa nazionale, almeno quella più importante, dovrebbero sollecitare tutte le forze politiche a indirizzare i loro sforzi al conseguimento del bene comune, non degli interessi di parte. Purtroppo la stampa, in mano a gruppi industriali, sembra impegnata a mettere continuamente in discussione la progettualità governativa ed europea per rafforzare la visione degli industriali-editori che hanno lo sguardo rivolto esclusivamente al proprio cortile.

Raffaele Vairo

Tag: Fiducia, governo.

 

 

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