Paola Cecchini
Il Rapporto Migrantes 2019 – il prezioso documento della CEI che ogni anno fotografa il fenomeno migratorio che riguarda il nostro Paese e che è diventato lo strumento indispensabile per orientarsi nel mondo delle migrazioni- attesta che nel 2018 gli italiani che hanno lasciato la Penisola per cercare una nuova vita all’estero sono stati 128.583, un numero pressoché identico rispetto a quello dell’anno precedente (128.193).
Gli italiani continuano a trasferirsi in massa in Gran Bretagna, preferibilmente a Londra (20.596). Sul podio figurano Germania (18.385) e Francia (14.016), seguono Brasile (11.663) e Svizzera (10.265).
Le preferenze dei nostri connazionali sono anche indirizzate verso Paesi come Irlanda (2288), Austria 2326) e Paesi Bassi (2039), mentre il Portogallo (1.819) – legato molto probabilmente al fenomeno dell’emigrazione di massa dei pensionati attratti dal basso costo della vita e dai benefici pensionistici a cui possono accedere – si colloca al 14°posto.
Passa dalla 13a alla 15a posizione il Canada che perde due posti in classifica (1702) rispetto al Rapporto dello scorso anno (1899), con un calo del 10,4%.
Una cosa è certa: le ondate migratorie in Canada hanno perso forza ed il Paese non rappresenta più una delle mete preferite dai nostri connazionali. Su questo vorrei fermare la mia attenzione.
Secondo quanto emerso dall’ultimo censimento demografico del Paese (2016), su una popolazione totale di circa 35 milioni (oggi oltre 37) la popolazione canadese di origini italiane (la cui età media è ora piuttosto alta) ammonta a 1.587.000 unità (ovvero al 4,5% del totale) e risiede nelle tre provincie dell’Ontario (oltre 900.000), del Québec (oltre 300.000) e della British Columbia (oltre 100.000): Toronto (Ontario), la città più popolosa del Paese, ospita circa 500.000 cittadini di origini italiane.
Un italiano che vuole costruirsi una nuova vita in Canada incontra numerosi ostacoli e non solo a causa del farraginoso sistema immigratorio canadese che assomma diversi disfunzioni e squilibri.
Le cifre messe a disposizione dal Ministero canadese dell’Immigrazione, mettono in luce come nei primi tre trimestri del 2019, su un totale di 228.510 residenze permanenti (PR Card) concesse agli stranieri, appena 960 sono state attribuite a cittadini italiani (0,42 % del totale).
Nello stesso periodo l’India (che negli ultimi 3 anni ha scalzato le Filippine in questa classifica) ha ottenuto 57.185 PR Card, pari al 25% del totale: in pratica un immigrato su quattro in Canada arriva dall’India (lo scorso anno la percentuale era pari al 21,7 %).
Sul podio figurano Cina (21.060 PRCard) e Filippine (19.185), quest’ultima in costante calo negli ultimi anni ma sempre con valori assoluti molti alti.
Seguono nell’ordine Nigeria (8.420), Stati Uniti (7.375), Pakistan (7.305), Siria (6.790 PR Card) e Corea del Sud (4.250) che ha fatto un evidente salto in avanti passando dal 12° all’8° posto.
L’Italia, al 41° posto, è superata anche da Burundi (1.125), Marocco (1.680) e Hong Kong (1.040), mentre battiamo, anche se di poco, Nepal (885) e Haiti (955).
Andando a confrontare i dati degli ultimi 14 anni (dal 2006 ai primi otto mesi del 2019) scopriamo che in Canada oltre 3,6 milioni di stranieri hanno ottenuto la residenza permanente, primo passo concreto per ottenere la cittadinanza.
Di questi, solamente 8.649 sono italiani (0,23% del totale): è un valore decisamente molto basso anche tenendo conto che secondo l’ultimo censimento ISTAT, nel nostro Paese vivono 1.587.960 italo-canadesi (2,63% della popolazione nazionale) mentre (secondo il Rapporto Migrantes) gli iscritti all’Aire (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) in Canada sono 139.578 (nel 2017 se ne contavano 140.734).
La prima conclusione che si può trarre dai dati analizzati è che il Paese americano sta accordando una corsia preferenziale ai profili tecnologici, dato che la propria economia è proiettata interamente nell’industria 4.0.
Da questo punto di vista, paesi come India e Cina esercitano una forte attrazione per i canadesi: l’india fornisce talenti ingegnerizzati e anglofoni, mentre la Cina vi conferisce notevoli capitali da investire (quasi il 2% degli investimenti esteri in Canada).
Sotto quest’ultimo aspetto, non si può dire che gli italiani siano particolarmente attivi: tra il 2011 e il 2016 sono stati concessi soltanto 20 visa per motivi di business a imprenditori, venture capitalist e startup italiani.
E’ doveroso chiedersi, quindi, per quali tipologie di professioni si propongono gli Italiani in Canada. Di norma concorrono per posizioni non specializzate, in un mercato del lavoro canadese già inflazionato in questo settore da una vecchia emigrazione e da flussi geograficamente più vicini, come l’emigrazione messicana. Gli Italiani subiscono gli ostacoli classici del mercato del lavoro in un paese di immigrazione ad alto tasso di occupazione specializzata, come la mancanza di competenza linguistica, di riconoscimento dei titoli di studio, l’inadeguata familiarità con il mercato del lavoro canadese.
Gran parte della crescita occupazionale degli immigrati in Canada degli ultimi anni è avvenuta nei settori relativi ‘ai servizi professionali, scientifici e tecnici; ai servizi finanziari, assicurativi, immobiliari e di leasing; alla produzione, all’assistenza sanitaria e all’assistenza sociale’. Proporsi in questi settori significa ottenere maggiori punteggi e quindi maggiori chance di acquisire un visto Express Entry (visto per lavoratori qualificati che desiderano ottenere la residenza permanente in virtù delle loro capacità, contribuendo così allo sviluppo economico del Paese).
Nel Paese c’è bisogno e posto per l’immigrazione la cui percentuale – secondo le più recenti proiezioni demografiche – si dovrebbe attestare entro il 2036 tra il 24,5% e il 30,0% (rispetto al 20,7% nel 2011). E’ uno dei pochi Stati al mondo che fa del multiculturalismo ‘il suo fiore all’occhiello, il suo tratto distintivo, la sua ragion d’essere’. Vanta uno tra i più alti livelli della qualità della vita a livello planetario, un ecosistema economico innovativo e dinamico ed un multiculturalismo considerato un’eccellenza nel mondo.
Non facciamoci trovare impreparati se aspiriamo a vivere nel Paese degli Aceri!