Sanità anno zero

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5 proposte da approfondire

Di Riccardo Guglielmi

La gravità dell’attuale situazione sanitaria nazionale è figlia dei tagli di 37 miliardi che dal 2010 al 2019 sono stati effettuati da una classe politica arrogante e cieca a scapito della richiesta di salute degli italiani. Ora i nodi sono al pettine e pietosi sembrano i tentativi di aggiustamento messi in atto in questi mesi. Abbiamo speso oltre 12 miliardi ma la ricaduta pratica non è stata percepita da quanti quotidianamente operano nel pianeta sanitario nazionale con spirito di servizio, abnegazione, professionalità ed etica.  La speranza è rimessa nel piano di aiuti dell’Ue, debito che in gran parte dobbiamo restituire e che cadrà sulle spalle di figli e nipoti. L’incalzante attività di una piccola forza politica ha almeno spinto a rivedere il capitolo di spesa sanitaria del Recovery Plan che è passato da 5 a 19 miliardi.

Investire è una parola che può accendere entusiasmi e speranze ma è priva di significato se mancano piani e soprattutto donne e uomini all’altezza della situazione.

Investimento e sviluppo devono prevedere coinvolgimento e condivisione di imprese e categorie professionali. Da sempre l’edilizia è un motore di ripresa perché coinvolge aziende, uomini e mezzi. Quindi la prima proposta è quella di investire nell’edilizia sanitaria. Non costruire nuove cattedrali ma mettere a norma le attuali strutture adeguandole alle aumentate richieste di salute e al decoro dei lavoratori e degli utenti. Secondo investimento la digitalizzazione. L’informatica aumenta la produttività facilitando i percorsi e limitando i tempi. Digitalizzare significa saper produrre sistemi di facile accesso e praticità, con facilità di interconnessioni e azzeramento delle procedure burocratiche. Terzo elemento l’aumento delle competenze, non tanto nei numeri che dovranno essere rivisti essendo ora al ribasso, ma nella qualità. L’aumento delle competenze passa per l’incremento di modelli formativi professionali e manageriali. L’indirizzo di finalità, strategie e obiettivi dovrà essere centrale ma l’adattamento e le modalità pratiche dovranno essere modulati secondo le esigenze locali delle Aziende sanitarie. L’offerta formativa ha bisogno di integrazione vera e non di facciata Ospedale Università. Non è più il momento del numero chiuso a Medicina, alle scuole di specializzazione e alle Professioni sanitarie che attirano i nostri giovani migliori. Una “meglio gioventù”  che deve essere formata e arricchita di professionalità, etica e umanizzazione. L’Università italiana, non avendo la capacità di garantire una offerta formativa all’altezza del prevedibile maggior numero di studenti, deve aprirsi all’Ospedale. È necessario censire e valorizzare le competenze professionali dei medici ospedalieri che operano in aziende pubbliche e accreditate per offrire una possibilità in più ai medici in formazione specialistica di accesso a tecnologie avanzate e di inserimento in strutture di alta efficienza.

Forse terminata la pandemia attuale ci accorgeremo che la vera emergenza è la cronicità. L’aumento degli anziani, non quelli “diversamente giovani” ma quelli con gravi riduzioni delle autonomie motorie e cognitive, determinerà un sempre più alto incremento dei costi sociali, sanitari e previdenziali. È fondamentale, quarta proposta,  il potenziamento della Medicina del territorio. Per ridurre i costi delle ospedalizzazioni dobbiamo portare le cure il più possibile al domicilio del paziente. Telemedicina e competenze diagnostiche strumentali sono le armi che devono essere fornite al Medico di medicina generale. Con la telemedicina si potranno effettuare consulti a distanza, trasmissioni di immagini, prescrizioni farmaceutiche in una rete integrata tra domicilio del paziente, studio medico, ospedale, farmacia.

È importante saper investire e pensare in grande. Costruire tante terapie intensive senza uomini è pura follia. Gli inizi del 900 hanno visto guerre, carestie, rivoluzioni, la pandemia di influenza denominata “La Spagnola”  e la storia ci insegna che esiste una ciclicità degli eventi. L’uomo del terzo millennio non deve farsi trovare impreparato. La quinta proposta è la Guardia sanitaria nazionale, una struttura flessibile, operativa, integrata con la Sanità militare, Croce rossa, Protezione civile, territorio, formata da strutturati e volontari, per rapido intervento in caso di emergenze sanitarie e catastrofi naturali.

Secondo una stima dell’attuale Ministro della Salute sono necessari 68 miliardi da spalmare in otto anni per ottenere un Servizio sanitario degno del nostro paese. L’importante è fare presto.  

Riccardo Guglielmi – Giornalista scientifico –

Redazione Corriere nazionale.net – Corriere Puglia e Lucania

 

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